di Antonella Massari – segretario generale Aipb – Associazione Italiana Private Banking

È oramai ampiamente riconosciuto il ruolo centrale che il settore del private banking riveste nella gestione dei grandi patrimoni. Un’industria che ha raggiunto un importante grado di maturità, come dimostrato dalla costante crescita della penetrazione del servizio tra le famiglie italiane più facoltose (800 miliardi di euro gestiti, pari a circa un terzo di tutta la ricchezza finanziaria investibile delle famiglie), ma anche un’industria che oggi può compiere un ulteriore passo in avanti, abbinando alla consulenza per la gestione dei patrimoni il supporto attivo alle strategie di crescita delle piccole e medie imprese, facendo leva su un forte rapporto fiduciario costruito nel tempo con i propri clienti-imprenditori, oggi il 20% della clientela complessiva.

In questo contesto, il private banking diventa un prezioso alleato della piccola-media impresa e può assumersi anche un ruolo di sostegno indiretto alla crescita dell’economia italiana. Basta considerare che il 99% delle imprese italiane sono Pmi, generano il 79% dei posti di lavoro e l’85% sono rappresentate da imprese familiari. Gli imprenditori sono i veri protagonisti della crescita e dello sviluppo del Paese attraverso, ad esempio, il successo dimostrato nel penetrare i mercati internazionali. Secondo il Trade Performance Index del Wto il nostro Paese è secondo dopo la Germania tra i principali attori del commercio internazionale e questo risultato è sicuramente in gran parte da attribuire ai punti di forza del nostro tessuto manifatturiero fatto di Pmi caratterizzate da flessibilità, creatività, cura artigianale dei prodotti, adattabilità ai bisogni della clientela ed elevata specializzazione. D’altra parte, non si possono tralasciare alcuni fattori di debolezza che potrebbero minarne la competitività nel tempo in mercati globali, come la dimensione, i limiti agli investimenti in innovazione e in strategie di crescita di lungo periodo, la presenza di modelli di governante tradizionali poco adatti alle nuove sfide poste dall’ampliamento della concorrenza internazionale. Tutte criticità che devono essere superate per liberare appieno il potenziale.

L’Osservatorio Aipb su un campione significativo di clienti private imprenditori, conferma la presenza di fonti di finanziamento poco diversificate, sbilanciate verso il credito bancario, bassa propensione a forme alternative di reperimento di capitale e ancora poca apertura del capitale ai terzi. Migliorabili appaiono anche i sistemi di governance aziendale con particolare riguardo ai processi relativi al ricambio generazionale. Lo stesso Osservatorio Aipb conferma che i passaggi generazionali sono ancora guidati da dinamiche emotive, più che dalla sostenibilità dell’impresa. Emergono infatti ritardi nelle scelte legate alla successione, per lo più a causa delle difficoltà nella gestione emotiva legata al cambiamento. Molti imprenditori sostengono di averci pensato ma di non aver posto in essere azioni concrete. Solo il 19% degli imprenditori ha cominciato a trasferire il proprio patrimonio aziendale. Sale leggermente la percentuale (26%) quando si parla invece di patrimonio finanziario. L’indagine Aipb rivela anche che l’imprenditore è pronto ad accogliere proposte di soluzioni che lo supportino nei momenti di discontinuità (il 68%, contro un 13% che pensa di poter gestire da soli le fasi critiche del ciclo di vita dell’azienda). Resta comunque ancora un 20% che dichiara di non avere ancora le idee chiare su competenze e soluzioni necessarie. In quest’ottica, il private banking può giocare un ruolo importante. Forte della professionalità dei propri consulenti e della conoscenza diretta degli imprenditori, su queste basi il private banking sta affermandosi come punto di riferimento per i propri clienti nella definizione di percorsi di crescita e di trasmissione dell’impresa. Il 60% dei clienti private ha infatti dichiarato di essere propenso a chiedere supporto al proprio banker per la gestione di scelte complesse riguardanti la propria azienda.

Dall’Osservatorio emerge come il private banker e il cliente-imprenditore abbiano costruito una relazione di fiducia consolidata nel tempo (13 anni in media) e come l’imprenditore riconosca al banker, oltre alle professionalità tecniche anche abilità più trasversali, fondamentali per dialogare sui temi dell’impresa. Il private banker si conferma quindi il primo interlocutore su molte tematiche consulenziali extra finanziarie. Un presupposto essenziale per essere il partner globale del cliente, e svolgere un ruolo da pivot tra le diverse professionalità necessarie nei momenti di discontinuità, comunque sempre al fianco dell’imprenditore quando si tratta di implementare investimenti e strategie di crescita di lungo periodo. (riproduzione riservata)

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