Il fabbisogno assicurativo delle strutture sanitarie italiane supera il 1,6 miliardi di Euro. È questo il dato emerso dalla ricerca realizzata da AIBA (Associazione Italiana dei Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni) in partnership con il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università La Sapienza e presentata oggi a Roma nel corso del convegno annuale di AIBA “Sanità pubblica e assicurazioni: la proposta dei Broker per la tutela del cittadino”. L’analisi condotta da AIBA in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma è stata eseguita su un campione di 126 strutture ospedalieresu tutto il territorio nazionale. È stato quindi determinato il fair value (valore corretto) del premio puro calcolato senza considerare i caricamenti: la spesa media annua che dovrebbero sostenere le aziende sanitarie del Sud per un’adeguata copertura assicurativa è di 1,7 milioni di euro, mentre al nord il valore medio sale a 2,7 milioni di euro. Effettuando una proiezione sulle strutture sanitarie italiane censite dal Ministero della Salute la ricerca AIBA rileva che lo Stato dovrebbe spendere 1,6 miliardi di euro l’anno per rispondere alle esigenze assicurative delle aziende sanitarie. Si tratta di definire quale parte di rischio debba essere assicurabile per trovare un giusto equilibrio tra rischio ritenuto e rischio trasferito al settore assicurativo..

“Il mercato assicurativo italiano – ha affermato in apertura il presidente dell’AIBA Francesco G. Paparella – non presenta un’ampia offerta di questa tipologia di coperture: da un lato per l’assenza di interlocutori professionali in grado di affrontare un rischio caratterizzato da bassa frequenza ma di consistente portata economica; dall’altro per la carenza di un modello matematico di tariffazione fondato su principi metodologici pertinenti e robusti dal punto di vista dell’approccio statistico-attuariale”.

La soluzione proposta da AIBA punta a determinare la parte di rischio che per frequenza e costo medio potrebbe essere finanziata mediante un contributo (fiscale o di altra natura) su base nazionale costituendo un primo strato di competenza pubblica, gestito da un Fondo di Solidarietà Nazionale. Un secondo livello sarebbe lasciato alle compagnie di assicurazioni private operanti in concorrenza e senza vincoli di obbligatorietà. Il modello di gestione dei rischi suddiviso tra pubblico e privato ha già mostrato le sue potenzialità nel settore delle coperture assicurative dei rischi agricoli dove è stata applicata una metodologia in grado di favorire una migliore conoscenza dei rischi, al punto da portare a una riduzione della quota gestita mediante intervento pubblico.

Entro giugno 2012 la ricerca di AIBA diventerà una pubblicazione scientifica che sarà messa a disposizione delle Istituzioni per creare un Tavolo tecnico dove i soggetti interessati (Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Economia, Consap, Isvap, Ania, Anra e Aiba) avranno gli strumenti tecnici adeguati e i dati sulla sinistrosità reale per poter individuare meccanismi virtuosi che riportino gli assicuratori a offrire le garanzie necessarie alle strutture sanitarie.

 “Non è vero che mancano dati in questa materia. Ci sono diverse fonti informative sul problema del risk management delle aziende ospedaliere e della rischiosità della professione medica. In ossequio alla propria mission – sottolinea Francesco Paparella – l’AIBA cerca di stimolare tutte le parti interessate perché mettano a fattor comune le proprie conoscenze tecniche. L’obiettivo è favorire la condivisione dei dati per individuare una soluzione praticabile che, oltre a ridare ordine al comparto, possa offrire tutela reale ai cittadini vittime di comportamenti gravemente colposi da parte della classe medica”.

Le assicurazioni hanno progressivamente abbandonato il settore delle strutture sanitarie, considerato non redditizio, mandando deserte molte gare pubbliche e di fatto spingendo le aziende ospedaliere verso società estere con licenza unica europea, molto spesso prive del know-how sufficiente. Tutto questo comporta la tendenza delle strutture sanitarie a ricorrere all’auto-assicurazione. “Su sollecitazione delle Regioni – aggiunge Paparella –  alcune aziende ospedaliere hanno imboccato la strada dell’auto-assicurazione esponendosi a rischi finanziari di elevata entità, non prevedibili e paragonabili a quelli assunti da molti Enti locali stipulando con le banche contratti derivati che hanno sconvolto i bilanci di Comuni e Regioni”. Secondo Aiba la formula dell’auto-assicurazione dovrebbe preoccupare tutti i cittadini e le istituzioni per le inevitabili ricadute sociali di lungo termine, tenuto conto dell’esposizione finanziaria a cui si sottopongono le amministrazioni pubbliche in assenza di una rete di protezione assicurativa. Il rischio sociale è evidente: sul lungo periodo i cittadini potrebbero non ottenere un tempestivo e congruo risarcimento del danno subito. Danni che peraltro sono in deciso aumento: i sinistri denunciati da Asl e medici sono cresciuti di quasi il 300% negli ultimi 15 anni.