di Leonardo Comegna
Lo stop alla pensione «Quota 100» è sicuro. Non solo; il nuovo Governo ha anche escluso la ventilata possibilità di ricorrere ad ulteriori proroghe, al fine di evitare il paventato «scalone», che non consentirebbe il pensionamento prima di raggiungere i 67 anni. Richiesto quest’ultimo dalle organizzazioni sindacali al ministro del Lavoro Andrea Orlando. Come procedere dunque? La via più probabile è quella di una vera riforma strutturale dell’intero sistema previdenziale. Con l’obiettivo di garantire solidità e sostenibilità anche nel medio periodo. In maniera da rispondere alle sollecitazioni dell’Europa. Alle quali, come è noto, il Governo Draghi guarda con la massima attenzione.

Agire sui coefficienti. L’unica soluzione praticabile parrebbe quella di agire su particolari soglie di pensionamento e coefficienti di trasformazione. Restando sulla strada del «sistema contributivo». Questo, per abbassare l’impatto del ritorno secco ai pensionamenti «agevolati», allo schema della riforma Fornero del 2011.

La terza strada. Sarebbe quella di collocare l’intervento sulla previdenza all’interno della costruzione di un Welfare, completamente nuovo. Nel discorso alle Camere, il premier Mario Draghi ha tra l’altro ricordato come l’avvento della pandemia abbia contribuito a ridurre sensibilmente la speranza di vita. Di conseguenza, si potrebbe pensare a «un intervento di sistema», con l’obiettivo di produrre un «Testo unico» sulla previdenza. Che riguardi sia il primo pilastro, con l’introduzione anche di «una pensione di garanzia» per chi, nel criterio contributivo (che riguarda anzitutto le giovani generazioni), non potrà più contare su integrazioni al minimo. Sia il famoso «secondo pilastro», attraverso un adeguamento di alcuni aspetti, a partire dai trattamenti fiscali, che non hanno finora consentito un vero decollo della previdenza complementare.


Rafforzare il part-time. In una simile prospettiva gli interventi da effettuare potrebbero spaziare su tanti aspetti contemporaneamente: dall’indicizzazione delle pensioni, all’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione del «tesoretto» accumulato; dalle nuove flessibilità in uscita «sostenibili», all’introduzione di opzioni di part-time e pensione, in grado di rendere più concreti gli obiettivi di allungamento della vita attiva.

Il libro verde Ue. Non va peraltro dimenticato che il prossimo mese di aprile, si chiuderà la pubblica consultazione lanciata dalla Commissione europea sul Libro verde dedicato all’invecchiamento demografico. Se nei prossimi due decenni i Paesi europei vorranno mantenere sistemi pensionistici sostenibili, avverte la Commissione, potrebbero dover estendere la vita lavorativa in media a 70 anni. Una quota che per l’Italia si alzerebbe a 71. Insomma, nel 2040 l’indice di dipendenza degli anziani in Ue, cioè il rapporto fra la popolazione anziana e quella in età lavorativa, rimarrebbe allo stesso livello del 2020 solo se la vita lavorativa fosse estesa all’età di 70 anni. I risultati della consultazione aiuteranno la Commissione a dare indicazioni a tutti gli Stati sulle politiche di sostenibilità più adeguate. Indicazioni cui il governo Draghi darà ovviamente parecchia attenzione. (riproduzione riservata)

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