Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Stop al greenwashing e all’ambientalismo di facciata nei rapporti con i consumatori: sulle comunicazioni e sulle pubblicità tinte di verde, ma senza sostanza, cala la condanna del parlamento dell’Unione europea, che il 17 gennaio 2024 ha approvato una direttiva che modifica le precedenti direttive 2005/29/Ce (pratiche commerciali sleali) e 2011/83/Ue (diritti dei consumatori).Il provvedimento, che deve ora essere approvato definitivamente dal Consiglio Ue e, poi, essere pubblicato nella Guue, esplicita il carattere abusivo delle asserzioni green delle imprese prive di fondamento.
Limiti di conservazione per i metadati (gli elementi esterni) delle e-mail aziendali. Queste informazioni delle comunicazioni elettroniche (giorno, ora, mittente, destinatario, oggetto e dimensione) vanno tenute al massimo per 7 giorni (con motivata dilazione di 48 ore). Per tenerle più a lungo, per esigenze produttive e organizzative, ci vuole l’accordo con i sindacati. Sono queste le regole prescritte dal Garante della privacy con il documento di indirizzo n. 642 del 21/12/2023. Il documento si inserisce nel filone dei provvedimenti del Garante che, a riguardo della posta elettronica, fissano le misure che le imprese (ma anche le PA) devono rispettare per non violare il divieto di controllo a distanza dei lavoratori e non rischiare le conseguenti sanzioni penali e amministrative.
Dalle bollette al mutuo, dalla telefonia all’assicurazione auto, sono diverse le voci che pesano sul bilancio familiare. Per risparmiare si possono adottare varie strategie: per esempio confrontare attentamente le tariffe dell’energia nel mercato libero e nel caso valutare un nuovo operatore, considerare un mutuo a tasso fisso (o una surroga), nel caso della telefonia optare per un’offerta congiunta di fisso e mobile, aprire un conto solo online per ridurre le spese rispetto alle offerte più tradizionali.
La maggior parte delle detrazioni fiscali relative a determinati interventi edilizi rimane confermata anche con riferimento alle spese sostenute sino nel 2024, mentre sono riviste dal 2025, salvo ulteriori proroghe, da non escludere. Con particolare riferimento agli interventi di recupero edilizio (“Bonus casa”), di cui all’art. 16-bis del dpr 917/1986 (Tuir), come detto fatte salve future e possibili proroghe, a decorrere dal 1° gennaio 2025 si applicherà la disciplina già fissata a regime che prevede l’applicazione dell’aliquota più bassa, pari al 36% (in luogo del 50%) su un ammontare massimo di spese detraibili riconosciute pari a 48.000 (in luogo di un tetto massimo raddoppiato e pari a 96.000 euro), stante il fatto che questa è una agevolazione resa strutturale a partire dal 2012. Nella tabella sono evidenziate le principali caratteristiche di ogni agevolazione in vigore ancora nell’anno 2024 e nel successivo (2025).
Cresce il mercato della mobilità turistica basata sul commercio elettronico che, nel 2023, vale 16,9 miliardi di euro, pari al 71% del totale. Si conferma alta anche la richiesta di prenotazione flessibile (51%) che consente di cancellare o modificare, senza il pagamento di alcuna penale, la prenotazione di un mezzo di trasporto, anche se effettuata soltanto pochi giorni prima della partenza. Sono alcuni dei tratti dello scenario delineato in seno alla decima edizione dell’osservatorio Travel innovation della School of management del Politecnico di Milano secondo cui, complessivamente, il mercato della mobilità turistica lo scorso anno ha superato del 9% i valori pre-pandemia del 2019, per un totale di 23,8 miliardi di transato.
Sviluppo dell’intelligenza artificiale, tra opportunità e timori, formazione finalizzata a migliorare le competenze, soprattutto digitali, delle risorse umane, particolare attenzione rivolta alla ricerca dei talenti con l’obiettivo di trattenerli in azienda. Sono solo alcune delle principali sfide che attendono le imprese italiane nell’immediato futuro, in un contesto generale in cui si diffonde sempre più il desiderio dei lavoratori di poter contare su una flessibilità in grado di coniugare esigenze personali e familiari con gli impegni professionali. A delineare i tratti dei nuovi scenari del mondo del lavoro sono diversi focus elaborati da società di consulenza all’inizio del nuovo anno.

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Quando si investe a che serve avere una garanzia? Chiaramente, a non perdere se le cose vanno male: la copertura (una polizza acquistata a latere) può riguardare sia la restituzione del capitale sia un rendimento minimo. La contropartita è un guadagno limitato perché frutto di investimenti prudenti. Non sfuggono a questa regola i fondi pensione: le forme garantite hanno reso veramente poco. Secondo i dati Covip aggiornati al 31 dicembre 2023, negli ultimi dieci anni quelle dei fondi negoziali hanno reso solo lo 0,8% all’anno, quelle dei fondi pensione aperti lo 0,5% e i Pip assicurativi delle gestioni separate (anche questi con garanzia) l’1,8%. C’è da dire che le forme obbligazionarie pure (cioè monetari senza garanzie) sono riuscite a fare anche peggio: 0,2% per i negoziali, 0,5 per quelli aperti e lo 0,2 per i Pip assicurativi.
Un’impennata dei costi delle materie prime, con ripercussioni sull’approvvigionamento dell’azienda. È il “timore numero uno” per le imprese italiane. Una peculiarità, in un mondo in cui a farla da padrone sono le preoccupazioni legate agli attacchi cyber, alla cosiddetta Business interruption – tutto ciò che può impattare direttamente la produttività – e al rallentamento economico. A livello globale la voce del rincaro delle commodity occupa solo la settima casella della top ten dei rischi. A tracciare questa dinamica è la Global Risk Management Survey 2023 di Aon: l’indagine biennale, che A&F può raccontare in anteprima, ha ascoltato 3mila dirigenti in 61 Paesi.
Il 2023 delle reti di consulenza finanziaria si è chiuso con un risultato positivo: le società aderenti ad Assoreti hanno realizzato la terza migliore raccolta di sempre, sfiorando i 44 miliardi di euro, il 2,4% in meno di quanto raccolto nel 2022. L’anno da poco concluso ha visto un’accentuazione delle tendenze già osservate nel corso del 2022: il risultato positivo è dovuto quasi interamente alla raccolta in titoli, soprattutto titoli di Stato e obbligazioni, si è invece ulteriormente ridotto il contributo di fondi e gestioni di portafoglio mentre i prodotti assicurativi, in particolare le polizze a gestione separata, hanno registrato un risultato negativo diraccolta e per la prima volta anche la liquidità, che pure che tra il 2019 e il 2021 aveva contribuito in misura significativa alla raccolta totale, ha registrato deflussi per oltre cinque miliardi. Continua a crescere, invece, il numero di clienti, sono oltre 265 mila i nuovi clienti acquisiti nell’anno, e quello dei consulenti finanziari operativi che hanno superato le 22.500 unità.
ConsulenTia, la tre giorni di convegni organizzata dall’Anasf, è diventata ormai un appuntamento importante per l’industria della consulenza finanziaria, un momento di confronto e di dialogo ma anche luogo di incontro per le tante persone che lavorano nel settore. «È proprio così: ConsulenTia non è un evento commerciale, ma un evento culturale che vuole rappresentare quanto accade quotidianamente nel tessuto delle famiglie e delle imprese italiane, e contestualmente anche la dimensione emozionale degli investitori», afferma Luigi Conte, presidente dell’Anasf. «Rappresentiamo la voce dei risparmiatori, cerchiamo di veicolarne i messaggi e il valore e lo facciamo in maniera concreta, perché sono presenti tutti gli attori del settore, quindi i nostri partner, il mondo della politica e delle istituzioni, le imprese». L’impianto della tre giorni romana non cambia, nuovo è il concept grafico dell’evento, ispirato a natura e animali come lupo, tigre, aquila e colibrì. «Abbiamo cercato di rappresentare il consulente finanziario da una prospettiva antropologica», spiega Conte. «In un periodo di grandi cambiamenti, mettere in evidenza quali sono le caratteristiche virtuose del consulente finanziario, quali dedizione, leadership, visione e dinamicità, è un modo per rappresentarne l’identità».
Il picco della spesa pensionistica (in rapporto al Pil) è ancora molto lontano e fino a quel momento la previdenza pubblica sarà oggetto di accese discussioni e di interventi da parte del governo. Gli ultimi “ritocchi” in ordine di tempo sono contenuti nella legge di Bilancio di recente varata, in base alla quale la finestra per “Quota 103” (la prestazione che si matura con 62 anni di età e 41 anni di contribuzione) è stata incrementata da tre mesi per i dipendenti privati e sei per quelli pubblici a, rispettivamente, sette e nove mesi. La “finestra” è quel periodo che trascorre dal momento in cui si acquisisce il diritto alla prestazione sino a quando viene effettivamente erogata. Secondo la norma, inoltre, l’assegno verrà determinato procedendo al ricalcolo secondo il metodo contributivo e ponendo un massimale di prestazione (da applicare sino al compimento dell’età per il pensionamento di vecchiaia, attualmente 67 anni) pari a quattro volte il trattamento minimo di pensione (circa 30.000 euro). A pesare sui conti dello Stato non è solo un fenomeno di lungo periodo come l’invecchiamento della popolazione, che porta a un progressivo peggioramento del rapporto fra pensionati e lavoratori, ma anche la corsa dell’inflazione, che è di breve periodo, ma che per il 2024 farà crescere le pensioni del 5,4%. È infatti questa la percentuale di rivalutazione degli assegni calcolata dall’Istat sulla base dell’aumento dei prezzi al consumo.
Ticket troppo elevati e tempi di attesa eccessivamente lunghi rendono sempre più difficile per gli italiani usufruire dei servizi sanitari pubblici. Un contesto complicato nel quale cresce inoltre la preoccupazione circa gli impatti che eventuali problemi di salute, come malattie o ricoveri, potrebbero avere sulla propria situazione personale ed economica. Un’indagine realizzata sul tema dalla società di ricerche di mercato Swg per Zurich evidenzia che gli intervistati si mostrano in particolare preoccupati per le eventuali conseguenze sulla gestione della vita domestica, dei familiari e del lavoro (con picchi su quest’ultimo fronte tra gli appartenenti alla generazione Z, ovvero gli under 30). Inoltre, dal report emerge che circa tre italiani su quattro preferiscono affidarsi alla sanità privata, soprattutto al Sud. Complice anche la valutazione della sanità pubblica, che non riesce a superare la soglia della sufficienza.
Nell’ultimo trimestre 2023 per la prima volta i valori sono stati negativi. I timori di “greenwashing” su questi strumenti, che avranno presto criteri più restrittivi. A tirare il freno a mano ci hanno pensato direttamente gli investitori. E per la prima volta nella loro storia, la raccolta netta globale dei fondi sostenibili è finita sottozero. Le cifre raccolte nel report stilato da Morningstar sono lampanti: nell’ultimo trimestre del 2023 i gestori di tutto il mondo hanno dovuto registrare deflussi netti dagli strumenti green per 2,5 miliardi di dollari.

Le famiglie faticano a risparmiare e la ricchezza netta degli italiani, tenendo conto dell’impatto dell’inflazione, si sta assottigliando. Dall’analisi dei dati pubblicati a metà gennaio dalla Banca d’Italia e da Istat sul patrimonio posseduto, al netto delle passività, emerge un trend stagnante negli ultimi 12 anni che neanche i fenomeni più recenti post pandemia – l’impennata dei prezzi delle attività finanziarie e il boom del depositi – sono riusciti a invertire. Il risultato è che la ricchezza netta delle famiglie alla fine del 2022 ha toccato i 176mila euro pro capite, il valore più basso se confrontato con quello delle altre grandi economie occidentali, in particolare di Francia, Germania, Regno Unito o Stati Uniti. Risulta lievemente inferiore solo in Spagna dove, però, l’ultimo dato disponibile è fermo al 2021.
Il mosaico dei beni di cui è composta la ricchezza delle famiglie è sicuramente cambiato nell’ultimo decennio, anche se i tratti fondamentali restano immutati. Tra case, terreni, azioni, conti in banca, beni materiali e non, la ricchezza del paese a valori correnti ha superato i 10mila miliardi, ma in termini reali il segno positivo diventa negativo: la coperta si è rattrappita, perché l’inflazione si è mangiata gli incrementi di valore della ricchezza, quando ci sono stati. E il colpo più forte l’ha dato l’impennata dei prezzi nel 2022.
La ricchezza delle famiglie è cresciuta, ma non si è distribuita equamente, con il risultato che sono aumentate le distanze tra ricchi e poveri. Anche per le famiglie la cui ricchezza le colloca tra questi due poli, il confronto tra la situazione del 2011 e quella del 2022 non è incoraggiante. È questo il quadro che viene fuori elaborando i dati appena resi noti a gennaio dalla Banca d’Italia sui conti distribuiti della ricchezza delle famiglie italiane. La ricchezza netta del 10% delle famiglie più ricche valeva quasi 4.700 miliardi di euro nel 2011 e ha superato i 5.300 nel 2022 (+22,5%), a valori correnti. All’estremo opposto della distribuzione la ricchezza, metà delle famiglie italiane detiene un patrimonio complessivo, al netto dei debiti, di “appena” 770 miliardi di euro, con un incremento di circa 40 miliardi rispetto al 2011 (+6%).
Mattone come difesa o come zavorra dei risparmi? Un dubbio non banale che sorge guardando all’andamento dei mercati e alle opportunità perse da chi ha investito buona parte dei risparmi sulle case. Nell’ultimo decennio (valori a fine 2023) non c’è stata partita e l’eterno match tra azioni e case è stato vinto dalle Borse. Secondo l’indice total return, calcolato sui dati di Nomisma che considera i ritorni “lordi” da affitto e la eventuale rivalutazione o svalutazione dei prezzi al metro quadro, le abitazioni residenziali hanno reso mediamente nelle 13 grandi città monitorate il 54%, dato che sale all’79% per i negozi e scende al 40,2% per gli uffici colpiti dal Covid e dallo smart working.
L’assegno di assistenza da 850 euro al mese che sarà riconosciuto dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026 agli anziani ultraottantenni, con bisogni assistenziali gravissimi e con Isee sotto 6mila euro, basterà a pagare le prestazioni di una badante assunta regolarmente per meno di 20 ore alla settimana. Almeno stando alle risorse attualmente disponibili per questa misura: 250 milioni di euro nel 2025 e 250 milioni nel 2026. Fondi che bastano a pagare la prestazione per 24.509 beneficiari, rispetto a una platea di 3,86 milioni di anziani non autosufficienti (lo 0,6%).