Anna Messia
È un semplice patto o è un concerto? Si può continuare a operare con un consiglio a ranghi ridotti dopo una triplice dimissione? Ed è lecito prendere a prestito azioni per avere più munizioni in assemblea? Nella contesa per Generali Assicurazioni, in vista dell’assemblea del 29 aprile che dovrà nominare il nuovo consiglio di amministrazione, le interpretazioni di codici e norme stanno assumendo un ruolo sempre più determinante. E si sa che il diavolo sta nei dettagli. Non a caso i diversi contendenti pronti a farsi la guerra per raggiungere il controllo della prima compagnia di assicurazione del Paese non hanno risparmiato di chiamare in campo il gotha degli avvocati italiani. Generali, dalla sua, ha schierato il notaio e giurista Piergaetano Marchetti, che ha subito avuto un ruolo fondamentale in questa partita, avallando la possibilità di presentare una lista del consiglio senza unanimità, prevista dallo statuto del Leone. Del resto in consiglio le opposizioni di Francesco Gaetano Caltagirone e di Romolo Bardin, rappresentante di Leonardo Del Vecchio, sono state subito chiare con i due consiglieri che hanno poi lasciato il board della compagnia in protesta seguiti, a breve distanza, da Sabrina Pucci. Marchetti, uno dei maggiori esperti in materia di corporate governance, protagonista di alcune delle partite più rilevanti nella storia della finanza italiana, è anche uno dei tre esperti chiamati nel comitato di corporate governance della compagnia. Ma Marchetti non è l’unico super giurista arruolato da Generali per districare questa complicata partita. Nel team dei legali della compagnia, oltre all’interno Antonio Cangeri, group general counsel di Generali, ci sono altri giuristi di peso: Roberto Casati entrato nel 2018 in Linklaters (dopo un passato in Cleary Gottlieb e senior partner di Allen & Overy), specializzato in operazioni straordinarie in ambito societario, finanziario e del diritto commerciale comunitario e internazionale, e Francesco Gatti, partner fondatore dello studio Gatti Pavesi Bianchi Ludovici, che tra le tante cose ha seguito il fondo Usa Blackstone nel loro contro Rcs Mediagroup nella contesa degli immobili di via Solferino di proprietà della casa editrice. Un super team di legali che alla fine del 2 febbraio ha deciso che il cda andrà presto ricostituito (anche se non c’è obbligo legale) ma soprattutto ha sostenuto il consiglio di amministrazione della compagnia (con il voto contrario di Paolo Di Benedetto) nella preparazione del quesito alle authority, Ivass e Consob, per verificare un eventuale concerto tra i pattisti. Caltagirone, Del Vecchio e Crt, erano arrivati a possedere più del 16% della compagnia, nonostante l’imprenditore capitolino abbia poi deciso, a fine gennaio di lasciare l’accordo e di muoversi da solo, intenzionato a presentare una propria lista (non si sa ancora se di maggioranza o di minoranza) in vista dell’assemblea di primavera e sciogliendo la relazione con gli altri due azionisti della compagnia. Ai sensi del Testo unico della Finanza, il patto di consultazione per definizione esplicita è chiaramente un concerto (articoli 101 e 122) sostengono gli avvocati del Leone che come obiettivo ultimo puntano ad ottenere la sterilizzazione delle azioni del patto eccedenti il 9,99%, soglia oltre la quale sarebbe servito il via libera dell’Ivass. Non un esposto, ma un chiarimento necessario in vista dell’assemblea, anche per eliminare il rischio di un’eventuale azione di responsabilità a carico degli amministratori presenti in consiglio, sostengono da Trieste sottolineando che gli acquisti di azioni tra gli azionisti, che si sono succeduti nei mesi scorsi, sono stati fatti in costanza di patto, così come le successive dimissioni. Ma anche dall’altro fronte, come detto, non mancano i super giuristi intenzionati a smontare, pezzo per pezzo queste tesi. A partire da Sergio Erede, che ha lavorato e lavora ad alcuni dei deal più rilevanti avvenuti in Italia negli ultimi decenni. L’avvocato d’affari è da anni il consulente legale di Del Vecchio e lo sta supportando in questa partita strategica per Generali e pure per Mediobanca. Piazzetta Cuccia controlla direttamente circa il 13% della compagnia cui si aggiunge un pacchetto del 4% di titoli presi a prestito e in questa partita è evidentemente antagonista di Mr Luxottica e di Caltagirone. Proprio Erede, ironia della sorte, aveva lavorato tra il 2007 e il 2008 alla revisione dello stato di Mediobanca. E Caltagirone? A presentare il primo quesito in Consob era stato come noto proprio l’imprenditore capitolino con al centro la questione della lista del cda e del prestito titoli utilizzato da Mediobanca. Un fascicolo messo a punto dagli avvocati dello studio Cleary Gottlieb e se sul primo punto, dopo le risposte della Commissione, c’è ormai chiarezza sul secondo aspetto il nodo resta aperto e ora si aggiungeranno i nuovi interrogativi, arrivati però dal fronte opposto. (riproduzione riservata)
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