La CGTdi II grado del Piemonte ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate stabilendo che l’utilizzo delle polizze vita per accantonare il TFM dell’amministratore non costituisce un fringe benefit ed è completamente deducibile

L’utilizzo delle polizze vita per accantonare il TFM (trattamento di fine mandato) dell’amministratore non costituisce un fringe benefit ed è completamente deducibile. Lo stabiliscono le due sentenze, depositate il 30 gennaio 2024, con cui la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Piemonte ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e accolto l’appello incidentale del contribuente.

Il giudizio riguardava la deducibilità delle quote accantonate come TFM dell’amministratore oltre i limiti previsti per il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) e il trattamento fiscale delle polizze vita, nel caso specifico polizze Unipol Sai, accese dalla società con beneficiario l’amministratore, che l’Agenzia considerava fringe benefit. 

Secondo l’Ufficio, le somme accantonate in una polizza vita, con la società come contraente e gli eredi dell’amministratore come beneficiari in caso di morte, sarebbero da considerarsi fringe benefit, valutazione dovuta alla mancanza di un vincolo giuridico che colleghi i premi versati alla destinazione finale del TFM per l’amministratore.

Nel corso del giudizio è emerso che queste polizze sarebbero invece uno strumento per erogare le somme accantonate come TFM all’amministratore al termine del suo mandato, previa ritenuta d’acconto, al fine di tutelare ulteriormente tali somme da eventuali avvenimenti societari.

In questo modo si distinguono dalle polizze vita cosiddette Key man, perché l’assicurato non è la società, nel caso in cui perda il suo uomo chiave, ma è l’amministratore stesso e i suoi eredi, sebbene nel caso vita sarà la società come contraente ad occuparsi del riscatto della polizza e del versamento come TFM. 

Considerare queste polizze come fringe benefit comporterebbe pertanto una duplice imposizione al momento della cessazione del mandato dell’amministratore, in quanto verrebbero nuovamente assoggettate ad imposizione come TFM. 

Il contribuente ha dimostrato che la polizza, in caso di vita, è riscattabile in qualunque momento da parte della società superando l’eccezione dell’ufficio che la riteneva incassabile unicamente in caso di morte. Il contribuente ritiene che l’appello sia inammissibile perchè l’ufficio non può integrare le motivazioni dell’atto di accertamento. Difatti, l’ufficio con l’appello considera che non vi è nessun contratto che obblighi la società a riscattare e poi utilizzare la polizza per la liquidazione del TFM, considerazione nuova rispetto all’avviso
di accertamento ed alle controdeduzioni in primo grado.

L’ufficio ritiene che la somma versata alla polizza debba essere assoggetta ad Irpef ed addizionali in quanto costituisce un fringe benefit ad esclusivo vantaggio dell’amministratore. “In realtà non sappiamo cosa succederà in futuro e cioè se la società riscatterà per qualunque ragione la polizza durante la vita, ed in tal caso l’amministratore non avrebbe nessun vantaggio (non si ravviserebbero dunque i fringe benefit), oppure  se pagherà il TFM senza l’utilizzo di tale polizza. E non sappiamo neppure se la società, riscattando eventualmente la polizza per pagare il TFM (sempre in caso di vita), la utilizzi poi veramente per pagare tale TFM. Ma la cosa qui non ci interessa perché riguarda fatti futuri ed incerti e quindi non processabili. La cosa certa ad oggi è che le somme oggi pagate alla assicurazione non sono nella immediata utilizzabilità dell’amministratore, anzi egli ne è senz’altro escluso visto che solo gli eredi ne potranno godere in caso di morte. Se l’ufficio tassasse oggi tali somme quali fringe benefit (con un processo alle intenzioni future) tale tassazione si sommerebbe a quella che l’ assicurazione effettuerebbe al momento della corresponsione ai beneficiari (gli eredi) con evidente duplicazione di tassazione delle medesime somme”.

La Corte ritiene corretta ed aderisce alla sentenza qui impugnata della CTP n. 65/2022: “La ricostruzione dell’Ufficio, si fonda, quindi, esclusivamente sulla valorizzazione della destinazione delle somme nel caso morte (agli eredi), ma, come detto sopra, essi, sarebbero stati, parimenti i destinatari, iure hereditatis, del TFM maturato (previa decurtazione dei carichi fiscali connessi). In tal senso nessun vantaggio (che potrebbe
qualificare la polizza come un fringe benefit) è ipotizzabile in capo all’amministratore, al netto di un possibile risparmio fiscale non “cadendo” la liquidazione della polizza, nel calcolo dell’asse ereditario computabile per l’applicazione delle eventuali imposte di successione. Vantaggio fiscale, dunque, astrattamente ed ipoteticamente, in futuro sussistente, elusione o peggio evasione fiscale, attuale, insussistente”.

Se quindi si intende utilizzare una polizza vita per l’accantonamento del TFM, è opportuno prevedere già nello statuto la possibilità di corrispondere all’organo amministrativo un’indennità di fine mandato e, successivamente, con apposita delibera assembleare, stabilire sia l’importo sia lo specifico strumento che si vuole utilizzare per l’accantonamento.

Il contribuente è stato rappresentato dall’Avv. Daniele Terranova, partner dello Studio Legale Associato Martinez&Novebaci.

© Riproduzione riservata