di Carlo Giuro
Anche per la previdenza la sostenibilità ambientale, sociale e di governance (Esg) è sempre più centrale. Con circolare del 21 dicembre scorso la Covip ha fornito infatti indicazioni ai fondi pensione in relazione agli adempimenti da porre in essere nel 2023 in termini di informativa sugli investimenti sostenibili. Va ricordato come il Regolamento sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari ha introdotto, a partire dal 10 marzo 2021, un insieme di regole che disciplina gli obblighi, per i soggetti operanti nei mercati finanziari, di comunicare in che modo i fattori Esg sono integrati nelle proprie attività. Lo scopo è quello di garantire che tali soggetti pubblichino informazioni in merito al proprio approccio sul tema, alle policy adottate, alle procedure seguite, con l’obiettivo di rendere l’informativa più confrontabile.

Le regole includono metriche per valutare gli impatti del processo di investimento di ciascun fondo e classificano i prodotti in specifiche tipologie. L’aspetto più visibile e di impatto del Regolamento è la classificazione dei fondi e dei mandati in tre categorie, quelli che rientrano negli articoli 8 (light green) e 9 (dark green) del Regolamento e quei fondi che invece non rientrano nelle precedenti categorie. In particolare, l’articolo 8 riguarda prodotti che promuovono caratteristiche ambientali o sociali, o una combinazione di tali caratteristiche; l’articolo 9 quelli volti al raggiungimento di precisi obiettivi di sostenibilità che, quindi, impongono l’adozione di politiche di investimento in grado di produrre effetti concreti e misurabili.A inizio 2023 è diventato poi operativo il Regolamento delegato 2022/1288, che detta specifiche norme tecniche di regolamentazione recanti gli standard tecnici da utilizzarsi per la divulgazione di talune delle informazioni in tema di sostenibilità previste dal Regolamento Disclosure. La Commissione di vigilanza fornisce indicazioni e tempistiche di adeguamento con particolare riferimento all’informativa da rendere sui siti web, e la relativa modalità di presentazione, con riferimento alla presa in considerazione dei principali effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità.

Ma come si atteggia nel concreto la previdenza complementare in ottica di sostenibilità di lungo periodo? Assumono particolare rilevanza e interesse in questa prospettiva i risultati che emergono dalla prima indagine conoscitiva condotta dalla Covip. Dal punto di vista qualitativo, l’indagine è stata incentrata principalmente sull’analisi dell’informativa fornita dalle forme pensionistiche complementari nell’appendice «Informativa sulla sostenibilità», che è parte integrante della nota informativa e che viene consegnata in fase di adesione.

Le informazioni sono state poi integrate con quelle rese disponibili sui siti delle forme pensionistiche complementari o delle loro società istitutrici. Andando ai risultati, complessivamente, sono 50 le forme pensionistiche complementari che integrano i fattori di sostenibilità nei propri processi di investimento con riguardo ad almeno uno dei comparti offerti (si tratta del 30% del totale dei fondi analizzati). I comparti caratterizzati da una politica di investimento sostenibile sono, nel complesso, 117 unità (poco più del 20% rispetto al totale dei comparti oggetto di analisi) e detengono il 26% del totale delle masse gestite. Laddove vengono adottate strategie di selezione degli investimenti, le più diffuse sono quelle di selezione negativa/positiva e l’adozione di benchmark Esg. L’adesione a norme e princìpi internazionali, diretta o per il tramite dei gestori, nella maggior parte dei casi in cui è presente fa riferimento alla Pri (Principles for Responsible Investment) Association, una rete internazionale di investitori che lavorano insieme per mettere in pratica i sei princìpi di investimento responsabile promossi dalle Nazioni Unite, ma si ritrovano riferimenti anche ad altri princìpi definiti a livello internazionale quali, ad esempio, il Global Compact dell’Onu o le Linee guida dell’Ocse.L’engagement viene praticato sia a livello di dialogo sia a livello di esercizio del diritto di voto. L’attività di rating Esg molto spesso viene affidata a terzi (advisor o gestori). Risultano marginali i casi di strategie sustainability themed, approccio basato sulla selezione di emittenti secondo criteri focalizzati su temi specifici, e impact investing, finalizzate a generare, assieme a un ritorno finanziario, un impatto socio-ambientale positivo e misurabile.

In conclusione, sottolinea la Covip, dall’analisi si evince che la maggior parte delle forme pensionistiche complessivamente offerte sul mercato adotta scelte di investimento che non tengono conto dei fattori di sostenibilità e solamente un quarto di queste ha invece integrato i propri processi di investimento in tal senso. Sebbene il numero di fondi pensione sostenibili risulti ancora esiguo, occorre comunque tenere presente che ci sono casi in cui il prodotto non è stato classificato green perché l’implementazione dei rischi di sostenibilità nel processo decisionale d’investimento è stata soltanto avviata oppure viene svolta in modo non sistematico. Posto che la sostenibilità sta diventando un elemento centrale nelle decisioni d’investimento dei risparmiatori è ragionevole attendersi un graduale adeguamento delle politiche di investimento ai criteri Esg.

Andando alle considerazioni propositive l’Autorità di vigilanza evidenzia da una parte sarebbe opportuno che gli operatori acquisiscano una maggiore consapevolezza su questi temi; dall’altra occorre tener presente che la crescente diffusione di prodotti sostenibili e il maggiore interesse dimostrato verso tale tipologia di investimento potrebbe incentivare alcuni operatori a offrire prodotti con caratteristiche solo apparentemente sostenibili (cosiddetto greenwashing), inducendo pertanto i potenziali aderenti a effettuare le proprie scelte sulla base di dichiarazioni ingannevoli o non verificabili.

Si tratta di fenomeni che potranno essere contrastati sia attraverso la definizione di una tassonomia condivisa a livello internazionale sia con l’individuazione di metodologie omogenee per la quantificazione delle caratteristiche di sostenibilità. In questa direzione sono orientate le norme tecniche di regolamentazione riguardanti gli obblighi di informativa previsti dal Regolamento e le iniziative a livello internazionale promosse al fine di migliorare gli strumenti di comunicazione e di superare le divergenze metodologiche. (riproduzione riservata)