DALL’OSSERVATORIO DELLA SCHOOL OF MANAGEMENT DEL POLIMI: SIAMO IL PAESE PIÙ AVANTI IN UE
di Fabrizio Milazzo
L’Italia è il paese più avanti in Europa nella realizzazione degli interventi previsti nel Pnrr per la trasformazione digitale, avendo già completato il 17% di milestone e target dedicati, contro il 10% di Spagna e Francia e lo zero di 15 paesi tra cui la Germania. Una bella scommessa da vincere, considerato che il Piano nazionale di ripresa e resilienza mette a disposizione risorse complessive per 48 miliardi di euro per la digitalizzazione: il 37% di tutte le risorse europee per il digitale inserite nel Next Generation Eu. Molto più di quanto spenderanno altri Paesi. A evidenziarlo sono i dati contenuti nella ricerca dell’osservatorio Agenda digitale della School of Management del Politecnico di Milano. «Per l’Italia digitale, questa è la più importante chiamata della storia moderna: dobbiamo rispondere in modo rapido, compatto e ordinato», commenta Alessandro Perego, direttore scientifico degli osservatori Digital innovation, «ora è necessario tradurre in realtà le ambizioni del Pnrr, portando a termine nei tempi previsti gli interventi di digitalizzazione e accelerando sugli ambiti più critici, come lo sviluppo di competenze digitali tra la popolazione».

Pnrr avanti tutta. Il Pnrr dedica al digitale un’intera missione da 40 miliardi di euro, a cui si sommano le iniziative di digitalizzazione presenti nelle altre sei missioni, per un totale di 48 miliardi di risorse complessive. L’Italia prevede di spendere molte più risorse dedicate alla trasformazione digitale rispetto ad altri paesi. Per esempio, 18 paesi spenderanno meno di 2 miliardi di euro; la Spagna 20; la Germania 13 e la Francia 8. Al 16 dicembre dello scorso anno, sono stati realizzati 30 dei 173 milestone e target previsti per l’Agenda digitale. Risultati che contribuiranno a colmare il gap del Belpaese in tema di digitalizzazione rispetto ai principali competitors europei. Si consideri che nell’edizione 2022 del Desi (l’indice che misura la competitività digitale di un paese) l’Italia sale di due posizioni ma continua ad attestarsi nella parte bassa del ranking, al 18° posto su 27 stati membri. Nel dettaglio, l’Italia è 25ª per diffusione di competenze digitali, stabile rispetto allo scorso anno; settima per connettività, guadagnando 16 posizioni rispetto alla precedente rilevazione; ottava per digitalizzazione delle imprese, guadagnando due posizioni; 19ª per digitalizzazione della p.a., perdendo una posizione.

I Digital maturity indexes. L’osservatorio ha elaborato anche i Digital maturity indexes, una piattaforma composta da 109 indicatori che analizza il livello di digitalizzazione e che conferma la performance dell’Italia sotto la media europea. Infatti, il Belpaese risulta 22° su 27 paesi europei per sforzi compiuti nell’attuazione dell’Agenda digitale e 20° per risultati ottenuti. Emergono, invece, ottimi risultati nella connettività e nell’integrazione delle tecnologie digitali, dovuti a un set ristretto di indicatori quali copertura a 5G, diffusione del cloud, fatturazione elettronica, e si registra un progressivo miglioramento nell’utilizzo di internet da parte dei cittadini.

I divari regionali. L’osservatorio ha calcolato anche un Desi a livello regionale da cui emerge il divario tra le regioni del Mezzogiorno e quello del Centro – Nord. Le dimensioni su cui l’Italia è più in difficoltà, ossia capitale umano e servizi pubblici digitali, sono anche quelle con i maggiori divari regionali. Confrontando, inoltre, le 21 regioni e province autonome italiane con un gruppo di regioni europee simili emerge come anche i territori italiani più avanzati appaiono diversi passi indietro rispetto a quanto si registra a livello continentale.

Il fondamentale ruolo della pubblica amministrazione. La p.a. riveste un ruolo di primo piano nell’attuazione del Pnrr, considerato il 60% delle risorse destinate a enti pubblici e tutte le risorse gestite e rendicontate da pubbliche amministrazioni. Peraltro, ci sono 13 milestone e 27 target da realizzare nel corso del 2023, soprattutto sul fronte del procurement, in cui si prevede la completa digitalizzazione di tutto il ciclo di vita dei contratti pubblici. «Il Pnrr mette a disposizione risorse senza precedenti per la trasformazione digitale, la sua rilevanza impone un’attenta gestione del momento», sottolinea Luca Gastaldi, direttore dell’osservatorio, «è importante non fermarsi e raccordare le risorse del Pnrr a quella degli altri strumenti disponibili per sostenere la trasformazione digitale del paese. Bisogna, inoltre, assicurarsi che i quasi 10 miliardi di euro dedicati alla trasformazione digitale della p.a. siano spesi in modo efficace ed efficiente, monitorandone l’impiego nel tempo». La p.a. nel 2021 ha comprato lavori, servizi e forniture per circa 200 miliardi di euro, il nuovo Codice dei contratti pubblici, che entrerà in vigore dal 1° aprile prossimo, prevede un’accelerazione nella gestione degli appalti pubblici tramite piattaforme digitali interoperabili e qualificate. Come evidenziato nel report, la p.a. acquista da aziende private sostanzialmente tutte le sue soluzioni digitali, 5,7 miliardi di euro nel 2021, ma il 67% della spesa pubblica in servizi digitali è concentrato nelle mani dei primi 50 fornitori e il 31% nelle mani dei primi 5. Sono necessari mediamente 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica per soluzioni digitali. «Se rendessimo più efficaci ed efficienti i processi di procurement pubblico potremmo realizzare vere riforme strutturali, con impatti dirompenti sull’economia dell’intero paese», commenta Mariano Corso, responsabile scientifico dell’osservatorio, «dobbiamo prima di tutto completare la riforma del codice dei contratti pubblici, accelerando la loro digitalizzazione. Inoltre, è necessario ripensare ai meccanismi di progettazione e risposta delle gare pubbliche, troppo spesso disegnate con la preoccupazione di prevenire ricorsi e contenziosi e portare competenze di approvvigionamento all’interno di tutte le p.a.».

I servizi digitali. Nonostante, negli ultimi anni siano stati conseguiti importanti risultati, non mancano diverse criticità. Come sottolineano gli analisti, l’anagrafe nazionale della popolazione residente rappresenta ormai una soluzione consolidata, tutti i comuni, infatti, fanno parte del sistema. Il fascicolo sanitario elettronico, seppure attivo dal 2019, non è ancora completamente operativo e interoperabile in tutte le regioni anche se sono accessibili oltre 417 milioni di referti digitalizzati. Quasi 60 mila open data popolano il portale dati.gov.it. La piattaforma pagoPA vede oltre 19 mila p.a. aderenti, oltre 400 prestatori di servizi di pagamento coinvolti e circa 650 milioni di transazioni effettuate, per un valore di oltre 126 miliardi di euro. Spid è nelle mani di un maggiorenne su due, con oltre un miliardo di accessi nel 2022, mentre la carta d’identità elettronica è stata usata 21 milioni di volte per accedere a servizi digitali. L’App IO nel 2022 è stata scaricata da oltre 32 milioni di italiani e le oltre 12 mila p.a. presenti nell’app offrono più di 170 mila servizi. È stata finalizzata una “bozza” della piattaforma per le notifiche digitali che permetterà l’invio di notifiche con valore legale. La piattaforma digitale nazionale dati, attiva dal 21 ottobre dello scorso anno, abiliterà lo scambio automatico di dati tra p.a. e favorirà l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati pubbliche. È iniziata la migrazione al cloud di dati e servizi pubblici ma appare ancora lontana la dismissione e la razionalizzazione degli oltre 11 mila data center attualmente presenti nelle p.a. italiane.

«Dalla banda larga alle competenze digitali, dagli interventi di digitalizzazione del Pnrr a quelli a valere sui fondi strutturali, gli interventi da mettere a terra sono molteplici e complessi», osserva Giuliano Noci, responsabile scientifico dell’osservatorio, «la loro implementazione richiede, inoltre, una collaborazione, in pochissimo tempo, da parte di una pluralità di attori pubblici e privati». Le p.a. locali gestiranno oltre 66 miliardi di euro del Pnrr e molte delle risorse complementari verranno amministrate direttamente da regioni e province autonome. «È fondamentale fare gioco di squadra», conclude Michele Benedetti, direttore dell’osservatorio, «semplificando e razionalizzando le interazioni tra titolari e utilizzatori dei fondi, cercando di portare a sistema buone pratiche nell’implementazione e favorendo le aggregazioni tra enti locali».
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