Per un’analisi degli Attuari la pensione è pienamente sufficiente se raggiunge il 70-80% della retribuzione. Il ruolo del welfare aziendale
di Carlo Giuro

Nel welfare aziendale la previdenza continua ad avere un ruolo centrale. Come è anche emerso dal secondo Rapporto Censis Eudaimon sul welfare aziendale. Non è un caso che le ultime Leggi di Bilancio ne hanno incrementato il favor fiscale. Quali sono i principali risultati che emergono dal Rapporto Censis Eudaimon? Rispetto al biennio precedente, si sottolinea, è possibile evidenziare alcuni trend evolutivi nella contrattazione, e in particolare tra i principali benefit al centro delle negoziazioni tra azienda e lavoratori. Si conferma la centralità di previdenza complementare (+5% rispetto al 2015-2016) e assistenza sanitaria integrativa. Sempre più rilevanza assumono le misure di sostegno al reddito (cost-saving) a favore della persona e dei propri familiari. In particolare, si segnalano un aumento di benefit come il carrello della spesa (+12% rispetto al 2015-2016), il rimborso delle spese scolastiche (+13% rispetto al biennio precedente), i trasporti (+3% rispetto al 2015-2016), le borse di studio per figli (+2%); si amplia l’area di servizi generici, fringe benefits (+12% rispetto al 2015-2016) che comprendono un insieme ampio e articolato di servizi di sostegno al reddito che se da un lato ampliano l’offerta di servizi a sostegno dei lavoratori, dall’altro rischiano di aumentare l’eterogeneità e la frammentazione, accentuando il rischio di downgrading del settore, e relativa perdita di capacità del sistema di offrire risposte strutturali all’erosione delle tradizioni coperture pubbliche.

Concentrando l’attenzione sui fondi pensione va ricordato come la possibilità di fare confluire il premio di produttività in una forma di previdenza complementare è una scelta che è fortemente incentivata sia dal punto di vista tributario che contributivo. Partendo dagli aspetti fiscali , in primo luogo si prevede in primo luogo che non aumenti il proprio reddito imponibile fiscalmente, anche se l’aderente abbia già versato alla propria forma di previdenza complementare importi fino alla soglia di esenzione E’ possibile cioè dedurre oltre il limite annuo dei 5164,57 euro. Al momento poi della fruizione della prestazione (rendita al 100 per cento o 50 per cento max capitale e 50 per cento comunque rendita), la quota derivante da tale contribuzione convertita da un originario premio di risultato detassabile non sarà poi imponibile fiscalmente. Va ricordato come la ratio delle agevolazioni vada rinvenuta nella volontà del legislatore di contemperare l’esigenza di incentivare la produttività del lavoro e la tendenza all’innovazione con una soluzione che consente al lavoratore, incrementando la propria contribuzione, di colmare il gap tra reddito da lavoro e pensione obbligatoria, che si genererà al momento della quiescenza per effetto dell’adozione del metodo di calcolo contributivo. Qual è il livello di copertura ideale? Interessante la recente elaborazione dell’ Ordine degli Attuari che hanno stilato una vera e propria pagella di congruità. La sufficienza si raggiunge con una copertura tra il 50 e il 70% dell’ultimo stipendio, ottenuta con la pensione base più eventuale assegno integrativo. Al di sotto ci sono l’insufficienza piena, quando la pensione non arriva complessivamente a superare il 30% dell’ultima retribuzione, e la quasi sufficienza, quando la percentuale è compresa tra il 30 e il 50%. La pensione si può valutare “pienamente sufficiente” quando raggiunge una percentuale compresa tra il 70 e l’80% della retribuzione. Al di sopra dell’80 %può essere decisamente definita ottima. (riproduzione riservata)
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