I DATI DELL’OSSERVATORIO ARTIFICIAL INTELLIGENCE SCHOOL OF MANAGEMENT POLITECNICO DI MILANOdi Tancredi Cerne
L’intelligenza artificiale (AI) entra in azienda. Il 61% delle grandi imprese italiane sembra aver già in essere almeno un progetto relativo all’AI con una quota superiore del 10% rispetto soltanto a cinque anni fa. Situazione differente sul fronte delle piccole e medie imprese (Pmi) che stanno cercando di recuperare velocemente terreno spingendo sull’acceleratore dell’innovazione orientata all’intelligenza artificiale. E’ la fotografia scattata dai ricercatori dell’Osservatorio artificial intelligence della School of management del Politecnico di Milano secondo cui, lo scorso anno, il 15% delle Pmi italiane aveva avviato almeno un progetto di AI rispetto ad appena il 6% registrato soltanto un anno prima. Non solo. L’analisi del Politecnico ha svelato una grande propensione degli imprenditori della Penisola verso gli investimenti in intelligenza artificiale se è vero che una Pmi su 3 si è detta pronta ad avviarne di nuovi entro i prossimi due anni.

L’Osservatorio è andato oltre analizzando la maturità delle grandi organizzazioni nel percorso di adozione dell’intelligenza artificiale. Il 34% delle grandi aziende si trova nell’era dell’implementazione, ossia dispone delle risorse tecnologiche e delle competenze necessarie per sviluppare e portare in produzione le iniziative di AI. Nel restante 66% sono presenti situazioni eterogenee, a partire dalle organizzazioni definite “in cammino” (33%), ovvero già dotate degli elementi abilitanti. Ma anche aziende che non percepiscono il tema dell’Intelligenza artificiale e non dispongono di un’infrastruttura IT adeguata.

«Il 2022 è stato l’anno in cui nuovi prodotti della ricerca sull’intelligenza artificiale hanno fatto il loro ingresso nel mercato, affascinando e sorprendendo anche le persone comuni», ha spiegato Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio artificial intelligence. «Con ChatGPT che ha raggiunto un milione di utenti dopo solo 2 giorni e DALL-E 2 che ha generato 2 milioni di immagini al giorno, si è sancita la definitiva affermazione dell’intelligenza artificiale generativa». Non è un caso che nonostante le incertezze legate alla congiuntura e alle tensioni geopolitiche, il mercato dei produttori di applicativi per l’intelligenza artificiale in Italia ha raggiunto lo scorso anno un giro d’affari superiore ai 500 milioni di euro, con una crescita di ben il 32% in un solo anno. Di questi, il 73% è stato commissionato da imprese italiane (365 milioni di euro) e il 27% ha riguardato attività legate all’export di progetti (135 milioni di euro). «Per l’Intelligenza artificiale, anche in Italia, siamo entrati ormai con convinzione nell’era dell’implementazione», ha sottolineato Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio artificial intelligence. «Per quanto riguarda la crescita del mercato, si tratta del valore più alto dal 2018, per di più senza il traino di obblighi o incentivi pubblici. L’intelligenza artificiale sta entrando dunque con forza nel pensiero strategico e nella pratica operativa di imprese pubbliche e private, con impatti sulle prestazioni, la struttura di costo, ma anche il ruolo delle persone».

Ma quali sono le applicazioni dell’intelligenza artificiale all’interno del mercato italiano? Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio del Politecnico, la quota più significativa (34%) è legata a soluzioni per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Intelligent Data Processing), soprattutto per realizzare previsioni nell’ambito della pianificazione aziendale, la gestione degli investimenti e le attività di budgeting. Grande importanza riveste anche l’area di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato, la cosiddetta Language AI (28%) tra cui rientrano, per esempio, i chatbot ovvero i software che simulano conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale. In quest’area rientrano, per esempio, le applicazioni di Generative AI come ChatGPT o DALL-E2, che permettono di estrarre ed elaborare automaticamente informazioni anche da documenti come atti giudiziari, contratti o polizze, o per analizzare le comunicazioni interne o esterne (per esempio e-mail, social network, web). Il 19% del mercato è invece indirizzato verso la produzione di algoritmi che suggeriscono ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze, come quelli che troviamo comunemente nei siti di e-commerce. E un 10% si riferisce al Computer Vision che analizza il contenuto di un’immagine in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione. Chiudono con il 9% le soluzioni con cui l’AI automatizza alcune attività di un progetto e ne governa le varie fasi, cosiddetta Intelligent robotic process automation. «Di pari passo con l’evoluzione applicativa, è nata l’esigenza delle istituzioni internazionali di tutelare i cittadini dalle possibili implicazioni negative derivanti dallo sviluppo e dall’utilizzo dei sistemi AI», ha avvertito Miragliotta. «Sono nate linee guida e regolamenti in tutto il mondo e il Consiglio europeo ha approvato l’AI Act, un approccio di regolamentazione basato sulla classificazione delle soluzioni in base al livello di rischio che possono causare sui diritti e libertà fondamentali dei cittadini. Un percorso che avrà come risultato finale un apparato regolatorio comune tra tutti gli stati dell’Unione europea».
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