PER BANKITALIA LA VARIAZIONE ANNUA È STATA NULLA RISPETTO AL +2,7% DI NOVEMBRE
di Francesco Ninfole
Forte battuta d’arresto per il credito alle imprese in Italia a dicembre. Nell’ultimo mese c’è stato un calo di 14 miliardi, su uno stock complessivo che è ora di 649 miliardi. Una discesa così rilevante nei flussi mensili non si vedeva da dicembre 2018, secondo i dati della Banca d’Italia. Le flessioni più significative si verificano in genere a fine anno o alla fine del primo semestre, quando le banche chiudono i bilanci.

La frenata del credito alle aziende è visibile anche nella variazione su base annua che a dicembre è stata nulla, mentre a novembre mostrava un +2,7%. Hanno resistito meglio i prestiti alle famiglie, in crescita del 3,3%, anche se meno del 3,7% di novembre. Nel complesso a dicembre il credito al settore privato è aumentato del 2,1%, rallentando rispetto al +3,4% del mese precedente.

L’inasprimento è stato più forte nei confronti delle imprese anche in termini di tassi. Quelli sui nuovi prestiti alle aziende sono arrivati al 3,55%, dal 3% di novembre. Sono invece scesi i tassi per i mutui delle famiglie (dal 3,55 al 3,36%) e per il credito al consumo (da 9,25 a 9,22%).

La Banca d’Italia ha spiegato nell’ultima indagine sul credito che «nel quarto trimestre del 2022 i criteri di offerta sui prestiti alle imprese hanno registrato un ulteriore irrigidimento» legato a «una maggiore percezione del rischio e una minore tolleranza verso di esso». In tal senso pesa il rallentamento della crescita economica, indipendentemente dal fatto che l’Italia finisca in recessione tecnica.

Quanto alla domanda delle imprese, secondo la Banca d’Italia «è rimasta invariata» ma c’è stata una ricomposizione: «L’incremento delle richieste di finanziamento per soddisfare il fabbisogno di capitale circolante è stato compensato dal calo di quelle per finalità di investimento». Nel mondo bancario si nota che le minori richieste di prestiti per investimenti hanno un maggiore impatto quantitativo sulla domanda totale. Inoltre la flessione segue la forte espansione del credito durante la pandemia.Banca d’Italia ha rilevato che «i criteri di offerta sono stati irrigiditi soprattutto per le imprese nel comparto manifatturiero ad alta intensità energetica e in quello immobiliare». I crediti deteriorati nei bilanci non hanno avuto impatto rilevante. Invece Bankitalia ha sottolineato che «nel 2022 le nuove misure regolamentari e di supervisione adottate avrebbero contribuito a una riduzione delle attività ponderate per il rischio. Per quanto riguarda le politiche di offerta, gli effetti sarebbero stati nel complesso contenuti».

Il restringimento degli standard creditizi nell’Eurozona, definito «piuttosto importante» dal presidente della Vigilanza Bce Andrea Enria, è legato anche alla politica monetaria restrittiva che ha causato il rialzo dei tassi ai clienti finali. L’effetto con ogni probabilità si farà sentire di più nei prossimi mesi, con il rischio di una frenata economica superiore a quella necessaria per ridurre l’inflazione. Il credito alle imprese si è bloccato in Italia e Spagna, mentre è salito in modo significativo in Francia (+8,1%) e Germania (+10,7%): la crescita nell’Eurozona è stata del 6,3%. I tassi più alti hanno consentito anche la ripresa degli utili bancari. Quanto alle imprese, il governatore Ignazio Visco ha ricordato al Forex che il livello «storicamente elevato» di disponibilità liquide potrà limitare l’impatto delle restrizioni sul credito. (riproduzione riservata)
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