Per trasformare le regioni meridionali in una nuova Florida o nel nuovo Portogallo, l’Italia propone un’imposta sostitutiva al 7% per 5 anni. Ma la norma resta poco competitiva

di Andrea Pira
In pensione godendosi le spiagge di Budoni o del Golfo di Orosei anziché le rive dell’Atlantico ad Algarve. Guardava al Portogallo la norma italiana per invogliare i pensionati a trasferirsi al Sud contribuendo così a dare nuova vita a paesini a rischio spopolamento. E proprio ora che a Lisbona il nuovo governo guidato da Antonio Costa sta pensando una parziale marcia indietro sulla detassazione totale per dieci anni imponendo un’aliquota al 10%, la versione nazionale introdotta con la legge di Bilancio 2018 potrebbe recuperare quell’appeal che la scelta di introdurre di un’imposta sostitutiva al 7% per cinque anni sui redditi prodotti all’estero (le aveva in parte tolto rispetto alle condizioni offerte da altri Paesi. «Difficile che qualcuno si sposti in Italia quando ci sono nazioni, come la Germania, dove le tasse sulle pensioni sono al 3%», commenta, a colloquio con MF-Milano Finanza, Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali.
Così come concepita dal passato governo e in base alle regole dettate lo scorso maggio dall’Agenzia delle Entrate, per godere della tassazione ridotta i pensionati avranno l’obbligo di residenza in comuni con meno di 20 mila abitanti in Abruzzo, Basilicata, Calabria Campania, Molise, Puglia, Sardegna o Sicilia. Altro paletto posto dalle Entrate: occorre non aver vissuto in Italia nei cinque anni precedenti e l’ultima residenza fiscale deve essere in un Paese con il quale sono in vigore accordi nel settore fiscale.

Restano inoltre fuori quanti percepiscono pensioni Inps e vogliono ritornare nella Penisola, magari dopo aver preso la strada del Portogallo o di Cipro o di altri Paesi. Ma la voglia di competere con Lisbona & C deve attendere un miglioramento necessario della misura. Per avere dati certi occorrerà attendere il 2021. Così come è stata concepita la norma è comunque lontana da come lo strumento per rendere attraente il Mezzogiorno d’Italia era stato pensato. Lo stesso Brambilla, in qualità di esperto, era stato contattato dal governo. Per importare l’esempio lusitano «la nostra idea era applicare l’esenzione totale dalle imposte per i primi dieci anni ai pensionati italiani o stranieri che trasferiscono la residenza fiscale in tre regioni pilota, ossia Sicilia, Sardegna e Calabria». Una misura sperimentale quindi che riprendendo il modello delle Zone economiche speciali dava vita a Zone sociali.
«La volontà era di creare dei piccoli gioielli. I comuni interessati non sarebbero dovuti essere tutti quelli sotto i 20 mila abitanti, ma soltanto quelli capaci di garantire adeguati requisiti di sicurezza, presidi sanitari e buoni livelli di servizi per la cura della persona, un buon servizio di raccolta differenziata», spiega ancora Brambilla, «in questo modo si voleva favorire il tessuto sociale di aree spesso disagiate o afflitte da fenomeni di criminalità, ancora mettendo i giovani nelle condizioni di non andarsene, in particolare a quelli con un’istruzione elevata, offendo loro opportunità».

Nel 2018, secondo le stime elaborate da Itinerari Previdenziali, partendo da una spesa media annua per famiglia attorno ai 20 mila euro, si calcolava che trascorsi tre anni dall’avvio del progetto, con 100 mila famiglie trasferite, quindi circa 200 mila persone, l’ammontare di spesa potesse arrivare a circa 2 miliardi di euro. In questo modo si potrebbe recuperare lo spirito della legislazione portoghese, adottata dopo la crisi del 2009, per dare nuova linfa all’economia nazionale. Il progetto era inoltre destinato a recuperare quella cifra di 50 mila espatriati con la pensione in regime nazionale. Ossia una fascia al momento esclusa dalla normativa. Si pensi a chi è andato proprio in Portogallo. «L’unico vincolo è che debbano risiedere normalmente nel Paese, in molti casi si parla tuttavia della metà dell’anno più un giorno». Un’esclusione rimarcata dalla stessa Agenzia delle Entrate con una risposta a un pensionato tra i primi a prendere la via lusitana.
Altro nodo lasciato irrisolto: gli italiani che sono andati all’estero scelgono di rientrare in Italia per motivi legati alla cura della salute, usufruendo del servizio sanitario nazionale e poi svernando all’estero usufruendo di un regime fiscale di favore.
«Mi sposto al Sud» era anche la linea della proposta promossa da Fratelli d’Italia a zero tasse o quasi. Il partito di Giorgia Meloni, trovando una sponda nell’allora maggioranza, aveva puntato a invogliare quanti si sarebbero trasferiti con un’aliquota forfettaria sostitutiva di appena 6 mila euro all’anno, fino a un massimo di dieci anni. Unico obbligo della soluzione presentata dal senatore Adolfo Urso, quello di non essere stati fiscalmente residenti in Italia nei nove anni precedenti l’esercizio dell’opzione. Ora che anche il Portogallo cambia le regole per il Mezzogiorno è un’occasione in più che non può essere sprecata. (riproduzione riservata)

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