PROTAGONISTA DEL BLITZ DOVREBBE ESSERE IL PRIVATE EQUITY GUIDATO DA TAMAGNINI
di Luca Gualtieri
Colpo di scena nell’azionariato di Anima. Ieri Mediobanca ha annunciato l’avvio di un’operazione di accelerated bookbuilding sul 7% della sgr milanese e fino al 9%. La merchant bank guidata da Alberto Nagel ha agito per conto di un investitore finanziario che, secondo fonti finanziarie, potrebbe essere Fsi, il fondo di private equity di Maurizio Tamagnini, che però fino a ieri sera non è stato possibile raggiungere per un commento. Non è comunque previsto il lancio di un’opa per 12 mesi.

L’ingresso del nuovo socio arriva in un periodo delicato per la vita societaria di Anima. Il 24 febbraio scadrà il termine per la presentazione delle liste per il rinnovo del cda. Il vertice della società dovrà essere rinnovato dall’assemblea convocata per il 21 marzo e ai grandi soci spetterà la scelta dei nuovi amministratori. A presentare una rosa di nomi dovrebbero essere Banco Bpm (primo socio al 20,6%), Poste (11%) e Assogestioni che già nell’ultimo rinnovo avevano espresso il board di Anima. Sembra invece che Amundi non farà nulla. Il gruppo francese infatti ha sempre ribadito che la partecipazione del 5,16% acquisita lo scorso anno ha valenza puramente finanziaria e rientra nella normale attività di un asset manager. Ciononostante le indiscrezioni su un possibile interesse di Amundi per Anima non hanno mai smesso di circolare sul mercato. Specie dopo che l’accordo di Unicredit con Azimut ha messo in forse la partnership tra piazza Gae Aulenti e il colosso francese, in scadenza nel 2027. Ieri del resto nella city milanese diversi osservatori riconducevano l’intervendo di Fsi al bisogno di preservare l’italianità di Anima sbarrando la strada a progetti ostili da parte di gruppi esteri.

Ma non è solo la presenza del socio francese ad alimentare le speculazioni sul futuro della sgr milanese. Un altro elemento di attenzione per il mercato è la presenza tra i grandi clienti dei due principali candidati al consolidamento bancario italiano. Da un lato c’è appunto il Banco Bpm, che dopo il rinnovo del cda (previsto per aprile) potrebbe aprire diversi dossier. Nonostante le caute dichiarazioni del ceo Giuseppe Castagna, da tempo gli investitori scommettono su un matrimonio con Mps, altro grande cliente ed ex azionista di Anima. Non solo perché sulla carta un match tra Mps e il Banco potrebbe funzionare in termini di reti commerciali e sinergie, ma anche perché l’operazione metterebbe piazza Meda al sicuro dalle mire di Unicredit e di Crédit Agricole, dando vita a quel terzo polo bancario che l’Italia aspetta da dieci anni. Un progetto che non dispiace a grandi gruppi finanziari come Intesa Sanpaolo e soprattutto al governo, come attestano le parole pronunciate dalla premier Giorgia Meloni nel discorso di fine anno: «In Monte dei Paschi di Siena è stato fatto un aumento di capitale, c’è una ristrutturazione che ci sembra abbastanza solida; lavoriamo per assicurare un’uscita ordinata dello Stato e per creare le condizioni per cui in Italia ci siano più poli bancari». Il futuro di Anima sembra insomma più legato a quello del terzo polo del credito nel quale, secondo qualche analista, potrebbe gradualmente confluire. (riproduzione riservata)
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