Pagina a cura di Marco Ferraro e Michele Sprovieri*

Sono stati circa 8 milioni i ricoveri annui nelle strutture ospedaliere, circa 320 mila pazienti coinvolti in errori o difetti organizzativi (4%), e nuovi contenziosi annui fra 10 mila e 12 mila, in aumento dello 0,15%. Ma buon esordio per gli accertamenti tecnici preventivi, confermati in sentenza nel 90% dei casi.
Sono i dati che fotografano i primi tre anni di applicazione della legge Gelli (legge n. 24/2017), di disciplina della responsabilità sanitaria, nonostante l’obiettivo fosse quello di superare l’impasse creatosi nel settore a causa del peso e dell’onere della medicina difensiva a fronte di ingenti richieste di risarcimento del danno.
Dati, questi, che alimentano la preoccupazione degli operatori di sanità per le azioni giudiziarie intentate nei confronti dei medici e delle strutture, sia pubbliche che private.
Il primo bilancio, sia economico che giuridico, dei primi tre anni dall’entrata in vigore della legge è emerso in occasione dell’evento che si è svolto dal 12 al 14 febbraio 2020 a Roma, presso l’Istituto di medicina legale dell’università La Sapienza, organizzato da Vittorio Fineschi e Paola Frati, docenti ordinari di medicina legale, nel quale si è discusso di sicurezza delle cure, di rischio clinico, dell’impatto di tale sistema sulla gestione del contenzioso, partendo proprio dall’analisi degli effetti dei primi quattro articoli della legge n. 24/2017.
Risk management in ospedale. Per quanto relativo ai sistemi di gestione del rischio clinico e di prevenzione, nel corso dell’evento è stato correttamente evidenziato che l’adozione delle misure di risk management previste dal legislatore, che individuano e definiscono tutti gli interventi finalizzati a identificare, gestire e ridurre i rischi connessi all’attività sanitaria in generale, e quella dei suoi professionisti in particolare, determineranno una diminuzione delle somme a disposizione per le cure del paziente.
Anche per questo, dagli operatori è venuta la richiesta di condividere criteri di gestione comuni e che consentano a tutti gli ospedali di seguire il medesimo approccio; una sorta di linea guida su scala nazionale di gestione del risk management.

Il decalogo della Corte di cassazione. Rassicurazione ha invece espresso, nell’ambito del convegno, Giacomo Travaglino, presidente della III sezione Civile di Cassazione, sulle finalità del cosiddetto «decalogo di San Martino» e delle dieci sentenze della Suprema corte dell’11 novembre 2019, che hanno, di fatto, voluto fissare i criteri interpretativi fondamentali per la responsabilità civile sanitaria e medica ponendo un freno a eventuali difformità interpretative dalla ratio legis della normativa del 2017 a tre anni dalla pubblicazione .
I giudizi di merito. Per quanto riguarda i giudizi di merito, l’applicazione della legge Gelli ha determinato il massiccio ricorso agli accertamenti tecnici preventivi (ATP), ha riferito Alberto Cisterna, presidente della XIII sezione civile del Tribunale di Roma, nel corso del convegno, fino a raggiungere il numero di circa 1.300, in aumento rispetto al pregresso contenzioso, con i successivi giudizi di merito che nel 90% dei casi confermano i risultati raggiunti dalla precedente consulenza.
L’applicazione dei principi enunciati dalla legge Gelli, peraltro, ha consentito di escludere un allungamento dei tempi di accertamento del diritto al risarcimento del danneggiato per l’esclusione dell’esercizio del diritto di regresso della struttura nei confronti dei medici corresponsabili, nel medesimo giudizio.
L’attesa riduzione del contenzioso, evocata da Cisterna come conseguenza della norma della legge Gelli che esclude la possibilità per la struttura sanitaria convenuta in giudizio di coinvolgere il medico, potrebbe non verificarsi. Innanzitutto perché la chiamata del medico da parte della struttura è consentita nella antecedente fase della procedura di accertamento tecnico preventivo.
In secondo luogo, specie in caso di colpa, perché difficilmente il coinvolgimento del medico su iniziativa del danneggiato verrà meno in una fase successiva. Dunque, avremo senz’altro liquidazioni più veloci in favore dei pazienti danneggiati; ma dovremmo aspettarci l’aumento del contenzioso per la instaurazione dei successivi giudizi di rivalsa da parte degli ospedali nei confronti dei medici.
A meno ché le struttura ospedaliere non rinuncino all’azione di recupero.
I decreti ancora mancanti. All’appello manca ancora il decreto attuativo destinato, da una parte, a disciplinare le misure alternative alla polizza assicurativa degli ospedali (cosiddetta autoritenzione, con la costituzione di fondi destinati ai risarcimenti); dall’altra a fissare i requisiti minimi delle polizze.
Questa mancanza di regolamentazione sta provocando, al momento, scelte disomogenee da parte degli ospedali, che non sempre accantonano correttamente le somme destinate ai risarcimenti degli eventuali danni.
L’adozione dei decreti, con la indicazione specifica dei criteri sull’uso dei fondi, renderebbe più efficace inoltre l’attività di analisi dei rischi, di predisposizione di procedure di controllo e di verifica dei risultati ottenuti in termini di sicurezza delle cure.
Analisi del rischio e gestione dei sinistri: 1 a 0. Nonostante la nota positiva della istituzione presso le strutture ospedaliere delle unità dedicate al risk management, ancora passi avanti andranno fatti per la gestione interna dei sinistri e della liquidazione dei danni. Infatti, l’istituzione dei Comitati di valutazione dei sinistri, che si occupano della disamina dell’istruttoria e dei risarcimenti dei danni richiesti, non è sufficiente laddove non siano presenti componenti specializzati di loss adjusting esterni
La valutazione del rischio di soccombenza e di potenziale esborso da parte della struttura necessitano infatti di competenze a cui non è possibile sopperire con la conversione o l’utilizzazione del personale ospedaliero interno privo di competenza ed esperienza specifica.
Non retroattività della legge ma interpretazione estensiva. Un ulteriore aspetto di riflessione deriva dalla lettura delle sentenze del decalogo sulla responsabilità sanitaria dell’11 Novembre 2019, dalle quali si evince la volontà della Corte di cassazione di uniformare l’interpretazione degli istituti della responsabilità sanitaria e di estendere la ratio di tutela del danneggiato anche a fatti che si siano verificati prima della pubblicazione della legge Gelli (si veda articolo nella pagina successiva).
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