Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

Il mercato delle assicurazioni vita resta sorvegliato speciale dopo la crisi di Eurovita. Ma, almeno guardando gli ultimi dati riferiti a tutta l’industria, non si registrano scossoni nella raccolta delle polizze di ramo I (gestioni separate), finite nell’occhio del ciclone per le difficoltà della compagnia di far fronte alle richieste di chiusure anticipate di questi contratti. D’altra parte evitare un rischio reputazionale sulla solidità del settore e sulla qualità dei prodotti di risparmio offerti è l’impegno principale delle compagnie in questa fase. Che vedono comunque una frenata dei flussi sul vita, ma ciò a prescindere dal caso Eurovita: piuttosto per via del rallentamento delle polizze unit linked (ramo III) penalizzate lo scorso anno dalla caduta di azioni e bond visto che questi prodotti sono esposti all’andamento dei mercati (avendo come sottostanti fondi o sicav). Al contrario le polizze di ramo I (che hanno invece in portafoglio gestioni separate a prevalente contenuto obbligazionario, circa l’80% di cui una metà in Btp), quelle per cui Eurovita è finita in amministrazione provvisoria, evidenziano una raccolta in leggero calo e questo grazie alle contromisure messe in atto dalle compagnie già prima che fossero emersi i problemi della compagnia.
Quanto guadagna la banca a distribuire le polizze assicurative tradizionali di compagnie partner nella sue filiali? Come risulta dall’analisi di MF-Milano Finanza si va da un minimo del 15% fino a un massimo del 100% delle commissioni di caricamento, a seconda del tipo di costi. Un piatto evidentemente ricco, con la metà degli incassi che restano in filiale. Il tema si è fatto caldo dopo che a Bruxelles si è aperto il confronto sull’ipotesi di vietare le commissioni ai distributori (banche e consulenti) che distribuiscono prodotti finanziari, come fondi comuni o polizze appunto. Un’idea avanzata dalla commissaria Ue per i servizi finanziari Mairead McGuinness, che vorrebbe replicare in altri Paesi europei quanto avviene già da tempo in Olanda o nel Regno Unito. Ma lo scenario ha provocato subito un polverone di critiche, con i detrattori che partono dal presupposto che i modelli finanziari tra i vari Paesi sono molto diversi tra di loro. Eliminare le commissioni di retrocessione (tecnicamente inducement), in mercati come quello italiano, secondo loro, non avrebbe l’effetto di ridurre i costi dei prodotti, come auspicato da McGuinness, ma piuttosto rischierebbe di tagliare fuori dall’offerta di consulenza le fasce meno abbienti dei risparmiatori, che forse più ne hanno bisogno.
Il nome, incentivo (inducement), può essere fuorviante ma la remunerazione della consulenza tramite quelle commissioni è sacrosanta, e anzi la rendono possibile. E’ la visione dei consulenti finanziari riguardo al tema che si è aperto in Europa sull’ipotesi di vietare le retrocessioni. «Non è assolutamente scandaloso per il cliente pagare, attraverso la commissione di gestione di una sicav, sia l’attività di gestione che quella di consulenza in senso lato. E’ stato proprio questo sistema che ha portato allo sviluppo della consulenza e all’architettura aperta, cioè alla possibilità di consigliare al cliente sicav di più emittenti», dice Franco Ragone, storico consulente di Banca Generali.
Senza sperare in un interesse negativo, molti italiani oggi si accontenterebbero di sottoscrivere un mutuo alle condizioni di fine 2020 o dei primi mesi del 2021, quando l’obiettivo del governo e della Banca centrale europea era portare l’economia fuori dalla crisi legata al Covid-19. L’anno scorso la Bce ha avviato un ciclo di rialzi dei tassi d’interesse per rallentare l’inflazione, con ripercussioni inevitabili sui mutui e i prestiti a imprese e famiglie. L’attuale costo del denaro (3-4%) potrebbe non reggere il confronto con quello di un paio di anni fa (circa il 2%) anche se resta molto lontano da quello registrato negli anni dieci del duemila (circa il 5%). Aspettando la fine della stretta monetaria di Francoforte, c’è un modo per vedere il bicchiere mezzo pieno, serve solo una certa dimestichezza per muoversi tra le proposte offerte dal mercato.
Adesso la paura degli italiani è tanta: non è che con la nuova normativa Ue sugli edifici green presto la mia casa sarà fuori mercato? E con lo stop alla cessione dei crediti non avrò neanche le risorse per adeguarla ai nuovi parametri sui consumi energetici? La domanda è più che lecita, in primo luogo perché la stretta europea sull’impatto ambientale delle abitazioni è praticamente dietro l’angolo considerando i tempi necessari per ristrutturare (entro il 2030 gli immobili dovranno essere almeno in classe E ed entro 2033 in classe D) e la mole di edifici interessati è enorme e riguarda milioni di abitazioni. Ma ancor di più perché il momento non è dei più propizi tra rincaro dei mutui e dei materiali da costruzione da un lato e il rischio di rallentamento economico se non recessione alle porte dall’altro.

Pugno duro contro scorrettezze commerciali e clausole vessatorie (massimo fissato a 10 milioni di euro) e più tempo per liberarsi dal contratto (in alcuni casi fino a 30 giorni): sono due linee di intervento a tutela del consumatore dettate dal decreto legislativo, approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri il 23 febbraio 2023 (si veda ItaliaOggi dello stesso giorno), che recepisce la direttiva Ue n. 2019/2161 e conseguentemente modifica il codice del consumo (dlgs n. 206/2005). Alle imprese tocca ora revisionare clausole e prassi contrattuali, anche per evitare di incorrere nelle più pesanti punizioni. Ma vediamo di illustrare le novità. Sanzioni. Per le ipotesi di pratiche commerciali scorrette, l’AGCM (autorità garante della concorrenza e del mercato) dovrà applicare una sanzione da 5 mila a 10 milioni di euro: la novella interviene raddoppiando il massimo. Stesso aumento del massimo viene previsto per l’inottemperanza ai provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato adottati d’urgenza (di sospensione provvisoria di pratiche scorrette), a quelli inibitori (divieti di diffusione o continuazione di pratiche scorrette) o di rimozione degli effetti, e in caso di mancato rispetto degli impegni assunti per eliminare le scorrettezze.
Innovazioni nelle modalità organizzative del lavoro e miglioramento del benessere professionale sono gli elementi qualificanti del nuovo protocollo siglato tra la divisione Insurance di Intesa Sanpaolo e le rappresentanze sindacali. Ne beneficeranno i 1.264 dipendenti delle compagnie assicurative del gruppo bancario in Italia fino al 31 dicembre 2025. Vengono introdotte novità sul fronte del trattamento economico e dell’organizzazione del lavoro per i dipendenti con il contratto assicurativo: adeguamento di alcune componenti economiche, maggiore flessibilità nell’orario di lavoro, possibilità di lavorare da casa fino a 120 giorni l’anno senza limiti mensili e riconoscimento di un’indennità di buono pasto di 3,80 euro per le giornate di lavoro da remoto. È prevista la possibilità di lavorare su quattro giorni per nove ore, a parità di retribuzione, su base volontaria, dal lunedì al venerdì, scegliendo come giornata di riposo uno dei due giorni della stessa settimana.
Algebris Ucits Funds, Amundi Asset Management sgr, Arca Fondi sgr, Eurizon Capital, Eurizon Capital sgr, Fideuram Asset Management (Ireland), Fideuram Intesa Sanpaolo private banking Am sgr, Generali Investments Luxembourg, Mediobanca sgr e Mediolanum gestione fondi sgr hanno depositato liste di minoranza di soli candidati indipendenti per il rinnovo del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di Anima Holding previsto nella prossima assemblea.
«L’Italia nel 2022 è stato il paese europeo maggiormente bersagliato da attacchi ransomware, ovvero cybercriminali che sfruttano le falle dei sistemi per infiltrare un virus che sequestra i dati delle vittime e li libera solo in seguito al pagamento di un riscatto. Ogni giorno i cybercriminali pattugliano il web alla ricerca di una vulnerabilità da sfruttare. Il numero degli attacchi nel corso del 2022 è aumentato del 138%, vale a dire quasi 13mila attacchi nei 12 mesi, più del doppio dei 5.334 dell’anno precedente. E il trend per l’anno in corso è ancora in aumento. La Polizia postale parla di proliferazione di gruppi ostili con un incremento del 78% di indagati. Sicuramente una buona prassi è quella di verificare quali e quante vulnerabilità sono presenti in azienda e successivamente avere cura di indicizzarle per priorità e indirizzare dei piani rivolti a sanare le falle con la finalità di minimizzare gli impatti sull’operatività». Alessandro Maria Manfredini, 49 anni, piemontese, da luglio è presidente di Aipsa, Associazione italiana professionisti della security aziendale. Dopo un decennio come ufficiale dei carabinieri, nel 2004 diventò responsabile della sicurezza del gruppo editoriale L’Espresso, poi passò a Italo (treni), ora è a capo della società A2A Security. Aipsa associa 700 professionisti di oltre 160 società, tra cui Intesa-San Paolo, Unicredit, Enel, Eni, Generali, Amazon, Pirelli, Mediaset, Snam, Stellantis.

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La direttiva Ets prevede che si debba ottenere, entro il 2030, una diminuzione del 40% rispetto alle emissioni registrate nel 2005. Di fatto il meccanismo Ets funziona come un mercato. A inizio anno, alle attività più inquinanti (imprese ma anche società energetiche che utilizzano combustibili fossili) viene assegnata una quota di “diritti a inquinare” sulla base delle loro attività e secondo standard di riferimento elaborati dalla Commissione. Alle imprese vengono assegnate gratuitamente, mentre agli operatorienergetici a pagamento.

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Entrano nel vivo i lavori per il rinnovo del consiglio di amministrazione di Anima holding, la maggiore sgr italiana indipendente con un patrimonio in gestione di circa 18o miliardi e oltre un milione di clienti i cui azionisti sono in pieno movimento. Ieri è stata superata la scadenza per il deposito delle liste che saranno rese pubbliche martedì. In attesa dei nomi, la novità arrivata a sorpresa è il patto parasociale stretto da Poste, azionista con l’11,016% di Anima holding, con il gruppo Caltagirone, che attraverso Gamma srl ha il 3,19% della sgr. Assieme possono contare su quote e diritti di voto pari al 14,2%, che seguono a ruota quella del Banco Bpm, primo azionista con il 20,6% della sgr guidata dal ceo Alessandro Melzi d’Eril sulla cui riconferma il mercato non ha dubbi. Lo spirito del patto? «Salvaguardare l’italianità a fianco di Banco Bpm e del fondo Fsi». In base agli accordi tra Poste e Caltagirone, le parti si impegnano a presentare una lista finalizzata all’elezione di tre membri in cda: due espressi da Poste e uno da Gamma. Senza altri impegni successivi perché «le parti mantengono piena autonomia» sulle decisioni da assumere». Salvo l’impegno a esercitare il diritto di voto in assemblea. Quasi certo il deposito della candidatura del fondo Fsi, entrato nel capitale un paio di settimane fa con il 7,2% e poi salito al 9%, cui spetta il diritto di esprimere un candidato. Il meccanismo per la costituzione del board di Anima è infatti soggetto a un sistema proporzionale puro, quindi chiunque abbia l’1% può presentare una lista.
  • Intesa, settimana di 4 giorni nella divisione insurance
Sono 1.264 i dipendenti delle compagnie assicurative del gruppo Intesa Sanpaolo in Italia, che fino al 31 dicembre 2025 beneficeranno del nuovo protocollo siglato tra la divisione insurance e il sindacato che introduce novità sul trattamento economico e l’organizzazione del lavoro per i dipendenti con contratto assicurativo. Tra queste, l’adeguamento di alcune componenti economiche, maggiore flessibilità nell’orario di lavoro e la settimana di 4 giorni per 9 ore, a parità di retribuzione, su base volontaria, dal lunedì al venerdì, scegliendo come giornata di riposo il lunedì o il venerdì della stessa settimana.

Il bilancio della Polizia postale per il 2022 evidenzia il raddoppio del valore dei raggiri e dei casi segnalati: ammontano a 93,3 milioni le somme sottratte con il falso trading online per complessivi 3.057 casi. Numeri raddoppiati rispetto al 2021 quando le somme furono pari a 46,6 milioni e i casi 1.652. Quando parliamo di casi si intendono fascicoli che hanno dato vita a un procedimento: derivano non solo dalle denunce ma anche da sviluppi di indagini che si muovono su semplici segnalazioni dei cittadini o da evidenze acquisite da operatori della Polizia. Nel 2022 le truffe legate al trading hanno rappresentato poco meno del 20% delle 15.508 truffe registrate online. In termini di importi, i raggiri legati al trading valgono invece ben l’80% (93,3 milioni su 115,4 milioni). Si tratta di valori che non fotografano tutto il fenomeno, anche se le crescita dei casi segnalati evidenzia una maggiore attenzione sia da parte dei cittadini, sia delle istituzioni. I raggiri legati al trading stanno attirando sempre più l’attenzione di organizzazioni criminali. È un’attività lucrosa che va a colpire persone con disponibilità, facendo leva sulla loro buona fede.