Il Servizio sanitario nazionale ha di fronte a sé una grande sfida: coniugare la scarsità delle risorse disponibili con la crescente domanda di assistenza sanitaria dovuta a diversi fattori, tra cui una popolazione sempre più longeva. Di fatto, non può garantire una copertura illimitata e, quindi, neppure gestire adeguatamente il flusso di persone che a esso si rivolgono. Il costo è ormai insostenibile. Lo dimostra il IX rapporto Rbm-Censis salute che rileva come ogni regione spenda circa l’80% del proprio bilancio in spese sanitarie. Senza sminuire il Ssn, che rimane risorsa importantissima per il paese, va preso atto dei suoi limiti. Oggi, necessita di essere supportato da un sistema di finanziamento aggiuntivo. Parliamo del secondo pilastro della tutela della salute che offre copertura finanziaria a prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dalla sanità di base. Non si tratterebbe di una soluzione antagonista del sistema pubblico, quanto di una fonte di alimentazione in più. Il contributo verrebbe dalla sanità integrativa, garantita dai fondi sanitari di categoria o aziendali di derivazione contrattuale o comunque associativo-professionale. È una strada già tracciata con il welfare integrativo che dà «dimensione sociale» all’assistenza privata. Puntare sul rafforzamento del secondo welfare risponde alla crescente fragilità sociale. Lo dimostrano iniziative virtuose, come quella che fa capo alla contrattazione Cifa-Confsal che introduce l’obbligo per il datore di lavoro di iscrivere i propri dipendenti al fondo Sanarcom. Ottimi i risultati sul benessere personale e organizzativo riscontrati dalle aziende iscritte al fondo, che, in applicazione dei Ccnl Cifa-Confsal, hanno beneficiato delle prestazioni previste dai ricchi piani sanitari offerti da Sanarcom. Per Cifa e Confsal i fondi sanitari sono un buon supporto per il Ssn in termini di sostenibilità e di efficienza, anche perché riescono ad appianare alcune diseguaglianze dovute alla diversa capacità assistenziale delle Regioni. Tutto questo, però, andrebbe sostenuto da un intervento legislativo che regolamenti il ruolo del secondo pilastro della sanità e che preveda la possibilità per il cittadino di avvalersi di un supporto di tipo privatistico, non solo integrando i due sistemi ma favorendo la loro sinergia.

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