RESPONSABILITÀ CIVILE

Autore:  Alessandro Calzavara
ASSINEWS 339 – marzo 2022

(con insidia…anche per l’intermediario)

Il succedersi di sentenze della Suprema Corte non contribuisce a fare chiarezza per gli assicurati (sempre che ne abbiano consapevolezza) in ordine alla validità temporale della garanzia di responsabilità civile che hanno acquistato per essere tenuti indenni dalle conseguenze di errori compiuti nello svolgimento della loro attività professionale o da difetti dei loro prodotti.

Nell’ordine, infatti, la Cassazione nel 20161 aveva affermato che “Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, non è vessatoria, ai sensi dell’art. 1341 c.c., la clausola che subordina l’operatività della copertura alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro periodi di tempo preventivamente individuati; tuttavia, in presenza di determinate condizioni, il giudice di merito, con valutazione incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata, può dichiarare la nullità di tale clausola per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina dettata dal codice del consumo, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.

Nel 2018 l’orientamento muta parzialmente poiché si afferma – a differenza di quanto statuito due anni prima – che“… rispetto al singolo contratto di assicurazione, non si impone un test di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., ma la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire, in termini di effettività, diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione del rapporto, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili implicati, ossia (esemplificando): responsabilità risarcitoria precontrattuale anche nel caso di contratto concluso a condizioni svantaggiose; nullità, anche parziale, del contratto per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le congruenti indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti; conformazione del rapporto in caso di clausola abusiva (come quella di recesso in caso di denuncia di sinistro)” 2.

È seguita nel 2020 una pronuncia che sembrava segnare per sempre il destino della clausola con l’affermazione della nullità della stessa a motivo della decadenza nella stessa prevista3, ma ecco nel 2021 la sentenza4 che rasserena parzialmente l’ambiente ricordando che il giudice non può in automatico trasformare una clausola claim in loss (il che comunque non significa che tutte le clausole claim siano di per sé legittime).

A fronte di orientamenti così mutevoli si può ipotizzare una responsabilità dell’intermediario – in particolare l’agente – che quelle polizze ha venduto, nell’ipotesi in cui la validità temporale delle stesse non si fosse rivelata in concreto (in caso di sinistro) tale da assicurare adeguata copertura all’assicurato.

Perché si può pensar e a siffatta responsabilità?
Perché, proprio prendendo spunto da alcune delle suddette pronunce, bisogna verificare se nella fase delle trattative precontrattuali l’informazione dovuta è stata correttamente fornita sì che altrettanto correttamente e consapevolmente il contraente si sia determinato alla stipula del contratto di assicurazione della responsabilità civile “on claims made basis”.

E l’assicurato potrebbe sostenere che non aveva compreso significato e funzionamento della copertura “a richiesta fatta”, nonché le differenze rispetto allo schema legale (assolutamente intuitivo e cui è “naturale” pensare: “quando è accaduto l’errore ero assicurato”) e ancora meno la rilevanza della maggiore o minore estensione della “postuma” o di una “retroattività”.

E magari anche dell’importanza di poter denunciare o meno le cd. circostanze. Infatti, come accennato, la sentenza n. 22437/2018 in un passaggio della parte motiva afferma che “vivo e vitale il test su come la libera determinazione del contenuto contrattuale, tramite la scelta del modello claims made, rispetti, anzitutto, i “limiti imposti dalla legge”, che il primo comma dell’art. 1322 c.c. postula per ogni intervento conformativo sul contratto inerente al tipo, in ragione del suo farsi concreto regolamento dell’assetto di interessi perseguiti dai paciscenti, secondo quella che suole definirsi “causa in concreto” del negozio…. Sul piano della fase prodromica alla conclusione del contratto secondo il modello della claims made, gli obblighi informativi sul relativo contenuto devono essere assolti dall’impresa assicurativa o dai suoi intermediari in modo trasparente e mirato alla tutela effettiva dell’altro contraente, nell’ottica di far conseguire all’assicurato una copertura assicurativa il più possibile aderente alle sue esigenze”.

Affermazioni che, in astratto, appaiono ragionevolmente condivisibili e difficilmente confutabili sul piano giuridico. Proviamo a fare brevemente un passo indietro e per semplicità consideriamo una copertura di RC professionale alla cui ideazione e realizzazione l’agente non ha concorso come “manufactor”, nemmeno di fatto.

La polizza deve (dovrebbe) essere chiara (comprensibile), semplice e deve essere coerente con le esigenze del contraente-assicurato.
Il contraente-assicurato deve ricevere il set informativo comprensivo del DIP e del DIP aggiuntivo (e aver firmato il modulo dell’adeguatezza oltre all’informativa privacy).

Di cos’altro ha bisogno l’assicurato per potersi consapevolmente determinare all’acquisto della polizza avendo dunque compreso esattamente le caratteristiche della copertura? Ma naturalmente che l’intermediario gli abbia illustrato in modo chiaro e comprensibile i contenuti della polizza, in particolare i limiti e le esclusioni!

In concreto, volendo azzardare per mera provocazione un (troppo audace) parallelo con la responsabilità civile del produttore, sarebbe come attribuire al (solo) venditore la responsabilità delle conseguenze del difetto del prodotto progettato e fabbricato da altri.

Qualcosa a mio avviso “non torna”. Il prodotto è chiaro (significa che è comprensibile all’assicurato anche se non è un … “assicuratore”)? Deve esserlo. È coerente? Deve esserlo, altrimenti non può essere proposto e venduto.

La documentazione informativa (set), predisposta dall’impresa, è stata correttamente consegnata. Il DIP contiene (dovrebbe) la sintesi di esclusioni e limiti di copertura più importanti ed essenziali per la formazione del consenso.
Il DIP aggiuntivo nel caso integra le informazioni mancanti nel DIP.

Ed allora perché mai se qualcosa non funziona (manca la retroattività, manca la postuma, non si possono denunciare le “circostanze” ecc.) e il sinistro non trova copertura perché la struttura del regime temporale predisposta dall’impresa lo esclude, ne deve rispondere l’intermediario??
Quasi che i limiti sotto il profilo temporale della garanzia siano un difetto del prodotto di cui risponde il venditore e non il produttore?!

Si dirà, “ma l’agente deve verificare che la polizza sia anche adeguata”! Certamente.

Ma questo avviene attraverso un processo che si articola
a) in una fase di informazione passiva (l’acquisizione delle notizie necessarie per poter valutare le esigenze del contraente), che normalmente avviene attraverso uno strumento (il questionario) preordinato sulla base della struttura di una polizza creata per essere coerente con le caratteristiche del prodotto e
b) in una successiva fase di informazione attiva avente ad oggetto la somministrazione al contraente di informazioni sulle principali caratteristiche del contratto, in modo tale che all’esito di entrambe le fasi si possa sviluppare nel contraente medesimo quella consapevolezza che è essenziale per la conclusione di un valido contratto.

Orbene, se l’agente ha diligentemente raccolto le informazioni previste dal questionario predisposto dall’impresa e ha altrettanto diligentemente consegnato set informativo e quant’altro, non senza aver fatto una illustrazione di quanto contenuto nel “set” dovrebbe forse preoccuparsi di qualcos’altro?
Magari di provare che ha illustrato verbalmente quello che è già scritto nella documentazione consegnata al contraente? Saremmo a mio avviso all’assurdo.

Orbene, per le professioni legali e sanitarie la citata sentenza pone un primo “paletto” in termini di rispondenza del contratto alla “causa in concreto” ( o in termini di adeguatezza) ove lo stesso rispetti “le coordinate di base, inderogabili in pejus, individuando in esse non solo il substrato del modello negoziale “meritevole”, ma, con ciò, la stessa “idoneità” del prodotto assicurativo a salvaguardare gli interessi che entrano nel contratto” (compreso quello dei terzi danneggiati ad essere risarciti del pregiudizio patito), pur sottolineando che tale previsione “si colloca ancora sul piano astratto della standardizzazione del contenuto contrattuale che salvaguardia la garanzia minima per evitare i c.d. “buchi di copertura”, là dove, però … il prodotto assicurativo offerto deve comunque adeguarsi alle esigenze dell’assicurato”.

Per verificare la sussistenza della causa concreta del contratto (ossia della adeguatezza rispetto agli interessi coinvolti) e della sua liceità (intesa come lesione di interessi delle parti tutelati dall’ordinamento) “l’analisi dell’assetto sinallagmatico del contratto assicurativo rappresenta un veicolo utile per apprezzare se, effettivamente, ne sia realizzata la funzione pratica, quale assicurazione adeguata allo scopo … là dove l’emersione di un disequilibrio palese di detto assetto si presta ad essere interpretato come sintomo di carenza della causa in concreto dell’operazione economica”.

In questo senso “la determinazione del premio di polizza assume valore determinante ai fini dell’individuazione del tipo e del limite del rischio assicurato, onde possa reputarsi in concreto rispettato l’equilibrio sinallagmatico tra le reciproche prestazioni (Cass., 30 aprile 2010, n. 10596; ma, in forza di analoga prospettiva, anche Cass., S.U., 28 febbraio 2007, n. 4631) occorrendo “indagare, con la lente del principio di buona fede contrattuale, se lo scopo pratico del regolamento negoziale “on claims made basis” presenti un arbitrario squilibrio giuridico tra rischio assicurato e premio, giacché, nel contratto di assicurazioni contro i danni, la corrispettività si fonda in base ad una relazione oggettiva e coerente con il rischio assicurato, attraverso criteri di calcolo attuariale”.

Proprio tale ultima affermazione sembra escludere che alcuna responsabilità possa essere addebitata all’agente in presenza di un suo comportamento diligente nei termini sopra descritti, essendo inconfutabile che il calcolo attuariale non è di competenza dell’intermediario, ma riservato alle imprese: nulla quindi dovrebbe poter temere l’agente per eventuali carenze tecniche (o squilibri sinallagmatici tra copertura e premio) di concezione del prodotto assicurativo da parte della sua Impresa mandante.

E per le altre professioni o per la RC prodotti? Pur mancando coordinate di base, che individuino il substrato del modello negoziale “meritevole” e l’“idoneità” del prodotto assicurativo, non dovrebbero potersi trarre conclusioni diverse per le medesime ragioni: il calcolo attuariale che sta alla base del premio richiesto sfugge alla competenza tecnica dell’agente, le condizioni normative del prodotto sono stabilite dall’impresa che confeziona anche il set informativo; le une e l’altro devono essere chiari e trasparenti e devono essere accompagnate dai vari documenti di sintesi (DIP e DIP aggiuntivo).

L’agente deve solo raccogliere attraverso l’apposito questionario predisposto dall’impresa le informazioni necessarie per poter verificare la coerenza del prodotto che andrà a proporre con le esigenze del contraente. Fermo restando che l’eventuale inadeguatezza dello stesso sotto il profilo della validità temporale non potrà essere imputata all’agente per le ragioni già brevemente suesposte.

Un’ultima riflessione: le coordinate di base individuano il substrato del modello negoziale “meritevole” e l’“idoneità” del prodotto assicurativo – e di ciò va preso atto – ma ciò nondimeno non valgono ad eliminare potenziali “buchi di copertura” in caso di successione di polizze con diversi assicuratori (prova ne sia l’art.1, comma 26 della legge n.124/2017). Ma questo non è un profilo che possa riguardare l’agente.


1 Cass., sez. un., 6.5.2016, n. 9140, in Foro it. 2016, 10, I, 3190. In dottrina ex multis si veda TARANTINO, La clausola ‘claims made’ non è vessatoria: ma l’ultima parola spetta al giudice in Dir. e giust., 2016, n. 22, 9; GUARNERI, Le clausole claims made c.d. miste tra giudizio di vessatorietà e giudizio di meritevolezza, in Resp. civ. e prev., 2016, 1238; CORRIAS, La clausola claims made al vaglio delle Sezioni Unite: un’analisi a tutto campo, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, 656; FACCI, Le clausole claims made e la meritevolezza di tutela in Resp. civ. e prev., 2016, IV, 1136 in Resp. civ. e prev., 2016, 852, con nota di VERNIZZI, Le Sezioni Unite e le coperture assicurative retroattive, in Danno resp., 2016, 929, con nota di GAZZARA, La meritevolezza della clausola claims made al vaglio delle Sezioni Unite; in Contratti, 2016, 753, con nota di CARNEVALI, La clausola claims made nella sentenza delle Sezioni Unite, in Corr. giur. 2016, 921, con nota di CALVO, Clausole claims made fra meritevolezza e abuso secondo le Sezioni Unite, in Giur. it., 2016, 2602, con nota di MAGNI, Le Sezioni Unite sul contratto di assicurazione della responsabilità civile claims made: contratto valido (a meno che la manipolazione dello schema tipico non ne avveleni la causa).2018, 10, I, 3015 (s.m.) con nota di DE LUCA; in Ridare.it 1 ottobre 2018 con nota di RODOLFI; in Guida al Diritto 2018, 43, 40 con nota di MARTINI.
2 Cass., sez. un. 24.9.2018, n.22437 in Resp.civ e prev., 2019, I, 175 con nota di MIOTTO, Per le sezioni unite la claims made è (sempre stata) «atipica», ma…; in Banca Borsa Titoli di Credito, 2019, 2, 138 con nota di CAMPOBASSO, Evoluzioni e rivoluzioni nella giurisprudenza in tema di assicurazioni claims made; in GiustiziaCivile.com, 2018, 7, con nota di GERVASIO, Tipicità delle clausole claims made e rimedi esperibili dall’assicurato; in Foro it. 2018, 11, I, 3511 con nota di PALMIERI, PARDOLESI, CANDIAN, TASSONE e in Foro it.
3 “Posto che il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, in quanto riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni, non è soggetto al controllo di meritevolezza (di cui all’art. 1322, comma 2,2021, 268 con nota di DE LUCA, Assicurazioni on claim made basis: inadeguatezza del contratto o del rimedio?
c.c.), ma alla verifica (ai sensi del comma 1 della medesima disposizione) della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, deve ritenersi nulla, per difetto di conformità al tipo, la clausola che limita a dodici mesi dalla cessazione della durata del contratto la possibilità di denunciare il sinistro”. Cass., 13.5.2020 n.8894, in Foro it. 2020, 9, I, 2695; in Diritto Bancario, 2021, 448, con nota di MAZZOLA, La clausola claims made and reported: a proposito di alcune criticità nel trapianto giuridico.
4 Cass., 25.2.2021, n.5259, in Assicurazioni,2021, 268 con nota di DE LUCA, Assicurazioni on claim made basis: inadeguatezza del contratto o del rimedio?


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