di Nicola Carosielli
In un mondo ormai a trazione sostenibile, tra i miliardi messi a terra per il Recovery Fund e gli impegni annunciati dai colossi del risparmio gestito come BlackRock, stride il sostanziale disinteresse mostrato dai fondi di private equity. Secondo un’indagine di EY, infatti, solo il 24% delle società di private equity ha preso seriamente in considerazione i valori legati alle tematiche Esg (environmental, social and governance) e messo in atto, di conseguenza, un serio processo di valutazione di questi fattori prima di procedere all’acquisto di una società. Anzi, il 32% dei 127 fondi globali intervistati i fattori Esg non li prende in benché minima considerazione, mentre un altro 30% circa sostiene di esaminare questi criteri ma di ritenere comunque i ritorni sull’investimento il principale e unico driver a cui affidarsi. Non stupisce perciò che solo il 25% tiene in considerazione il rischio climatico come una priorità, mentre maggior risalto è dato alla governance (67%).

Una presa di posizione importante che a tendere potrebbe rischiare di creare un corto circuito. Se su 72 investitori istituzionali globali circa il 50% prevede di aumentare le allocazioni su private equity e venture capital, questi sono disposti a farlo solo su fondi rispondenti a criteri Esg. In generale, però, dalla survey emerge anche una certa correlazione tra l’importanza data ai fattori Esg e la size degli investitori istituzionali. Osservando ad esempio gli asset manager, il 41% di quelli con oltre 15 miliardi di dollari d’asset in gestione considera l’Esg una delle tre priorità principali, dopo crescita delle masse e talento, percentuale che si riduce al 29% per le società con masse gestite tra 2,5 e 15 miliardi, fino al 14% per quelli con masse inferiori a 2,5 miliardi. In generale, l’attenzione a questi fattori è comunque cresciuta. Non soltanto perché nel 2016 solo il 2% vi prestava attenzione. Attualmente infatti il 41% delle grandi aziende ha una task force interna per supervisionare gli sforzi Esg, mentre il 34% si affida a un responsabile. Tra quelle di medie dimensioni invece il 37% dispone di un team dedicato e il 12% di un responsabile. Tra le piccole realtà, il 12% ha costituito una task force mentre il 2% si è affidato a un dirigente designato alla supervisione.

Per i private equity diviene dunque fondamentale tener presente quel che pare un reale cambiamento, evitando così di perdere nuove occasioni di business. (riproduzione riservata)

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