PAOLO POSSAMAI

Difficile che a Alberto Nagel sia toccato di fare anticamera telefonica per parlare con Roberto Meneguzzo o con Giorgio Drago, suo ex collega in Mediobanca. Ma se gli fosse successo di chiamare il centralino di Palladio Finanziaria avrebbe avuto l’accompagnamento della colonna sonora del Gladiatore. E siccome gli indizi spesso rivelano i caratteri degli uomini, avrebbe intuito l’attitudine risoluta dei dioscuri Meneguzzo e Drago in questi giorni in cui fronteggiano Mediobanca per la conquista di FonSai. Battaglia che promette di essere appena alle sue prime fasi, come dicono concordi tutti i passi dei contendenti. Meneguzzo e Drago, con spirito allineato all’alleato Matteo Arpe con la sua Sator, non vogliono mollare e consumeranno le porte delle authority del mercato finché non troveranno ascolto. Il tutto sebbene, per esempio e da ultimo, il pronunciamento dell’Isvap che ritiene vi sia un concerto tra Palladio e Sator con evidenza non li favorisca.
L’esito dello scontro potrebbe addirittura andare oltre l’estate. Ferma restando la consegna al più assoluto silenzio ai piani alti degli alleati Palladio e Sator, emerge tuttavia come intendano l’assemblea del prossimo 19 marzo quale passaggio di un lungo itinerario. L’assemblea di FonSai è chiamata a deliberare un aumento di capitale fino a un massimo di 1,1 miliardi di euro, indispensabile per il salvataggio della seconda compagnia italiana. Ma l’effettiva esecuzione dell’aumento avverrà a fine maggio e le fusioni tra FonSai e la controllante Premafin potrebbero slittare dopo l’estate. E solo in coda a questo processo potrebbe essere innescata la fusione chiave dell’intera operazione concepita in Piazzetta Cuccia, ossia l’integrazione tra FonSai e Unipol.
Le variabili sono tante, in buona misura imprevedibili perché la partita a scacchi non finirà in patta e dunque entrambi i contendenti vogliono giocarsela fino all’ultima mossa. I tavoli da gioco, nella strategia di Arpe e del tandem di Palladio, sono almeno un paio. Da una parte l’assemblea di FonSai del 19 marzo, dove i detentori dell’8% della compagnia tale è la soglia dichiarata sino a questo punto voteranno a favore dell’aumento di capitale e però contro la fusione con la controllante Premafin. Un secondo percorso attiene invece alle vie legali, nella più ampia declinazione del concetto. La lettera inviata nei giorni scorsi al consiglio di amministrazione di Premafin, e in copia alle authority, a FonSai, agli advisors Golman Sachs e Citigroup, sollecita senza giri di parole l’esame dell’offerta presentata da Sator e Palladio “anche al fine di scongiurare profili di responsabilità degli amministratori” della finanziaria dei Ligresti. Nella stessa logica, Arpe e Meneguzzo con Drago stanno valutando quando bussare alle porte di Consob, Isvap, Bankitalia, Antitrust. Se sarà necessario, uno dei punti caldi che potrebbero essere messi in rilievo attiene al profilo di Mediobanca in questa vicenda, che riveste i panni di advisor e nel contempo vanta un credito di oltre un miliardo presso FonSai e, d’altra parte, è pure l’azionista principe di Generali. Per converso, gli avversari fanno notare che tra i maggiori sottoscrittori dei fondi gestiti da Palladio vi è pur sempre Generali.
Appare al momento assai impervia la via di una intesa tra Mediobanca e SatorPalladio. I piani presentati dai due contendenti sono alternativi, hanno un punto di comunione solo nella richiesta di esenzione dall’Offerta pubblica di acquisto sui titoli Premafin e FonSai. E su questo vedremo che risposta daranno Consob e Isvap. Ma nel frattempo, si fronteggiano due piani sostanzialmente antitetici. Palladio e Sator offrono 450 milioni per Premafin, denari che dovrebbero scendere al piano di sotto per ricapitalizzare FonSai. Il debito della controllante, pari a circa 400 milioni di cui 160 con UniCredit, dovrebbe essere materia di una radicale ristrutturazione; allo stesso modo Arpe e Meneguzzo con Drago vorrebbero operare in FonSai, quindi ristrutturando il debito di 1,1 miliardi in capo allo compagnia e liberandola per questa via di una zavorra che l’ha condotta a un passo dal dissesto. Come noto, solo GE e CariParma (Crédit Agricole) tra i creditori avrebbero manifestato interesse a valutare il merito dell’offerta lanciata da Sator con Palladio. Disponibilità subito bloccata dalla linea Mediobanca, che rimarca come Premafin abbia sottoscritto un accordo di esclusiva con Unipol e dunque come le banche creditrici non abbiano voce in capitolo.
Un altro aspetto del piano di Sator e Palladio merita di essere illuminato. Sebbene Meneguzzo e Drago abbiano avuto contatti con Cattolica di Assicurazioni, non ne deriva che ritengano essenziale l’apporto di un partner industriale nell’operazione. Cattolica è basata a Verona e ha tra i propri soci la Banca Popolare di Vicenza. L’istituto presieduto da Gianni Zonin potrebbe entrare nel libro degli azionisti di Palladio. Ci sta dunque un confronto sulla battaglia per FonSai. Ma sia Arpe che i vicentini di Palladio ritengono che FonSai abbia tutte le capacità interne per riprendere appieno il suo ruolo di secondo campione nazionale nel campo assicurativo. Va da sé che dovrebbero essere cambiati i ruoli di comando, però il middle management garantirebbe un’architettura gestionale in grado di procedere stand alone. Come dire che pure un operatore di private equity, investendo in una compagnia assicurativa, può avere un approccio industriale. E del resto, non va nemmeno taciuto che le società potenzialmente interessate a FonSai hanno le loro buone ragioni ad attendere prudentemente l’esito del duello: se dovesse prevalere Mediobanca, la fusione tra l’ex compagnia dei Ligresti e Unipol avrebbe quale ricaduta l’obbligo di cedere pezzi del nuovo gruppo e dunque i competitors potrebbero raccogliere fior da fiore in questo spacchettamento.
Magari nei prossimi giorni lo scenario cambierà radicalmente e Arpe con Drago e Meneguzzo sceglieranno la via della plusvalenza, lasciando il campo di battaglia. Ma è in atto uno scontro che origina più da lontano. Non lo confermeranno né l’uno né l’altro, però Nagel a metà marzo dello scorso anno non ha affatto gradito che Palladio avesse messo assieme il 3,8% di Generali senza avvisare il padrone di casa, che si chiama sempre Mediobanca. Che sabato 13 marzo 2011 la Mediobanca del Nordest avesse messo sul piatto – con fideiussione da 800 milioni di Veneto Banca – un’operazione capace di coagulare pure la Fondazione Cr Torino, accanto a un parterre di industriali veneti, alla Mediobanca doc è apparsa una sorta di prova muscolare e uno sgarbo.