di Francesco Bertolino

Aumentano gli investimenti delle imprese italiane in intelligenza artificiale. Nel 2019 il giro d’affari dell’AI nel Paese (servizi, software e hardware) è salito a 200 milioni di euro. Dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano emerge un mercato ancora piccolo, se confrontato con altri Paesi europei, ma di crescente dinamismo. Le società italiane sono responsabili del 78% della spesa (156 milioni), mentre il restante 22% deriva dall’estero. I settori più attivi sono banche e finanza (25% del mercato), seguite da manifattura (13%), utility (13%) e assicurazioni (12%). Circa un terzo degli investimenti hanno riguardato lo sviluppo di algoritmi per analizzare ed estrarre informazioni dai dati, mentre i progetti di comprensione del linguaggio umano e di assistenti virtuali hanno assorbito il 28% delle risorse. Come si vede, le imprese italiane applicano l’intelligenza artificiale soprattutto per servizi B2B: oggi, stima la ricerca, solo il 19% della spesa totale delle famiglie italiane è indirizzato a categorie con almeno un prodotto o un servizio che contiene AI. Gli spazi di crescita, perciò, sono ampi, ma per sfruttarli occorrerà dare continuità agli investimenti.

Solo un quinto dei progetti di AI sviluppati dalle aziende è a regime, mentre l’11% è in via di implementazione, il 23% in fase di sperimentazione e il 12% allo stato di ideazione. Chi ha già adottato soluzioni di intelligenza artificiale, comunque, non ha riscontrato effetti di sostituzione del lavoro umano, apprezzando invece la possibilità di destinare i lavoratori a mansioni a maggior valore aggiunto. «Si evidenzia però un rischio di polarizzazione e di inasprimento delle diseguaglianze sociali, in virtù della forte domanda di competenze specialistiche», segnala Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence. «A ciò si aggiunge lo squilibrio che deriva dalla concentrazione del patrimonio informativo nelle mani di pochi soggetti globali, un terreno su cui dovrebbero concentrarsi le riflessioni e le azioni delle autorità, nazionali e internazionali». Non a caso, la strategia digitale della Commissione europea prevede un ambizioso piano di investimenti in tecnologia, una parte consistente dei quali dovrebbe andare a supporto di progetti intelligenza artificiale. Con benefici anche per il sistema italiano. «Dal Piano Italiano per l’AI ci si aspetta l’attivazione di investimenti pubblici dedicati allo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di AI per circa un miliardo di euro entro il 2025, supportata dallo stesso ammontare dal mondo privato», osserva Nicola Gatti, direttore dell’Osservatorio. Si potrebbero così avvicinare le cifre messe sul piatto da Regno Unito (2 miliardi), Germania (500 milioni), e Francia (450 milioni). Lo stimolo degli investimenti pubblici potrebbe anche favorire la crescita di imprese innovative che in Italia soffrono per la mancanza di capitali: nel triennio 2017-2019 le startup specializzate in intelligenza artificiale hanno raccolto complessivamente 8 milioni di dollari. (riproduzione riservata)

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