di Marco Capponi
Il gestore del futuro si chiama ChatGpt? Il super software di intelligenza artificiale è in grado di fornire informazioni più o meno dettagliate su qualsiasi argomento. Per questo MF-Milano Finanza l’ha messo alla prova in una lunga chiacchierata su temi di portafoglio, scendendo sempre più nel dettaglio fino alla selezione dei singoli titoli. In generale, le indicazioni fornite dal software sono abbastanza precise, seppur ancora molto superficiali. Se gli si chiede per esempio un’asset allocation per un risparmiatore di 30 anni, profilo di rischio medio e 5.000 euro da investire, arriva la seguente risposta: «Azioni 60-70%; obbligazioni 20-30%; prodotti a termine o depositi a risparmio 5-10%», il tutto corredato dalla spiegazione di tutte le voci. Anche se si scende nel dettaglio dei titoli le indicazioni di massima sono valide: un portafoglio azionario europeo per esempio consiglia di inserire «un 30% di grandi aziende come Nestlé, Total o Royal Dutch Shell, un 20% di tech come Sap, Asml e Infineon» e così via.

E il bitcoin? Forse sulle criptovalute l’intelligenza artificiale è fin troppo spregiudicata, perché a un piccolo investitore con rischio medio suggerisce una quota di divise digitali del 20% (seppur con un 10% di liquidità e un 30% di bond): più o meno la stessa (20-30% senza cash e obbligazioni) consigliata a uno speculatore con 1 milione di patrimonio investibile. Se si considera che per Credit Suisse appena il 2% di cripto nel portafoglio di un individuo ultra-ricco rappresenta un quarto del rischio totale, praticamente siamo nel campo del gioco d’azzardo. Non mancano altre perplessità. ChatGpt non ha problemi a suggerire nomi di titoli tecnologici su cui investire. Attenzione a questa frase però: «In termini di titoli, potresti considerare di acquistare azioni di grandi aziende internazionali come Apple, Amazon, Facebook e Microsoft nel settore tecnologico».

Dov’è Alphabet-Google, la grande rivale nel mondo Ai del duo OpenAi (casa madre del software)-Microsoft? Sollecitata sul punto ChatGpt suggerisce di includere il titolo in portafoglio tramite fondi indicizzati o Etf. Tenore ben diverso per Microsoft, dove il primo consiglio è l’investimento diretto, vista la «storia di crescita e rendimento finanziario solidi» dell’azienda. Solo se sollecitata a lungo sull’argomento, e dopo una serie di domande mirate (forse l’intelligenza artificiale intuisce che la si vuole incastrare) alla fine ChatGpt mitiga il suo verdetto, e Google viene inserita nel novero delle big tech al pari delle altre.

Se infine si interroga il chatbot sui titoli di Piazza Affari, ecco emergere tutte le imprecisioni di un software che ancora non sembra pronto ad addentrarsi nello specifico: tra i consigli ci sono Atlantia (delistata lo scorso anno, ma la conoscenza dell’Ai arriva al 2021) e Nestlé…società quotata a Zurigo. Le prime scelte? «Enel, Intesa Sanpaolo, Unicredit o Leonardo». Perché non ci sia Eni, la seconda società per capitalizzazione di borsa, è un mistero.

Insomma, affidarsi a ChatGpt per i propri investimenti appare prematuro. Ma esiste già chi si è specializzato per creare portafogli supportati da sistemi di intelligenza artificiale, come Axyon Ai, che mette le sue soluzioni al servizio di investitori istituzionali. «In genere si parte da un obiettivo, che può essere il ritorno», spiega il ceo Daniele Grassi, «e da alcune regole del gioco, come per esempio universo investibile e orizzonte temporale: poi si lascia imparare l’Ai attraverso un processo rigoroso, al fine di poterle chiedere indicazioni sulle allocazioni o sugli strumenti da preferire». L’intelligenza artificiale, evidenzia il ceo, «può aiutare anche nell’asset allocation, suggerendo quali asset class, settori o geografie sovra o sottopesare, rispettando i limiti imposti dai gestori». Se per esempio si fissa un range di allocazione azionaria tra il 35% e il 50%, «l’Ai può decidere in quale punto della forbice posizionarsi in base alle predizioni di performance/rendimento dell’asset class». Un altro punto del processo in cui l’Ai viene già utilizzata «è la selezione degli strumenti, successiva all’asset allocation: dato uno specifico universo investibile il sistema può fornire suggerimenti di selezione, individuando i titoli per i quali predice una maggiore performance». Il risultato della predizione può essere poi «usato sia da un sistema quantitativo algoritmico che da un gestore». Insomma, Grassi non vede un futuro in cui l’intelligenza artificiale sostituisca il gestore umano, anzi: «Quello che mi sembra più verosimile», conclude, «è che possa aiutare la clientela retail a capire la propria tolleranza al rischio e le proprie necessità finanziarie; intorno a questo, strumenti finanziari concepiti da gestori e aumentati da Ai potranno dare luogo a un sistema più efficiente». (riproduzione riservata)
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