di Angelica Ratti
L’inquinamento killer non è soltanto quello esterno, quello dell’aria delle città, super osservata e tenuto sotto controllo, ma anche «il fratello» interno, l’aria piena di virus, batteri, muffe, prodotti chimici derivati dalla combustione di gas, ad esempio, anidride carbonica (CO2) che si respira negli ambienti chiusi. Un fenomeno che non ha ricevuto dalla scienza una pari attenzione, eppure l’inquinamento dell’aria negli spazi chiusi ha ucciso più di 3 milioni di persone nel 2020, quasi tante quante ne ha uccise l’inquinamento esterno. A sollevare il velo su questo fenomeno, che finora è sembrato invisibile a scienza e politica, sono stati tre ricercatori inglesi in un editoriale pubblicato su Nature. Un tema importante, finora sottovalutato, ma che diventa essenziale adesso in vista delle decisioni che la Ue sta adottando per varare il suo Green New Deal per l’efficientamento energetico degli immobili. Entro il 2030 avranno l’obbligo di rientrare in classe energetica E, e D entro il 2033. L’iter di approvazione, lungo, è già cominciato a Bruxelles.

A mettere una pulce nell’orecchio sono i tre ricercatori inglesi che nel loro editoriale hanno scritto che gli interventi di efficientamento energetico che hanno l’obiettivo di portare ad un migliore isolamento degli ambienti interni potrebbe avere un effetto negativo sulla qualità dell’aria di quegli stessi spazi chiusi, siano essi case, scuole, uffici, negozi e tutto quello che si trova sotto un tetto. Al riguardo, la relazione fra isolamento termico e qualità dell’aria degli spazi interni isolati andrebbe meglio studiata, secondo i tre ricercatori: Christopher Whitty, capo consigliere medico del governo britannico e i suoi colleghi Deborah Jenkins e Alastair Lewis. I tre hanno anche richiamano l’attenzione dei responsabili politici sulla necessità delle pratiche da adottare per ridurre questo tipo di inquinamento, quello negli ambienti chiusi, anch’esso un killer, ma finora sottovalutato.

Forse la soluzione di sigillare le finestre e di mettere il cappotto ai muri degli edifici può andar bene per diminuire il dispendio energetico e ridurre le emissioni nella lotta al cambiamento climatico, ma potrebbe comportare effetti negativi sulla qualità dell’aria degli spazi interni, quella che gli abitanti degli edifici «efficientati termicamente» sarebbero costretti a respirare. Anch’essa una questione di salute pubblica. La maggior parte delle persone trascorre l’80-90% del proprio tempo in ambienti chiusi hanno osservato i tre autori dell’editoriale, rilevando che, però, gli spazi interni non sono soggetti a controlli sulla qualità dell’aria diversamente di quanto avviene per l’inquinamento esterno (con finanziamenti annessi) per il quale esistono livelli standard nazionali definiti e legalmente applicabili in molte città del mondo.
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