Nell’esame periodico della banca dati Infor.Mo viene evidenziato l’andamento del fenomeno infortunistico in edilizia tra il 2014 e il 2018. 

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L’edilizia è un settore produttivo particolarmente caratterizzato dalla complessità ed eterogeneità delle lavorazioni svolte e per la gravità degli infortuni registrati. Lo è a maggior ragione oggi, in cui l’introduzione di incentivi fiscali come il superbonus 110% e le opportunità da cogliere con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) stanno dando un forte impulso al mondo delle costruzioni dopo la flessione registrata nei mesi della pandemia.

Il report sull’andamento degli infortuni in edilizia nel 2014-2018

Il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail ha pubblicato una scheda dedicata retrospettivamente agli infortuni in edilizia nel quinquennio 2014-2018, con indicazioni valide anche per il contesto attuale.
Il report è stato condotto analizzando le dinamiche infortunistiche presenti nell’archivio del sistema di sorveglianza Infor.Mo, sviluppato dalle Regioni e dall’Istituto e alimentato dalle informazioni delle indagini sugli incidenti condotte dai Servizi di prevenzione delle Asl negli ambienti di lavoro. Un patrimonio conoscitivo che consente di descrivere le caratteristiche principali ed i fattori causali degli infortuni, nonché alcune delle misure di prevenzione e protezione da adottare.

Nell’ingegneria civile l’indice di frequenza più elevato

Tra il 2014 e il 2018 in edilizia sono stati mediamente 32mila gli infortuni riconosciuti dall’Inail in occasione di lavoro all’anno, con un trend decrescente. Come chiarisce preliminarmente il documento, il rischio infortunistico nel comparto, misurato tramite l’indice di incidenza (infortuni per mille addetti), varia a seconda dell’attività svolta. Le costruzioni complessivamente intese si suddividono in tre segmenti: costruzione di edifici, ingegneria civile e lavori di costruzione specializzati. Nel primo rientra l’edificazione edilizia e lo sviluppo di progetti immobiliari, nel secondo la realizzazione di strade, ferrovie e altre opere di pubblica utilità, mentre nel terzo ricadono la preparazione e la demolizione di cantieri e i lavori connessi a elettricità e idraulica. Tutti e tre si posizionano su un livello di rischio superiore alla media, ma è l’ingegneria civile quella a più forte frequenza incidentale, con il 27,2%.

L’area calabrese e quella ionica fra i distretti a maggior rischio

La scheda Inail individua inoltre caratterizzazioni locali e contestuali degli infortuni, con l’assenza di tendenze geografiche marcate e l’emersione di zone più a rischio come l’area calabrese e quella ionica, alcune parti della Sicilia, la provincia di Bolzano e la dorsale dell’Appennino centrale. Nelle quattro principali città metropolitane (Roma, Napoli, Milano e Torino), non si riscontrano invece livelli di rischio alti.

La caduta dei lavoratori dall’alto l’infortunio più frequente

Sempre con riferimento al periodo considerato, la pubblicazione riporta le caratteristiche principali degli addetti coinvolti e le modalità di accadimento dei 607 infortuni selezionati, distinti in 292 mortali e 315 gravi. Dalla distribuzione per dimensione dell’azienda in cui è avvenuto l’incidente emerge la frammentazione delle imprese italiane in edilizia, con forme ricorrenti di appalti e subappalti, in cui il 64% degli infortuni è avvenuto in microimprese da 9 addetti. A infortunarsi di più sono i manovali italiani, seguiti da quelli albanesi e rumeni. Nelle tipologie degli incidenti risultano più frequenti le cadute di lavoratori dall’alto (54%), le cadute di carichi sui lavoratori (12%), la perdita di controllo di mezzi (7%), che insieme rappresentano i 3/4 del campione esaminato.

La disamina dei fattori di rischio

Passando ai fattori di rischio, sono stati 1173 quelli riscontrati. Viene qui rilevata la forte presenza di problematiche legate alle modalità operative degli infortunati, non necessariamente riconducibili a loro responsabilità quanto a carenze di tipo gestionale (formazione, informazione, pratiche tollerate, ecc.) che non hanno permesso al lavoratore di operare in sicurezza. Si evidenzia, anche nei confronti degli altri comparti, una quota elevata di assenza di dispositivi di protezione collettivi come parapetti, armature e barriere. Infine, oltre a deficit riscontrati sulle protezioni necessarie, si rilevano problemi relativi anche alla non idoneità delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori.

Misure preventive e protettive, generali e specifiche

Da ultimo, il report si sofferma sulle misure di prevenzione e di protezione. Riprendendo le prescrizioni del decreto legislativo 81/2008, esse sono suddivise in generali e specifiche, correlate alle diverse casistiche di possibili eventi infortunistici. Mentre alle seconde si può risalire attraverso i riferimenti normativi forniti in bibliografia, tra le prime si evidenziano la necessità di un cantiere ben organizzato, la predisposizione di azioni di formazione, informazione e addestramento, un coordinamento accurato delle attività cantieristiche, con ruoli di supervisione e sorveglianza affidati a preposti esperti. Sottolineate anche la cooperazione e la partecipazione dei lavoratori e l’adozione di modelli organizzativi efficienti e testati positivamente.