NEL 4° TRIMESTRE 2022 È SCESO DELLO 0,1% PER LA DEBOLEZZA DELLA DOMANDA INTERNA
di Rossella Savojardo
Un’Italia più forte della Germania. È questa l’immagine che descrivono i dati macroeconomici della fine dello scorso anno. Stando alle ultime rilevazioni dell’Istat il prodotto interno lordo dell’Italia è cresciuto del 3,9% nel 2022 rispetto all’anno precedente. Un dato più alto sia della crescita dell’1,9% registrata nei 12 mesi precedenti in Germania, sia della stima del governo contenuta nella Nadef, che indicava una crescita del 3,7%. Il pil più alto delle previsioni potrebbe trasformarsi in un tesoretto per il governo Meloni, ma bisognerà aspettare i prossimi calcoli sul deficit per capirne l’effettiva rilevanza.

Tornando ai dati, allo stesso modo, se si guarda il tendenziale del quarto trimestre dell’anno, il prodotto interno lordo italiano (+1,7%) «risulta essere decisamente migliore di quello francese (+0,5%), tedesco (+1,1%) e statunitense (+1%)», hanno notato da eToro. Nonostante gli ottimismi, i dati forniti ieri dall’Istat possono assumere però una valenza negativa se si guarda il dato congiunturale del quarto trimestre dello scorso anno, periodo in cui l’economia italiana si è lievemente contratta dello 0,1% (dal +0,5% del terzo trimestre).

Nonostante non sia stata divulgata alcuna ripartizione dettagliata della domanda, l’Istat ha indicato che questa contrazione del pil è stata il risultato del contributo positivo delle esportazioni nette e della deduzione proveniente dalla domanda interna (al lordo delle scorte). Secondo gli analisti di Ing sarebbe dunque stato l’indebolimento dei consumi privati, derivante dall’affievolirsi dell’effetto «riapertura post Covid», il principale freno alla crescita trimestrale. A livello di settore, il dato rappresenta la sintesi di una diminuzione nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura, pesca e industria, mentre il comparto dei servizi restano in crescita.

Nonostante dunque le notizie positive sullo scorso anno, l’economia italiana sembra dirigersi verso una recessione tecnica, seppur molto breve. Secondo Paolo Pizzoli di Ing, il primo trimestre del 2023 vedrà probabilmente l’economia ancora subire gli effetti dell’ondata di inflazione sui consumi privati. Tuttavia per Pizzoli la crescita tornerà nel terzo trimestre e «come nel 2022, un mercato del lavoro resiliente fungerà probabilmente da efficace ammortizzatore per le famiglie, fornendo una compensazione parziale».

Anche con una lieve recessione tecnica nel 2023, l’Italia potrà comunque contare su una crescita acquisita, in base alla spinta dello scorso anno, dello 0,4%. Il dato agevola il lavoro del governo Meloni nel rispettare la previsione contenuta nella Nadef di un pil in crescita dello 0,6% nel 2023. Inoltre, una crescita acquisita di questo tipo, anche nel caso di contrazioni economiche come quelle previste dagli analisti, lascia all’esecutivo margine di manovra per i prossimi trimestri. La stima, ha precisato per altro il ministero dell’Economia e delle Finanze ieri, «coincidono con quelle appena aggiornate dalla Commissione Europea» oltre che con le previsioni pubblicate a inizio settimana dal Fondo Monetario Internazionale.

«Il Mef prende atto che le stime, più volte contestate, sono state confermate dai dati ufficiali del Fmi», hanno sottolineato dal ministero, «questo è un buon auspicio anche per il futuro». Che si tratterà di recessione tecnica o meno, ciò che l’economia italiana sta vivendo è una forma di stagnazione temporanea, secondo Pizzoli. «La velocità di uscita da questa condizione», ha concluso l’analista, «dipenderà probabilmente a sua volta dalla velocità con cui l’ondata inflazionistica si ritirerà». (riproduzione riservata)
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