LA BANCA SENESE INDICA I NUOVI OBIETTIVI PER IL 2023 IN ANTICIPO SUL PIANO INDUSTRIALE
di Luca Gualtieri
Mps non è più un problema sistemico, ma un vero asset di valore per il Paese. Così ieri l’amministratore delegato Luigi Lovaglio ha sintetizzato i risultati di bilancio 2022 del Montepaschi. Scelto un anno fa dal governo Draghi per guidare l’istituto senese, il banchiere ex Unicredit ha presentato al mercato i risultati del lavoro svolto sinora: «Oggi è esattamente un anno da quando mi sono seduto in prima linea nella gestione della banca non avrei mai pensato che mi sarei trovato qui, dopo solo sette mesi, a parlare di un quarto trimestre con utile di 156 milioni». Parole che arrivano a un paio di mesi dalla scadenza del board, prevista per il mese di aprile e inclusa nella partita nomine pubbliche del governo Meloni. Nella conference call con gli analisti Lovaglio inoltre ha anticipato che la banca intende avvicinarsi al target di utile di 700 milioni di euro già nel 2023. E che, dopo essere uscita da un periodo oscuro, «ora la strada è spianata per qualsiasi operazione». Un chiaro riferimento a quel processo di privatizzazione che potrebbe riprendere quota tra maggio e giugno per concludersi tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.

Il quarto trimestre è stato del resto un punto di svolta per la banca senese, che ha realizzato un utile netto di 155,8 milioni, battendo così il consenso degli analisti (89,1 milioni). Nei dodici mesi però il conto economico si è chiuso con una perdita di 205 milioni sulla quale pesa il costo una tantum di 930 milioni dovuto all’uscita anticipata di oltre 4mila dipendenti a fine novembre. Sul fronte della gestione caratteristica, i ricavi si sono attestati a 3,09 miliardi, trainati da un margine di interesse balzato del 26% a 1,54 miliardi. Il costo del credito è salito a 417 milioni rispetto ai 250 milioni dell’anno precedente e include le rettifiche connesse all’operazione di cessione dei crediti deteriorati e il costo derivante dall’aggiornamento degli scenari macroeconomici. I crediti deteriorati ammontano a 3,3 miliardi lordi (1,7 miliardi netti) con una copertura al 48,1% (53,6% a settembre), mentre il ratio patrimoniale Cet1 è al 15,6% (11% a fine 2021) dopo l’aumento di capitale da 2,5 miliardi realizzato lo scorso anno.

Per quanto riguarda il rischio legale, il Monte ha ricevuto a gennaio una lettera con nuove richieste danni per 700 milioni, relativamente all’informazione finanziaria degli scorsi anni. La documentazione presentata al mercato inoltre spiega che le «due nuove positive sentenze nelle prime settimane del 2023 confermano il positivo trend giurisprudenziale degli anni precedenti» e «la maggioranza delle richieste extragiudiziali» (2,2 miliardi totali) «sono promosse dalla stessa società di consulenza per conto di investitori istituzionali, e sono nella maggior parte dei casi caratterizzate da mancanza di documentazione, di legittimazione e nesso causale». Sul tema è intervenuto anche l’ad: «abbiamo avuto evidenze chiare di quello che ha fatto la banca negli anni passati e in particolare sulle informazioni finanziarie sui crediti deteriorati e le sentenze hanno dimostrato che la banca si è comportata in maniera corretta».

Lovaglio ha anche tracciato un bilancio del percorso fatto sinora dalla banca: «Abbiamo una visione chiara. Siamo impegnati a raggiungere gli obiettivi, vogliamo procedere velocemente verso la destinazione finale», precisando che «la banca è uscita da un periodo oscuro e questo dovrebbe spianare la strada a qualsiasi operazione in futuro la banca dovesse intraprendere. Dopo anni difficili siamo nella posizione di scegliere e di poter raggiungere il nostro porto sicuro», ha concluso il banchiere. In piazza Affari ieri il titolo Mps ha chiuso in calo del 3,12% a 2,32 euro. (riproduzione riservata)
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