Uno studio pubblicato dalla Commissione Europea afferma che solamente 1 azienda europea su 3 effettua una valutazione e una esauriente attività di controllo circa il corretto comportamento della propria supply chain in termini di rispetto dei diritti umani e impatto ambientale. Lo studio è stato avviato nel dicembre 2018 all’interno del piano della Commissione Europea per il finanziamento della crescita sostenibile e sarà un documento utile alla definizione degli obiettivi dell’European Green Deal riguardanti lo sviluppo di efficaci sistemi di governance aziendale.

In base ai dati raccolti, emerge che il processo di due diligence portato avanti dalle organizzazioni viene principalmente effettuato nel rapporto con i fornitori diretti, includendo ad esempio, clausole contrattuali, codici di condotta e sistemi di auditing. Poco più di un terzo di queste aziende svolgerebbero tale attività in maniera esauriente.

Si tratta di un dato significativo che si aggiunge alle informazioni raccolte dallo studio realizzato dall’Alliance for Corporate Transparency: solo il 22% delle imprese pubblica informazioni esaustive sul proprio processo di due diligence.

Secondo l’analisi nella maggior parte dei casi, le attività di controllo riguardanti i diritti umani e l’ambiente verrebbero svolte in maniera isolata e non integrata.

Le organizzazioni che hanno partecipato allo studio ritengono che lo sviluppo di maggiori regole, per esempio nel campo del reporting, sarebbe una buona cosa. Su 334 organizzazioni intervistate, il 70% afferma che una regolamentazione più specifica a livello europeo darebbe luogo non solo ad una maggiore coerenza, ma anche a una serie di vantaggi economici. I membri della Commissione Giustizia prendono atto che siano le stesse aziende a enfatizzare i benefici derivanti da una maggiore regolamentazione e ritengono sia giusto prendere in considerazione le loro opinioni.

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