I fenomeni naturali pongono rischi significativi per le imprese, anche per i danni fisici che possono causare ai loro impianti. Bankitalia ha realizzato un paper (a cura di  Annalisa Frigo e Andrea Venturini) che mette in relazione le informazioni sulla copertura assicurativa delle imprese italiane contro i danni da eventi naturali, provenienti dall’indagine Invind relativa al 2021, sia con un indicatore di impatto potenziale aggregato del cambiamento climatico sia con un indice di rischio sismico, entrambi riferiti alla localizzazione degli stabilimenti.

I risultati evidenziano una correlazione positiva tra la copertura assicurativa collegata a eventi naturali e l’aver subito danni da fenomeni dello stesso tipo negli ultimi 5 anni. La propensione delle imprese italiane ad assicurarsi è associata positivamente alla presenza di rischi sismici, mentre i potenziali danni fisici prospettici connessi al cambiamento climatico non hanno un ruolo significativo.

L’analisi si basa sul campione Invind, indagine annuale della Banca d’Italia condotta su un campione di imprese.
Le domande relative alle coperture assicurative sottoscritte sono messe in relazione con le
caratteristiche dell’impresa e con la rischiosità del territorio, geolocalizzando gli stabilimenti
produttivi e le sedi legali delle imprese e sfruttando la granularità delle mappe climatologiche fornite dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e delle mappe di rischio sismico dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Il tasso di penetrazione dell’assicurazione danni in Italia

Nonostante l’Italia sia tra i paesi mediterranei maggiormente esposti alle conseguenze negative dei cambiamenti climatici, il mercato domestico delle assicurazioni nel ramo danni risulta meno sviluppato della media dell’OCSE. In particolare nel 2021, ultimo dato disponibile, l’incidenza dei premi del ramo danni sul PIL (cd. tasso di penetrazione) era appena del 1,9 per cento contro una media OCSE del 4,9 per cento (4,6; 3,9; 2,9 e 2,9 per cento, rispettivamente in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito; OECD, 2022). Le motivazioni sarebbero da ricercare nella scarsa educazione finanziaria, nel basso livello di reddito disponibile pro capite, nelle troppe aspettative sull’intervento pubblico  misallocation della fiducia), nella mancanza di chiarezza e trasparenza dei contratti (sfiducia verso le assicurazioni), nella troppa fiducia delle proprie capacità e verso sé stessi (overconfidence).

La diffusione delle coperture contro i rischi da eventi catastrofici in Europa

Come riportato dall’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali, per quanto riguarda i rischi da eventi naturali catastrofici, nel 2019 in Europa solo il 35 per cento delle perdite connesse a tali eventi era assicurato. Più recentemente, un discussion paper di BCE e EIOPA (2023) conferma che negli Stati membri, in media tra il 1980 e il 2021, solo un quarto dei danni climatici era coperto da rimborsi assicurativi.

In generale tutte le proposte delle diverse istituzioni cercano di evitare che le coperture assicurative creino un disincentivo alle necessarie attività di contrasto al cambiamento climatico. Inoltre in caso di evento climatico avverso, si cerca di ridurre il fenomeno di moral hazard: sia da parte di famiglie e imprese, per esempio nel caso dell’intervento pubblico; sia da parte dei Paesi che potrebbero approfittare di rimborsi da parte di entisovranazionali senza che siano applicate le necessarie politiche di riduzione delle emissioni, di attuazione delle strategie di adattamento, di costituzione di riserve fiscali per le emergenze e di incentivazione alle assicurazioni private sul rischio climatico costituendo – tra gli altri – accordi di trasferimento del rischio che coinvolgano anche operatori privati.

Se da una parte è forte il problema dell’azzardo morale aggravato dagli interventi pubblici ex‐post che disincentivano una copertura assicurativa ex‐ante, dall’altra anche la selezione avversa disincentiva la copertura assicurativa in una spirale negativa di alti prezzi e clientela rischiosa (l’impresa rischiosa è incentivata ad assicurarsi a prezzi medi, ma questo comportamento spinge ad un aumento del costo dell’assicurazione).

La relazione tra assicurazione ed esposizione ai rischi ambientali

Alla luce di tale evidenza, è fondamentale approfondire lo studio delle determinanti della domanda di assicurazioni contro i rischi posti dai cambiamenti climatici da parte delle imprese.

Sulla base di dati campionari a livello di impresa, nel paper di Bankitalia si stima la relazione tra assicurazione ed esposizione agli impatti legati ai rischi ambientali e al cambiamento climatico. Questa prima analisi esplorativa evidenzia una maggiore probabilità ad essere assicurate contro i danni climatici e naturali per le imprese più esposte al rischio sismico, con l’eccezione delle imprese mono‐stabilimento fornitrici di servizi, mentre i risultati non sono altrettanto conclusivi quando l’indicatore di interesse misura gli impatti potenziali aggregati dovuti ai cambiamenti climatici previsti nei prossimi 30 anni.

Dal momento che gli impatti economici sulle imprese insediate in comuni colpiti da frane o alluvioni possono essere molto rilevanti, tanto che secondo statistiche, le imprese di tutti i comparti colpite da eventi avversi hanno una maggiore probabilità di uscire dal mercato o, comunque, di registrare un peggiore andamento dei ricavi e dell’occupazione rispetto alle altre, in particolare le piccole imprese e le imprese collocate in aree rurali o suburbane, sono state analizzate le determinanti della propensione ad assicurarsi.

Secondo uno studio del 2014 sembra che la domanda non sia influenzata dagli eventi estremi: infatti la quota di assicurazioni che si verifica a seguito di un evento climatico estremo non cambia né dove la cultura assicurativa è carente né dove c’è più attenzione a proteggersi dal rischio. Uno studio del 2021 mostra, attraverso l’analisi controfattuale a livello comunale di dati amministrativi sulle assicurazioni e sui danni derivanti da rischi climatici, come il fenomeno della sottoassicurazione per le imprese agricole
italiane sia attribuibile sia alla selezione avversa sia a cosiddette “frizioni” dal lato della domanda, cioè un insieme di fattori psicologici e culturali che inducono gli agricoltori a sottostimare il valore dei contratti assicurativi.

Da un recente contributo del 2022 emerge che le imprese si assicurano maggiormente (oltre il 90 per cento dei casi) per alcune tipologie di rischio (furto, incendio e responsabilità verso terzi) rispetto ad altri rischi come quelli connessi con calamità naturali ed eventi climatici (68 per cento). Inoltre appare evidente una minore adesione alla copertura assicurativa delle piccole imprese e di quelle collocate nelle regioni del Sud e nelle Isole.

Le ragioni della mancata assicurazione da parte delle imprese intervistate, anche quando il rischio risulta rilevante, a livello qualitativo sembra dipendere maggiormente da due fattori: dal costo dei premi assicurativi e dalla mancanza di informazioni adeguate.

La teoria economica individua due possibili spiegazioni connesse con la bassa copertura assicurativa.
La prima è legata al malfunzionamento dei mercati assicurativi in presenza di asimmetrie
informative tra assicurati e assicuratori. La seconda spiegazione economica della bassa copertura è che al management manchi una sufficiente cultura assicurativa, per cui non viene riconosciuto il potenziale valore dello strumento.

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