di Laura Bonadies (MF-DowJones)
Accoglienza quasi a braccia aperte da parte del patto di consultazione di Mediobanca, nei confronti di Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica, entrato a sorpresa nel capitale della banca lo scorso autunno. «E’ il benvenuto tra gli azionisti di Mediobanca perché rappresenta un gruppo tra i più importanti in Italia e non credo abbia comprato la partecipazione per venderla domattina, quindi è un investitore che dà una certa stabilità», ha commentato una fonte vicina al patto di consultazione di Piazzetta Cuccia, riunitosi ieri. «Certo, restano alcuni interrogativi sulle sue intenzioni. Per ora siamo fermi a quello che ha dichiarato e cioè che è un investimento finanziario». Il patto (che raggruppa il 12,5% del capitale) dunque non è entrato nel merito dell’operazione ma ha solo mostrato un certo apprezzamento per le mosse di Del Vecchio, oggi il primo socio di Mediobanca con quasi il 10% dopo l’uscita di Unicredit e il ridimensionamento di Vincent Bolloré. Quanto alle intenzioni dell’imprenditore, alcune fonti nei mesi scorsi non escludevano volesse salire oltre il 10%, mossa per la quale però avrebbe bisogno dell’ok delle autorità di vigilanza bancaria. Il suo ingresso in Piazzetta Cuccia ha dato vita a una serie di speculazioni su possibili riassetti che potrebbero coinvolgere anche Generali, in cui sia il fondatore di Luxottica sia Mediobanca sono importanti azionisti. Quanto all’intenzione di Mediolanum (che detiene il 3,28% di Mediobanca più lo 0,66% che fa capo alla famiglia Doris tramite Fin.priv) di uscire dall’azionariato di Piazzetta Cuccia se Del Vecchio dovesse salire al 20%, la fonte ha spiegato che è solo «un problema di rappresentazione in bilancio della partecipazione. Non credo abbia a che fare con questioni di compagine societaria». A oggi comunque Del Vecchio non avrebbe presentato alcuna richiesta in Bce per raddoppiare il proprio peso nel capitale. In generale, la fonte ritiene che «c’è stato un momento in cui i patti erano fondamentali, poi sono passati di moda. Ora il discorso sulle pubblic company ha chiarito che i soci devono per forza parlarsi e garantire al management un certo appoggio. Per cui non c’è una rinascita dei patti ma solo una revisione delle opinioni: non sono un covo di malaffare ma uno strumento di stabilità per la gestione dei gruppi. (riproduzione riservata)

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