Dopo un 2018 in frenata, i titoli del gestito hanno iniziato l’anno in forte rialzo grazie alla ripresa dei mercati, che ha spinto raccolta e rendimenti dei fondi comuni. Chi ne ha approfittato di più
di Roberta Castellarin e Paola Valentini

Il dividendo 2018 di 1,25 euro che Banca Generali distribuirà la prossima primavera rappresenta un rendimento del 6%. Quello di Banca Mediolanum (0,4 euro) il 7%. Mentre Azimut rende l’8,5% sulla base di una cedola stimata di 1 euro. Nonostante il tutt’altro che brillante andamento dei listini dello scorso anno, le quotate dell’asset management che finora hanno pubblicato i dati mostrano una buona tenuta dei conti 2018 e hanno mantenuto le promesse di dividendo. Nel frattempo i rendimenti dei fondi e delle gestioni sono in recupero. La ripresa delle borse, che in media hanno messo a segno un rialzo del 6-8% da gennaio a oggi, ha permesso alle società di gestione di tornare a mostrare segni positivi nei loro portafogli, dopo un 2018 da dimenticare. Ad esempio Azimut ha avuto una performance media ponderata netta del +3,5% a gennaio, oltre l’1% superiore a quella dell’industria.

Non a caso «il nuovo anno si è aperto con un andamento positivo della raccolta, che con oltre 550 milioni di euro ci vede al vertice delle società quotate per flussi in entrata a gennaio», ha affermato il presidente del gruppo Pietro Giuliani. E a beneficiare del rialzo dei listini non è soltanto la raccolta, ma di riflesso anche gli stessi titoli delle società quotate del risparmio gestito che da inizio anno registrano performance positive, anche se la strada per recuperare i ribassi a doppia cifra del 2018 è ancora lunga. Ad esempio l’azione Azimut , che era stata la più penalizzata nel 2018 (con un -40%), dall’avvio del 2019 fa il +27%, Banca Generali sfiora il +18%, Fineco supera il +18%, Mediolanum segna quasi il +14% Viene dunque da chiedersi se scommettere su un ulteriore rimbalzo delle azioni sostenuto da un sentiment più positivo sui mercati di cui sta beneficiando l’attività di raccolta e quindi di riflesso le commissioni incassate da questi gruppi che sono calcolate sulle masse (quelle di gestione) o sui rendimenti (quelle di performance).
Infatti se Azimut a gennaio ha ottenuto flussi più che tripli rispetto ai 163 milioni di dicembre 2018, per Banca Generali , guidata dall’ad Gian Maria Mossa, il saldo di gennaio è risultato positivo per 430 milioni, in sensibile crescita rispetto agli ultimi mesi del 2018. Anima ha registrato una raccolta netta di risparmio gestito (escluse le deleghe assicurative di ramo I) nel mese di 142 milioni, il doppio dai 75 milioni di dicembre.

Il gruppo guidato dall’ad Marco Carreri sottolinea che il totale delle masse gestite a fine mese è salito a 91 miliardi, in miglioramento di oltre 2 miliardi rispetto al dato di fine dicembre 2018 grazie al positivo avvio dell’anno sui mercati (mentre considerando le masse assicurative gli asset sono di 176 miliardi). Per Banca Mediolanum la raccolta netta totale di gennaio ammonta a 233 milioni dai 908 milioni di dicembre. A frenare il saldo del gruppo guidato dall’ad Massimo Doris è stata anche l’incertezza relativa alla normativa sui Pir che in questo avvio d’anno ha bloccato la raccolta su questi strumenti di cui il gruppo è leader di mercato in termini di masse in gestione. Ma i decreti attuativi sulle nuove disposizioni introdotte dalla legge di Bilancio 2019 sono attesi a breve e quindi il gruppo nel 2019 si attende di superare la raccolta del 2018 che è stata di oltre 4 miliardi. Fineco a gennaio ha ottenuto 348 milioni dai 797 milioni di dicembre.
Ma il gruppo guidato dall’ad Alessandro Foti ha spiegato che questo risultato è stato ottenuto «senza fare ricorso a politiche commerciali di breve periodo». Inoltre l’asset mix di Fineco è tornato ad essere maggiormente orientato verso il risparmio gestito (40% sul totale raccolta netta, sostenuto dalla nuova generazione di prodotti e servizi), che offre margini superiori rispetto al risparmio amministrato. E proprio la tenuta dei margini è un problema che le società di raccolta e gestione del risparmio si trovano ad affrontare per via di sempre maggiori pressioni sui costi, a partire dalla nuova normativa sulla trasparenza della Mifid 2, in un contesto macro di non facile interpretazione.
Ma per ora sembra che le reti abbiano arginato questo problema con interventi sulle strutture delle commissioni che puntano a proteggere la redditività. Ad esempio Mediobanca Securities osserva che «nel quarto trimestre 2018 le commissioni di gestione di Banca Mediolanum sono diminuite dell’8%, in termini annualizzati, principalmente per via della profonda correzione dei mercati. Guardando avanti, il management si aspetta un ulteriore declino, circa 5 punti base, anche per via dello stop alla vendita della classe S dei fondi, sebbene questo calo sarà più che compensato dal repricing della voce altri costi».

Anche Azimut ha rivisto le commissioni. Il gruppo ha annunciato nei giorni scorsi un nuovo metodo di calcolo delle performance fees sui fondi lussemburghesi che comporterà, spiega la società, una significativa riduzione dei costi variabili per i clienti (in linea con quanto indicato dai principi Iosco) perché si baserà su un calcolo annuale a benchmark più uno spread collegato alle diverse categorie di prodotto. Ma l’intervento sui costi di Azimut contemplerà anche un incremento di circa 50 punti base delle commissioni fisse. La società sottolinea che il ter totale (ovvero i costi a carico del fondo) sarà mantenuto in linea con quello applicato dai concorrenti e dagli altri operatori di mercato.
Secondo Banca Imi questo «aumento pianificato delle commissioni fisse dovrebbe compensare l’impatto negativo sulle performance fee, o come minimo ridurlo significativamente». Un’altra strada per aumentare i margini è concentrarsi sul segmento alto di mercato. Lo confermano i dati Assoreti sulle cinque principali reti dai quali emerge proprio che negli ultimi dieci anni tutte hanno visto un aumento dei portafogli medi per consulente finanziario. E su questo fronte, se Azimut e Banca Generali sono da sempre attivi sulla fascia più ricca della clientela, per Fineco il focus sul private banking è più recente ma sta dando i suoi frutti. In base ai dati Assoreti aggiornati al 31 dicembre 2018 (grafico in pagina) i consulenti finanziari del gruppo Fineco hanno raggiunto masse medie di 23 milioni pro-capite e a fine 2018 hanno superato Azimut (22 milioni). Mentre il primo è il gruppo Banca Generali i cui banker detengono 29 milioni pro-capite, il doppio rispetto ai 14,2 milioni del 2009. In media, sempre secondo Assoreti, per tutto il mercato delle reti le masse medie sono di 18,7 milioni dagli 8,9 milioni di un decennio fa. (riproduzione riservata)

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