I GIUDICI DI LEGITTIMITÀ INDICANO L’AREA DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA ANTINFORTUNISTICA
di Nicola Pietrantoni
La sicurezza sul lavoro va garantita ad ampio raggio, senza limiti. Anche all’estero, quindi. Nel caso di distacco o di subappalto di personale, infatti, il nostro ordinamento prevede l’obbligo di verificare le condizioni di sicurezza del luogo di lavoro all’esterno dell’azienda, di valutare i rischi presenti, di fornire al dipendente i necessari ed idonei strumenti di protezione individuale, di formare e informare adeguatamente lo stesso sui rischi specifici della attività che deve svolgere in quel luogo, nonché di vigilare sull’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di uso dei necessari dispositivi di protezione. Lo ha precisato la Corte di cassazione (IV sezione penale), con la sentenza n. 35510/2021, con cui è tornata sulla responsabilità penale del datore di lavoro per la violazione della normativa antinfortunistica previgente al dlgs 81/2008.

L’imputazione e i soggetti coinvolti. I giudici di legittimità hanno confermato la condanna degli imputati per il decesso di un lavoratore a seguito di un grave infortunio subìto mentre prestava la propria attività di elettricista su un impianto presso un cantiere a bordo di una nave ancorata in acque indiane.

Più nello specifico, sono stati ritenuti responsabili, a titolo di cooperazione colposa nel delitto di omicidio colposo (artt. 113, 589, cp), sia il titolare e responsabile per la sicurezza sul lavoro della società di cui era dipendente il lavoratore, sia il legale rappresentante della committente dell’impianto ove si è verificato l’incidente, sia infine il legale rappresentante della appaltatrice dei lavori, che aveva subappaltato, a sua volta, alla società del dipendente deceduto, proprio le attività riguardanti le componenti elettriche. Questi ultimi due (committente e appaltatore) sono stati coinvolti anche per aver omesso la necessaria valutazione dei rischi connessi ai lavori da effettuare e, di conseguenza, per non aver organizzato un preventivo sistema di informazione e formazione sui rischi individuati e su come operare in sicurezza.

L’applicabilità della normativa nazionale per il fatto commesso all’estero. In via preliminare, la Corte ha dichiarato manifestamente infondato il difetto di giurisdizione italiana lamentato da uno dei ricorrenti per essersi verificato l’evento letale fuori dai confini nazionali.

I giudici hanno richiamato alcuni principi di carattere generale, secondo cui è sufficiente, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana per i reati commessi in parte all’estero, che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta (art. 6, cp). Nel caso di specie, l’omessa condotta di mancata formazione e informazione del lavoratore per prevenire qualsiasi rischio di infortunio avrebbe dovuto realizzarsi in Italia, in epoca anteriore al concreto esercizio dell’attività lavorativa in territorio straniero.

Inoltre, si legge sempre in sentenza, non va dimenticato che «…la normativa italiana in materia infortunistica, essendo posta a presidio del bene fondamentale della salute in ambito lavorativo, di sicura rilevanza costituzionale, deve considerarsi di ordine pubblico, per cui i datori di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie, al fine di prevenire possibili infortuni, ovunque l’attività lavorativa si svolga».
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