Un sondaggio tra 21 (ri)assicuratori e le tre federazioni di categoria delle assicurazioni evidenzia l’importanza di coinvolgere dirigenti, dipendenti e intermediari nell’attuazione della strategia ESG

L’Authority francese ACPR scommette su un effetto di emulazione tra assicuratori per gestire meglio il rischio climatico. Nel 2019, il supervisore ha esortato le aziende del settore, in particolare quelle più piccole, a raddoppiare i loro sforzi per integrare meglio il cambiamento climatico nella loro governance del rischio. Lo studio condotto due anni dopo con 21 (ri)assicuratori e le tre federazioni della professione – France Assureurs, FNMF e Ctip – mette in evidenza “la forte mobilitazione del mercato”, dice Jean-Paul Faugère, vicepresidente dell’ACPR, che invita gli assicuratori a seguire “le migliori pratiche” individuate nel settore.

L’ACPR insiste soprattutto sul coinvolgimento di tutti gli anelli della catena. A cominciare dagli organi di gestione. Per esempio, l’ACPR menziona la nomina di un responsabile del rischio climatico nel consiglio di amministrazione, la creazione di un “comitato del rischio climatico” per assistere l’alta direzione, e la nomina di un manager dedicato alla questione nel comitato esecutivo, la cui remunerazione variabile potrebbe essere condizionata al raggiungimento di determinati obiettivi.

Il supervisore sottolinea anche l’importanza di coinvolgere tutte le linee di business nell’implementazione della strategia sul clima: coinvolgendo le funzioni chiave di attuariale, gestione del rischio e compliance e, in generale, tutti i dipendenti dell’azienda. Alcuni assicuratori hanno creato moduli di formazione personalizzati o scuole di clima interne. Altri stanno studiando la definizione di obiettivi per i loro dipendenti che tengano conto dei criteri ESG, o anche l’indicizzazione della parte variabile della remunerazione su questi obiettivi, come è ora consentito in Francia dalla legge sull’energia e il clima.

L’ACPR suggerisce che i consulenti dipendenti nelle filiali, gli agenti generali o i broker potrebbero anche avere la loro parte variabile indicizzata al raggiungimento di obiettivi in termini di consapevolezza dei clienti sui rischi climatici. Il loro ruolo è infatti fondamentale nel guidare i clienti verso soluzioni assicurative più sostenibili, come gli investimenti “verdi” nel risparmio o le soluzioni tecniche “ecologiche” e resilienti nell’assicurazione property and casualty, incoraggiando l’uso di parti riutilizzabili per esempio. Gli assicuratori giocano anche un ruolo nella prevenzione di questi rischi, informando gli assicurati delle conseguenze dell’ubicazione dei loro beni, o avvisandoli via SMS di un fenomeno climatico imminente e delle precauzioni da prendere.

L’ACPR chiede anche agli assicuratori di valutare l’impatto del cambiamento climatico sulla loro attività, così come le esternalità negative che essi stessi possono generare sul loro ambiente. Chiede loro di integrare questi rischi in una strategia a lungo termine compatibile con la traiettoria di 1,5°C entro il 2050, definendo delle tappe intermedie.

L’obiettivo è di prendere in considerazione lo sfasamento temporale tra l’orizzonte dei loro piani strategici a 3 o 5 anni e l’evoluzione del rischio climatico, che probabilmente aumenterà in un futuro lontano. Per garantire l’efficacia di queste tappe intermedie, i (ri)assicuratori intervistati hanno indicato al supervisore la necessità di associarle a indicatori quantitativi e qualitativi, analizzati e rivisti a intervalli regolari. Per esempio, la Net Zero Asset Owner Alliance – di cui fanno parte Axa, SCOR e Allianz – stabilisce degli obiettivi di riduzione dell’impronta di carbonio dei portafogli di investimento per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, con la prima tappa intermedia associata a obiettivi quantificati nel 2025. Questa strategia può comportare il disinvestimento dalle attività marroni e l’investimento in attività che si qualificano come sostenibili.

L’ACPR nota anche che i rischi climatici hanno trovato il loro posto nella mappatura dei rischi. Invita gli assicuratori a condurre analisi qualitative e/o quantitative su come i fattori di rischio climatico potrebbero influenzare i rischi prudenziali (di mercato, di controparte, di sottoscrizione, operativi, di reputazione, ecc. L’Autorità ritiene inoltre che l’ORSA, la valutazione della gestione del rischio che devono effettuare in base a Solvency 2, sia lo strumento migliore per includere il cambiamento climatico nella loro politica di gestione del rischio. Questo esercizio, che si svolge su un orizzonte temporale da 3 a 5 anni, può essere completato da stress test climatici e modelli che permettono un’analisi prospettica del rischio, sottolinea il supervisore. Gli assicuratori possono in particolare contare sullo scenario del primo stress test climatico realizzato l’anno scorso dall’ACPR. La revisione della direttiva europea Solvency 2 dovrebbe inoltre obbligarli a rivedere i loro scenari climatici ogni tre anni.

L’ACPR sottolinea, tuttavia, che bisogna fare progressi nella raccolta di dati affidabili e utilizzabili. “In questa fase, ci può essere un certo grado di approssimazione dovuto alla mancanza di dati e metodologie armonizzate, che probabilmente diminuirà nel tempo”, nota il supervisore. Alcuni assicuratori hanno indicato che usano fornitori di servizi esterni o fanno un controllo incrociato dei dati da diverse fonti. Per quanto riguarda gli investimenti all’attivo, l’Autorità chiede che venga effettuata un’analisi più dettagliata del portafoglio per tipo di attività e non solo per area geografica. Dal lato delle passività, gli assicuratori hanno generalizzato la geolocalizzazione degli assicurati per identificare le zone più esposte ai rischi climatici e per controllare meglio i rischi fin dal momento della sottoscrizione. Per essere efficace, questo principio deve essere integrato nei sistemi informatici degli assicuratori e dipende anche dalla granularità dei dati. Alcuni assicuratori raccomandano che i geocodificatori siano certificati. Alcuni operatori del mercato si spingono fino a condurre analisi predittive di futuri eventi di gelo o siccità, utilizzando i loro dati interni e, quando questo non è possibile, ricorrendo a fornitori di modelli catastrofici.

Infine, la comunicazione rimane un asse importante: può trovare il suo posto nelle relazioni imposte dai regolamenti, come la SFCR, ma può anche essere adattata al grande pubblico attraverso altri media, a condizione che il messaggio trasmesso sia coerente, qualunque sia il mezzo. Alcuni assicuratori hanno creato un team di comunicazione finanziaria dedicato a questo argomento.

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