Se il Portogallo mette fine al regime tax free per gli over 65 anni stranieri, alcuni altri Paesi spalancano loro le braccia. Con tassazione agevolata, basso costo della vita, sanità efficiente e clima accattivante. Ma quanto convengono?

di Teresa Campo
Per un Portogallo che fa una mezza marcia indietro sulle agevolazioni ai pensionati stranieri, tanti altri Paesi continuano invece a volerli attrarre all’interno dei loro confini. Da tempo infatti i cittadini stranieri over 65 anni sono diventati sempre più ambiti dai governi, che se li contendono a suon di esenzioni fiscali: servono ad attrarre capitali e ridare un po’ di linfa quindi l’economia, ma anche a evitare il rischio spopolamento in alcune zone. Non a caso proprio il Portogallo già nel 2009, all’indomani dunque dello scoppio della crisi economica, ha varato il regime tax free per i pensionati esteri che spostavano la residenza nel Paese lusitano. A dieci anni di distanza però ci sta ripensando: nella legge di Bilancio per il 2020 il Partito Socialista (al governo) ha inserito la proposta di portare al 10% la tassazione per i pensionati stranieri con status di «residenti non abituali». Chi li ha già ottenuti comunque (attualmente sono 2.897 i pensionati italiani residenti in Portogallo) continuerà a godere dei benefici concessi. Dal nuovo regime è escluso infatti chi è già iscritto come residente non abituale, chi ha già presentato domanda di iscrizione ed è in attesa di esame e anche chi, già residente, all’entrata in vigore della legge chiederà l’iscrizione fino al 31 marzo 2020 o 2021. Il tutto senza contare che un’aliquota del 10% risulta per molti ancora conveniente.

Per gli altri le alternative comunque non mancano, tenendo presente però che l’aspetto fiscale non è l’unico ad avere importanza: oltre che alle tasse occhio infatti anche a costo della vita, infrastrutture, assistenza sanitaria, prezzo per l’acquisto o affitto di un’abitazione, svaghi, livello di criminalità, clima, lingua. Non solo. Per accedere ai benefici occorre seguire una lunga trafila. Per poter lasciare la residenza fiscale italiana occorre rispettare diverse regole (articolo 2, comma 2 del dpr 917/86), come riportato chiaramente anche nel sito dell’Inps (i dipendenti pubblici non possono per esempio scegliere questa opzione): cancellarsi dall’anagrafe dei residenti in Italia e iscriversi all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero); soggiornare nel Paese prescelto almeno sei mesi più un giorno all’anno (183 giorni) e possibilmente non lasciare in Italia conto corrente, gestioni patrimoniali, immobili o immatricolazione auto, pena il rischio di contestazioni da parte del Fisco, che ovviamente, visto che deve rinunciare a un’entrata, aspetta i transfughi al varco. L’Inps non è infatti obbligata ad accogliere la richiesta di spostamento fiscale: qualora ci sia incertezza in merito ai requisiti previsti può rifiutarsi di applicare l’agevolazione continuando a tassare la pensione secondo i criteri del regime fiscale italiano. Il pensionato potrà tuttavia presentare ricorso e, se lo vince, ottenere il rimborso delle tasse versate all’Italia. I vantaggi del resto per i pensionati possono essere notevoli: l’Italia ha stretto accordi con una serie di Paesi esteri in base ai quali il cittadino che vi si trasferisce non è soggetto a doppia imposizione, ma solo a quella del nuovo Paese. Occhio comunque che, se questa è nulla, il Fisco italiano potrebbe ripensarci. Anche aliquote del 10-15% oppure solo su una parte del reddito, come accade per esempio in Romania, Tunisia, Marocco e Cipro, possono risultare appetibili, specie per gli assegni più elevati: la tassazione media in Italia si aggira intorno al 26% per pensioni intorno a 30 mila euro lordi l’anno, per salire al 34-35% per quelle intorno a 50-60 mila euro.

In ogni caso al momento, oltre al Portogallo, le destinazioni più gettonate dai pensionati italiani sono le isole Canarie in Spagna, dove alla pensione non vengono applicate le imposte regionali o comunali né l’Irpef, quindi l’importo mensile risulta più alto di circa il 15% rispetto a quanto percepito da un residente in Italia. Piace anche la Tunisia, dove si paga un’aliquota del 25% ma solo sul 20% del reddito, e lo stesso vale per il Marocco (23% sul 40% del reddito), mentre in Romania l’aliquota è del 10%. Ci sono invece Paesi, come quelli dell’Europa dell’Est o dell’America Latina, in cui molti pensionati italiani decidono di trasferirsi non tanto per il regime fiscale agevolato quanto per il costo della vita molto basso. In Paesi come Ecuador, Ungheria, Bulgaria o anche Thailandia si vive con molto meno rispetto all’Italia: possono bastare non più di 300 euro per l’affitto e 15 euro per andare al ristorante. (riproduzione riservata)

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