Il neo premier non ha ancora rivelato i suoi programmi sulla previdenza, ma le questioni da affrontare non mancano. A partire dallo stop a Quota 100
di Carlo Giuro
Dal discorso con cui Mario Draghi ha chiesto la fiducia al Parlamento emerge l’intento di rilanciare l’Italia proteggendola al contempo dall’emergenza epidemiologica. Tra i numerosi temi tracciati non c’è un riferimento diretto alla previdenza. Va in ogni modo sottolineato come l’intento di voler sostenere l’occupazione (sia con le politiche attive del lavoro, sia supportando con la formazione la creazione di nuove professionalità richieste dal mercato nel settore digitale e della transizione ecologica) apporta a tendere un effetto beneficio sulla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico italiano che si basa sulla ripartizione, con i contributi versati dalla generazione attiva che finanziano il pagamento delle pensioni. Nella stessa logica va letta la volontà di supportare il welfare per garantire la conciliazione vita-lavoro per consentire una maggiore occupazione femminile in senso sostanziale, abbattendo il gap di genere anche in senso meritocratico. Il richiamo poi del premier all’europeismo e al Next Generation Eu come strumento di costruzione di un futuro migliore alle prossime generazioni evoca poi l’importanza anche di un equilibrio del sistema previdenziale che rappresenta una delle espressioni più eloquenti del patto generazionale.

Ricordando come l’anno in corso rappresenta l’ultimo del triennio di sperimentazione di Quota 100 che termina la propria vigenza a fine dicembre e che il precedente governo aveva in corso un tavolo di confronto specifico con le parti sociali (i primi contatti, anche se non specifici sulla previdenza, sono stati già avviati sia dal nuovo premier che dal ministro del lavoro), quali sono i profili da affrontare? Partendo proprio dal dopo Quota 100 l’esigenza è quella di costruire una nuova soluzione di flessibilità in uscita che si affianchi alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata, contemperando le esigenze di sostenibilità finanziaria del sistema con quelle di coloro che vogliono uscire anticipatamente dal mercato del lavoro e , last but not least, delle aziende che hanno esigenza di turnover per rinnovarsi in prospettiva di innovazione. Nell’agenda previdenziale del governo Draghi va ricordato poi come, per accedere alle risorse europee del Recovery Fund, è necessario rispettare anche le raccomandazioni per Paese del Consiglio europeo che all’Italia, per quel che riguarda le pensioni, suggerisce di attuare pienamente le passate riforme al fine di ridurre il peso dei trattamenti previdenziali nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita. Il precedente Esecutivo stava ragionando su canali di pensionamento selettivi su età anticipate in ragione della gravosità del lavoro utilizzando anche gli studi che dovranno essere prodotti dalla specifica Commissione sui lavori usuranti, su un possibile restilyng e stabilizzazione dell’Anticipo pensionistico (Ape) sociale oltre che su altre possibili ipotesi di quote maggiorate con eventuali penalizzazioni in ragione degli anni anticipati.

Tra le possibili novità nel dibattito vi è quella di un utilizzo del contratto di espansione ulteriormente rimodellato, su cui già è intervenuta l’ultima Legge di bilancio. Ulteriori riflessioni sono fornite poi dal recente Rapporto annuale di Itinerari previdenziali. La revisione della normativa Fornero, si legge, è auspicabile si realizzi con una proposta di legge che concluda, almeno per i prossimi 10 anni, il ciclo delle riforme dando certezza ai cittadini con regole semplici e valide per tutti, giovani e anziani, retributivi, misti e contributivi puri. La proposta è quella mantenere i requisiti per la pensione di vecchiaia con 67 anni di età adeguata all’aspettativa di vita e almeno 20 di contribuzione. Quota 100, Ape sociale, Opzione donna e precoci possono essere sostituiti dai fondi esubero che sono già operativi per le banche e assicurazioni e sono a costo zero per lo Stato. Inoltre è necessario reintrodurre la flessibilità in uscita alla base della riforma Dini, consentendo un pensionamento flessibile con, ad esempio, 64 di età anagrafica (adeguata alla aspettativa di vita), con almeno 38 anni di contributi (Quota 102) di cui non più di due anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari) al fine di premiare/incentivare il lavoro e non gli anni di permanenza nel sistema, rendendo stabile la pensione anticipata con circa 42 anni e 10 mesi per gli uomini (un anno in meno per le donne) svincolata dall’aspettativa di vita (al momento è sterilizzata l’indicizzazone fino al 2026) ed eliminando qualsiasi divieto di cumulo. Si potrebbero prevedere anticipi per le donne madri (otto mesi per ogni figlio con un massimo di 24 mesi) e per i precoci ogni anno di lavoro prima dei 19 anni dovrebbe valere 1,25 anni.

Altri temi aperti che il governo Draghi deve affrontare sono rappresentati dall’opportunità di separare spesa previdenziale e spesa assistenziale, l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia per i giovani, la sterilizzazione degli effetti di un pil negativo sul montante contributivo. Di particolare importanza è poi il ruolo della previdenza complementare in un sistema multi-pilastro quale quello italiano, ricordando come nel confronto in corso tra il precedente governo e i sindacati si stesse ragionando della possibilità di prevedere una nuova finestra di silenzio assenso come meccanismo di spinta gentile per incrementare la diffusione dei fondi pensione.
Va opportunamente evidenziato come Draghi, prima dell’incarico in Bce, in un intervento a un seminario di studi al Collegio Carlo Alberto di Torino avesse sottolineato proprio l’importanza delle forme pensionistiche complementari anche con la dotazione di meccanismi life cycle per semplificare le scelte degli individui e meglio sviluppando il mercato delle rendite. Rimarcava poi il ruolo di una corretta informativa previdenziale. Andrà ancora approfondito, in una fase in cui è importante canalizzare le risorse finanziarie per sostenere gli investimenti, il ruolo di investitori istituzionali dei fondi pensione e casse di previdenza. (riproduzione riservata)

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