Con la nomina di De Meo in Renault e di Guerra in Lvmh crescono gli italiani alla guida di colossi mondiali. Come Greco in Zurich, Caforio in Bristol-Myers e Belloni, anch’egli alla corte di Arnault

di Luciano Mondellini
Luca De Meo, nominato ufficialmente nuovo ceo di Renault, e Andrea Guerra, che in questi giorni è diventato numero uno della divisione Hospitality Excellence (hotellerie) di Lvmh, non saranno gli unici manager italiani ai vertici di una grande società straniera quando inizieranno (De Meo il 1° luglio e Guerra il 16 marzo) i loro mandati al vertice delle due aziende transalpine. Non sono pochi infatti gli uomini d’affari, che partendo dalla Penisola, si sono fatti strada nel mondo del business fino ad arrivare a guidare giganti industriali o finanziari.

Per il 52enne ex pupillo di Sergio Marchionne, l’arrivo sulla tolda della Losanga non rappresenta soltanto il fatto che sarà il primo manager italiano alla guida di un colosso straniero dell’automobile. Ma anche il punto di arrivo di una carriera iniziata proprio in Renault (dopo la laurea alla Bocconi di Milano) e proseguita in tutto il mondo. Passando per Fiat, dove fece il salto di qualità sotto il manager italo-canadese, per poi continuare in Volkswagen, dove prima nel brand omonimo e poi nelle controllate Audi e Seat (riportata in utile dopo nemmeno un anno dal suo arrivo), si è guadagnato i galloni per conquistare la poltrona più ambita a Boulogne Billancourt. Nella casa francese De Meo avrà il compito di rinsaldare l’equilibrio con gli alleati giapponesi di Nissan-Mitsubishi anche alla luce del patto siglato in settimana, che prevede maggiori poteri alla parte nipponica (Renault però resterà il maggiore azionista dell’alleanza in virtù del 43,4% detenuto in Nissan, che invece ha solo il 15% della casa francese). Se riuscirà, De Meo si potrà iscrivere al club dei grandi ceo dell’automotive cui appartengono alcuni dei suoi maestri.

Un’altra grande sfida è quella intrapresa in settimana da Guerra. Il 54enne ex numero uno di Luxottica e vicepresidente di Eataly, è entrato in Lvmh come capo della divisione Hospitality Excellence oltre che membro del comitato esecutivo del colosso del lusso controllato da Bernard Arnault. Questa divisione è un’entità appositamente creata, che raggruppa gli Hotels Cheval Blanc e gli Hotels & Trains Belmond. E per Guerra rappresenta una nuova frontiera visto che segna il debutto del manager milanese nel settore dell’ospitalità deluxe dopo essere stato per dieci anni ceo di Luxottica. Alla corte di Arnault, Guerra troverà un altro grande manager italiano da esportazione: quell’Antonio Belloni entrato in Lvmh nel 2001 e che ora, a 65 anni, svolge il ruolo di direttore generale delegato del colosso del lusso. Nei fatti è il braccio destro di Arnault. Dopo la laurea in economia all’Università di Pavia, Belloni entrò in Procter & Gamble nel 1978, ricoprendo posizioni di crescente responsabilità in giro per il mondo per poi diventare nel 1999 presidente di Procter & Gamble per l’Europa. Nel 2001 è entrato in Lvmh con la funzione di direttore generale del gruppo nonché di responsabile per la gestione strategica. Nella moda d’altronde non sono pochi gli italiani nelle posizioni di vertice. Alessandro Bogliolo è ceo di Tiffany, lo storico brand di gioielli e Fabrizio Freda è l’amministratore delegato di Estée Lauder (cosmetica).

In Svizzera, un manager italiano che, come Belloni, ha già dimostrato di saper guidare un grande colosso straniero è Mario Greco che dal 2016 è al volante di Zurich, terzo gruppo assicurativo in Europa. Il 60enne manager napoletano ha iniziato la carriera dopo la laurea in Economia a Roma e una specializzazione in Economia internazionale e Teoria monetaria alla Rochester University negli Stati Uniti. Di lì il ritorno in Italia con McKinsey prima di entrare in Ras e poi nella controllante Allianz. Dal 2012 al 2016, dopo un primo periodo in Zurich, è stato amministratore delegato di Generali. Dopodiché è tornato nel colosso svizzero per occupare la poltrona più importante. Sempre nel settore assicurativo, lo storico manager di Generali Sergio Balbinot è ora componente del consiglio di gestione di Allianz con la responsabilità per i mercati dell’Europa Occidentale e Meridionale, India e Asia.

Oltre Atlantico, invece, è italiano uno dei re di New York. Giovanni Caforio è presidente e ceo (dal 2015) di Bristol-Myers Squibb (Bms), colosso statunitense della farmaceutica quotato a Wall Street. Nato a Roma 54 anni fa, Caforio ha ereditato dal padre medico la passione per la medicina. Dopo la laurea in medicina a Roma, nel 1988 è entrato nella sede capitolina di Abbott Laboratories iniziando una carriera internazionale. Nel 2000 Caforio è entrato in Bristol-Myers Squibb tornando a Roma come vicepresidente e general manager dell’Italia. Lo reclutò Lamberto Andreotti (figlio di Giulio), che all’epoca era responsabile Bms per l’Italia e per l’oncologia in Europa. Andreotti diventò poi ceo di Bms nel 2010 e nel 2015 prima di lasciato il posto al suo allievo e concittadino. Sempre negli Usa c’è da segnalare il romano Luca Maestri (56 anni). vicepresidente e direttore finanziario di Apple, diventato uno dei manager più pagati al mondo dopo una laurea alla Luiss di Roma e una carriera spesa in colossi come General Motors, Nokia e Siemens.

Nel settore finanziario non si può dimenticare come l’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli, dopo una carriera trascorsa nelle massime istituzioni finanziarie, sia dal 2014 presidente dell’investment banking per Europa, Medio Oriente e Africa della banca d’affari statunitense JPMorgan. Mentre dal 2018 si è preso una pausa dagli impegni di lavoro Vittorio Colao, manager bresciano da sempre nel mondo delle tlc, che per un decennio (20008-2018) è stato l’ad di Vodafone, colosso della telefonia mondiale. (riproduzione riservata)

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