Il Giappone ha allungato l’età lavorativa, la Svezia punta sull’assistenza e l’Australia cambia sistema previdenziale Ecco come alcuni Paesi stanno affrontando la bomba demografica

L’idea di trasferirsi in una casa di assistenza per anziani è respinta dalla maggior parte degli americani, ma molti svedesi devono faticare per poterlo fare. I genitori anziani negli Stati Uniti possono raccomandarsi con i figli adulti di ricordarsi di andare a trovarli, ma la Cina lo richiede per legge. Visitate i parchi giochi in Giappone e troverete attrezzature per il fitness a misura di anziano invece di scivoli e toboga. Reshma Kapadia di Barron’s, il settimanale del gruppo Dow Jones che pubblica The Wall Street Journal, ha fatto un tour per vedere come alcuni Paesi molto diversi tra loro stanno affrontando il boom dell’invecchiamento globale e come stanno affrontando l’incombente crisi pensionistica.
A livello globale ci sono più adulti sopra i 65 anni che bambini sotto i 5. Ed entro il 2050 una persona su sei avrà più di 65 anni, secondo le ultime stime Onu. E sarà un grosso problema. La sfida è: come possono i Paesi trovare modi sostenibili dal punto di vista fiscale e dei conti pubblici per supportare una vita più lunga senza mandare in bancarotta i governi, sovraccaricare i giovani o abbandonare coloro che hanno bisogno di cure?
Il Giappone è all’avanguardia in questa tendenza, perché il 28% della popolazione ha già 65 anni o più e ciò lo costringe ad affrontare la sfida a testa alta. La Cina ha un po’ più di tempo per organizzarsi, ma non molto: la sua società sta invecchiando più velocemente di qualsiasi altra. Anche la Svezia, che si colloca regolarmente ai primi posti nelle liste dei Paesi preparati al pensionamento e come uno dei luoghi più felici per gli anziani, deve far fronte a pressioni di bilancio pubblico, dato che gli ultraottantenni diventano la parte della popolazione che cresce più rapidamente.
In occasione della riunione del G-20 di quest’estate i principali responsabili politici mondiali hanno identificato per la prima volta l’invecchiamento come un rischio da affrontare. Uno sguardo in giro per il mondo offre scorci di ciò che funziona e punti di arretramento. Barron’s ha chiesto ad accademici ed esperti dell’industria dell’invecchiamento di tutto il mondo quali Paesi offrano lezioni su come affrontare i vari aspetti del fenomeno, tra cui il lavoro più lungo, i risparmi per la pensione, l’assistenza a lungo termine e il caregiving.

Il Giappone punta a lavorare più a lungo. In Giappone lo Stato festeggia il centenario dei cittadini inviando loro una ciotola di sake. Originariamente in argento, le ciotole sono ora solo argentate, dato che l’esplosione del numero dei centenari mette a prova il budget. Il Giappone è il punto di partenza per l’invecchiamento: ha l’aspettativa di vita maggiore del mondo e un tasso di fertilità basso, che contribuiscono alla carenza di manodopera e mettono sotto pressione il sistema pensionistico. Vanta anche uno dei tassi di partecipazione alla forza lavoro più alti al mondo tra gli adulti più anziani; il 59% degli uomini tra i 65 e i 69 anni lavora ancora contro il 38% negli Usa.
Il Giappone ha accantonato la generosità del suo sistema pensionistico nazionale e ha gradualmente aumentato l’età di pensionamento, attualmente di 65 anni, anche se il premier Shinzo Abe sta considerando di innalzarla oltre i 70 anni. Anche l’età pensionabile nella Corporate Japan sta cambiando. Il Giappone sta fornendo incentivi alle aziende per mantenere i dipendenti in età pensionabile e richiede alle aziende di riassumere coloro che vogliono ancora lavorare dopo i 60 anni, anche con livelli di retribuzione e responsabilità più bassi.
Ma il denaro non è la ragione principale per cui molti giapponesi lavorano ben oltre i 65 anni. L’impegno sociale e il senso di ikigai, l’idea che la propria vita è ancora degna di essere vissuta, sono tra le motivazioni più importanti. Quasi il 70% degli anziani vuole lavorare oltre i 65 anni, ma solo il 20% è effettivamente occupato. Il governo giapponese sta cercando di cambiare questa situazione facendo dell’espansione delle opportunità di lavoro per gli anziani una componente-chiave della strategia nazionale per rivitalizzare l’economia. I suoi Silver Human Resource Center offrono opportunità di lavoro a breve termine e con salari bassi, ma il programma rappresenta comunque un modello che potrebbe essere emulato, considerando per esempio che quando gli anziani rimangono attivi si riducono i costi sanitari.

L’Australia ha cambiato come finanziare la pensione. Far lavorare più a lungo le persone è un modo per migliorare il tenore di vita degli anziani senza aumentare l’onere per i giovani. Un altro è aiutare i dipendenti a risparmiare di più durante gli anni di lavoro. Nessun Paese ha bilanciato perfettamente le due cose, ma l’approccio dell’Australia è uno dei migliori, dice Richard Jackson, fondatore del Global Aging Institute, che ha rilevato come il Paese sia tra le economie sviluppate più sviluppate in termini di sostenibilità fiscale e adeguatezza del reddito del sistema pensionistico. L’Australia si è trovata in passato in una situazione di crisi di sostenibilità previdenziale. A metà degli anni ‘80 ha avvertito i cittadini dell’enorme rischio economico che si prospettava se la loro pensione finanziata dal governo non si fosse trasformata in una pensione in gran parte finanziata dal risparmio privato E allora il Paese ha attuato riforme radicali e introdotto un sistema pensionistico obbligatorio completamente finanziato dai datori di lavoro, noto come Superannuation. Il conto a ripartizione, lanciato nel 1992, richiedeva un contributo obbligatorio da parte dei datori di lavoro, che attualmente è del 9,5% e salirà al 12% del reddito dei dipendenti nel 2025. L’Australia ha anche istituito una pensione di vecchiaia minima. Questo va ad aggiungersi a tutti i conti Super che scendono al di sotto di un certo livello. Circa tre quarti dei pensionati riceve ancora qualche beneficio dal governo. Ma entro il 2030, quando matureranno i conti Super, meno del 10% della popolazione avrà bisogno del sussidio. Per i salariati medi in Australia il sistema sostituirà il 43% del reddito al momento del pensionamento. Anche l’Australia sta gradualmente innalzando l’età alla quale le persone possono attingere al Super. Per i nati prima del luglio 1960 è di 55 anni e per i nati dopo il giugno 1964 diventa 60. E sta aumentando anche l’età di accesso alla pensione di vecchiaia: da 65 a 67 anni entro il 2023.

Svezia, è corsa per l’assistenza a lungo termine. L’assistenza sanitaria a lungo termine, se non è a carico dello Stato, può prosciugare i risparmi di una vita. In Svezia è lo Stato che offre un’assistenza a lungo termine universale, anche per assenza del concetto di sostegno famigliare: solo il 5% degli anziani svedesi vive in famiglie multigenerazionali rispetto al 20% di Stati Uniti e Australia e al 60% e oltre di Messico, Cina e India. «Tutti mettono i genitori in una casa per anziani; lo chiedono i genitori stessi», dice Marta Szebehely, docente di Assistenza Sociale all’università di Stoccolma. Ma mentre il modello di struttura di assistenza residenziale negli Stati Uniti ricalca quello di un ospedale, in Svezia è più una casa di famiglia. Le strutture tendono a essere più piccole, con una decina di appartamenti che condividono un’area comune. Tutte le cure, sia a domicilio che in struttura residenziale, sono regolamentate. Ciononostante anche in Svezia la spesa non ha tenuto il passo con l’invecchiamento della popolazione, sovraccaricando il sistema e riducendo il numero di posti disponibili nelle strutture. I tagli si sono tradotti in una maggiore attesa da parte degli anziani.

In Cina si visitano i parenti per legge. In Cina la pietà filiale è radicata nella cultura; il Paese nel 2013 ha approvato una legge che impone ai figli di visitare i genitori anziani. I numeri: entro il 2030 360 milioni di cinesi avranno più di 60 anni. Nessun altro Paese deve già far fronte a così tante famiglie sostenute da così pochi bambini.
Quarant’anni fa, prima che la Cina passasse all’economia di mercato, circa l’80% della popolazione viveva in campagna. Gli anziani vivevano con le loro famiglie. La migrazione di massa verso la città ha cambiato rapidamente la dinamica famigliare; ora più della metà degli adulti cinesi più anziani, 100 milioni, non vive con i figli.
Con meno membri della famiglia che si occupano degli anziani, la Cina ha cominciato a costruire un’industria dell’assistenza a lungo termine. Il governo ha dato priorità al miglioramento dell’assistenza sanitaria per gli anziani, compresi i servizi a lungo termine e di riabilitazione. Ha anche chiesto la creazione di almeno una casa di cura professionale in ogni città. Inoltre Pechino sta incoraggiando le strutture di assistenza agli anziani ad adottare tecnologie, tra cui la tele-medicina, sensori e altri dispositivi di monitoraggio, per mantenere gli anziani al sicuro, e letti che possono trasformarsi in sedie a rotelle per alleviare la necessità di assistenza per alzarsi e muoversi.
L’onere dell’assistenza emergerà come un problema sociale tra cinque anni e raggiungerà il suo apice nel giro di un decennio. Ciò potrebbe spingere la Cina a intraprendere azioni più aggressive, soprattutto nell’affrontare il divario urbano-rurale per l’assistenza agli anziani. E se i robot probabilmente non sostituiranno molto presto gli operatori sanitari, la tecnologia legata all’età potrà rendere più facile il loro lavoro. (riproduzione riservata)

Fonte: