di Giusi Carretto

Il coronavirus colpisce il cuore dell’economia cinese. Pechino potrebbe rivedere i target di crescita per il 2020, mentre il governo studia misure a sostegno dell’economia. E negli ultimi sei mesi è stato il Giappone il primo detentore straniero di titoli del debito pubblico americano, superando proprio la Cina. Ecco tutte le ultime novità.
Cina taglia stime. La Cina potrebbe tagliare le stime di crescita per il 2020. Se lo farà e quanto, lo si capirà a marzo, quando generalmente vengono rese pubbliche le previsioni di crescita. Secondo gli economisti, per il 2020, la Cina dovrebbe puntare a una crescita «attorno al 6%» dopo il range 6-6,5% fissato per il 2019, chiuso con una crescita del 6,1%», spiega Bloomberg.
Le mosse di Pechino per attenuare i colpi. Intanto, la banca centrale cinese muove i primi passi per limitare l’impatto economico del coronavirus, per evitare che i mercati precipitano. La Banca ha deciso di fornire finanziamenti a breve termine, tagliando il tasso di interesse, con l’obiettivo di «garantire ampia liquidità durante il periodo speciale di controllo dei virus».
Servono politiche per il futuro. «È un momento difficile e la banca centrale deve aspettare per vedere come va», ha dichiarato Nie Wen, economista della Huabao Trust Co. di Shanghai. «Deve assicurarsi che l’economia possa crescere costantemente lasciando spazio alle politiche per il futuro; la prossima settimana o due saranno cruciali per loro per decidere se gli shock economici sarebbero temporanei o si estenderanno nel medio termine».
Conseguenze peggiori della Sars? Nell’attesa di possibili nuovi passi della banca centrale, analisti e broker concordano su un possibile taglio delle stime di crescita. Secondo alcuni, «nel primo trimestre il Pil cinese potrebbe faticare a crescere del 5% (almeno 100 punti base meno delle precedenti stime), mentre su scala globale l’urto potrebbe costare tra lo 0,2% lo 0,3% (contro la sottrazione dello 0,1% all’espansione globale registrata nel caso della Sars)», ha scritto il Sole 24 Ore.
A pensare che le cose potrebbero andare peggio di come sono andate con la Sars è Nomura International.
Una cina diversa. Ma la Cina di oggi non è quella del 2003. «Molte persone tendono a usare la Sars nel 2003 come riferimento per valutare l’impatto economico. Ma la forza economica della Cina, le fondamenta materiali e la capacità di rispondere alle emergenze sono significativamente più forti rispetto al 2003», ha dichiarato Lian Weiliang, vicedirettore della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme. «Siamo pienamente in grado e sicuri di ridurre al minimo l’impatto dell’epidemia sull’economia».
Supply chain produttiva: rivoluzione in corso? Non è sicuro, invece, delle capacità della Cina il segretario al Commercio statunitense Wilbur Ross, che arriva anche a ipotizzare che il coronavirus e la conseguente crisi dell’economia potrebbe accelerare un processo di ridefinizione delle supply chain produttive da parte delle multinazionali. La situazione «penso che agevolerà il ritorno di posti di lavoro in Nordamerica. Un po’ negli Usa, probabilmente altri in Messico», ha dichiarato Ross tre giorni fa.
L’accordo Usa-Cina non tiene? Guardando agli Stati Uniti, ci sono anche altre conseguenze che potrebbero interessare Washington. Le prossime difficoltà economiche, infatti, potrebbero mettere a rischio la tregua commerciale Usa-Cina, con Pechino che difficilmente potrà incrementare gli acquisti cinesi negli States rispetto al 2017 (un extra di 76,7 miliardi di dollari quest’anno e di 123,3 miliardi nel 2021).
Il Giappone sorpassa la Cina come detentore di debito Usa. Indipendentemente da quello che sarà, che qualche equilibrio economico in Asia stia cambiando sembra essere evidente. Già negli ultimi sei mesi del 2019, infatti, il Giappone ha superato la Cina per essere il primo detentore straniero di titoli del debito pubblico americano, scrive oggi il Financial Times.
L’Asia verso nuovi equilibri? Questo, secondo gli analisti di Oxford Economics, testimonierebbe che l’«offerta asiatica» si sta rimodellando, rispecchiando un legame sempre più forte tra il Giappone e l’estero.
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