DA FRATELLI D’ITALIA DUE PROPOSTE DI LEGGE PER FAR AFFLUIRE IL RISPARMIO ALLE PMI
di Andrea Pira
Fratelli d’Italia si muove per fornire una garanzia pubblica sui Pir e per escludere dall’imposizione sui redditi da capitale gli investimenti in piccole e medie imprese. La volontà è di favorire il passaggio della grande liquidità di cittadini e imprese verso il sostegno all’economia reale. In questa direzione si muovo quindi due proposte di legge, entrambe targate Fratelli d’Italia e messe a punto dal deputato Andrea de Bertoldi. Alla radice c’è la stessa linea di principio, enunciata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che punta ad accrescere la quota di debito pubblico in mano a italiani e a residenti nella Penisola, anche con l’introduzione di strumenti dedicati.

I tecnici stanno ancora limando i testi definitivi delle due proposte, delle quali MF-Milano Finanza può però indicare i contenuti generali. La prima prevede di escludere dall’imposizione come reddito da capitale gli investimenti fatti da persone fisiche in piccole e medie imprese, quotate e non quotate.

In concreto, se si decide, ad esempio, di sostenere con 200mila euro l’aumento di capitale di una srl, spostando nell’operazione risorse parcheggiate in conti correnti oppure già investite, l’eventuale guadagno sarà esente da tassazione. In caso di minusvalenza, questa potrà essere portata in deduzione nei successivi cinque anni.

Più articolato l’intervento sui piani individuali di risparmio, che intende agire su alcune barriere in entrata. In base alla proposta ,persone fisiche e imprese che investono nei Pir potranno contare su una garanzia pubblica attorno al 30% o 40% attraverso una sezione speciale del Fondo pmi previsto dalla legge 662 del 1996, che sarebbe alimentata con circa 100 milioni l’anno fino al 2033.

Oltre alla copertura offerta, la grande novità di questa proposta è la possibilità per le aziende di investire nei Pir, finora limitata alle persone fisiche. Per incentivare l’appeal del prodotto, inoltre, Fdi, chiede che sia posto un tetto alle commissioni applicate. I costi di gestione dei piani individuali di risparmio sono infatti considerati dagli estensori spropositati rispetto ad altri strumenti. Da ciò la richiesta di rivedere i parametri.

Un altro tema affrontato dagli estensori della proposta è l’obbligo di mantenere l’investimento per almeno cinque anni, così da poter accedere alle agevolazioni fiscali. La volontà è di ridurre a due anni l’arco temporale, rendendo così lo strumento più elastico.

L’articolato rivede poi i limiti all’investimento in Pir previsti per casse e enti previdenziali. Infine uno dei temi cari al mercato: si punta a rimuovere il principio dell’unicità, permettendo agli investitori di detenere più di un piano individuale di risparmio.

Già in legge di Bilancio c’erano stati tentativi di introdurre tale modifica, senza costi aggiuntivi per lo Stato, mantenendo invariati i limiti annuali e complessivi di investimento a 40mila e 200mila, offrendo soltanto la possibilità di rivolgersi a più intermediari, diversificando la scelta del gestore.

Sempre in manovra c’era stato un intervento, andato a vuoto, per prorogare di un anno il bonus minusvalenze previsto per i Pir alternativi, scaduto a fine anno. Norma che, secondo quanto confermato da fonti parlamentari e riferito da MF-Milano Finanza, si lavora per far rientrare in un prossimo provvedimento in materia di fisco. (riproduzione riservata)
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