di Giuliano Foglia
Dopo l’approvazione del decreto sui massimali di spesa relativi ai bonus edilizi da parte del ministero della Transizione Ecologica le forze politiche sono al lavoro per intervenire sull’articolo 28 del decreto Sostegni-ter, aspramente criticato sin dalla sua introduzione. La norma ha previsto il divieto di cessioni plurime dei crediti oltre la prima (effettuata dal beneficiario ovvero dal fornitore che ha operato lo sconto in fattura) determinando un sostanziale blocco del mercato e un clima di incertezza tra gli utenti e tra i player, che allo stato attuale, una volta acquistato il credito potrebbero esclusivamente utilizzarlo in compensazione.

Il divieto di cessioni plurime dei crediti oltre la prima era finalizzato a porre un freno al crescente riscontro di comportamenti fraudolenti dell’utenza, che ha immesso nel mercato crediti non genuini. In base ai dati resi noti dall’Agenzia delle Entrate, gli illeciti riguardano prevalentemente i crediti diversi dal Superbonus e solo in misura residuale quest’ultimo, poiché fin dal principio erano necessari, ai fini della cessione, il visto di conformità e le asseverazioni: per gli altri bonus edilizi invece la necessità di tali adempimenti è stata introdotta con il decreto Antifrodi, poi incorporato nella Legge di Bilancio.

In quest’ottica la modifica in discussione comporterebbe un aumento del numero massimo delle cessioni, probabilmente tre, imponendo tuttavia ulteriori condizioni volte a garantire la circolazione dei soli crediti d’imposta non fraudolenti. Le cessioni plurime sarebbero così concesse solo a banche, intermediari finanziari e in ogni caso soggetti vigilati dalla Banca d’Italia.

Si è discusso anche di un sistema di «certificazione di qualità» dei crediti fiscali, attribuita successivamente ai controlli dell’Agenzia delle Entrate e in grado di tracciare i crediti sin dall’origine. In quest’ultimo caso le difficoltà tecniche sarebbero molteplici, in quanto attualmente i sistemi informatici degli interessati non sono programmati per ricevere tale input; un’ulteriore problematica potrebbe essere legata invece alla privacy dei beneficiari originari, i quali resterebbero oggetto del predetto tracciamento. Le modifiche dovrebbero riguardare anche i crediti d’imposta che, una volta immessi nel mercato, qualora fossero oggetto di sequestro (anche negli anni successivi) da parte delle autorità, potranno essere utilizzati da parte dei cessionari senza attenderne l’eventuale dissequestro ovvero allungandone il periodo di utilizzo successivamente al dissequestro stesso. Se questi correttivi al decreto Sostegni-ter dovessero essere confermati, potrebbero intravedersi le condizioni per la ripresa del mercato, ora bloccato nonostante i numerosissimi cantieri in corso, ancorché sembrerebbero permanere le incertezze per chi ha acquisito i crediti, in particolare per il sistema bancario. Più in generale, infatti, allo stato attuale la posizione dei cessionari è delicata e necessiterebbe di maggiori certezze, anche con riguardo ai crediti già acquisiti.

Dal punto di vista normativo, per i bonus edilizi restano ferme le disposizioni del decreto Rilancio, in ragione delle quali tali soggetti non rispondono della mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione (ma solo per l’eventuale utilizzo in modo irregolare, ovvero in misura maggiore, del credito d’imposta acquisito) e quindi della non genuinità del credito, fatta eccezione delle ipotesi di concorso con il beneficiario nella violazione: categoria giuridica dai contorni nitidi che presuppone un ruolo attivo del cessionario nella frode. Per quanto invece attiene i crediti d’imposta diversi dai bonus edilizi, introdotti per fronteggiare l’emergenza pandemica, la norma non contempla neanche l’ipotesi di responsabilità del cessionario per un eventuale concorso, circoscrivendola al solo utilizzo irregolare o in misura maggiore del credito. In altre parole, oltre l’apprezzabile finalità di contrasto alle frodi, sarebbe parimenti auspicabile un intervento chiarificatore a salvaguardia della posizione dei cessionari, come sollecitato nei giorni scorsi anche dall’Abi. Questi infatti si pongono «a valle» sia di una complessa catena di adempimenti di varia natura che richiedono il controllo – e la relativa responsabilità – dei soggetti indicati dalla normativa (come i professionisti che forniscono le asseverazioni e appongono il visto di conformità) sia del controllo preventivo dell’Agenzia delle Entrate introdotto con il dl Antifrodi. Sarebbe infatti contrario alla finalità delle norme (oltre che al buon senso, paralizzando il mercato) uno scenario in cui i cessionari – per lo più banche e intermediari, che in ogni caso adottano i presidi antiriciclaggio – siano chiamati a pagare le conseguenze delle frodi pur non avendo partecipato alla genesi dei crediti d’imposta, acquistati solo successivamente alla loro definitiva configurazione nei sistemi dell’amministrazione finanziaria e quindi alla finalizzazione dell’eventuale disegno fraudolento. (riproduzione riservata)
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*Foglia & Partners