Per l’economista de Moura Fernandes il movimento è aggressivo e il presidente Macron non sa come risolvere la situazione
di Maria Letizia Modica

«In Francia il rischio più grande sono i gilet gialli: il movimento è aggressivo e continua a manifestare. Non sappiamo come il presidente Emmanuel Macron possa uscire da questa situazione che sta intaccando la fiducia dei consumatori e anche delle aziende. Se la fiducia non ritorna sarà la crescita a pagarne ulteriori conseguenze». Lo ha detto ieri Bruno de Moura Fernandes, economista di Coface France, in occasione della XXIII Conferenza Rischio Paese, tenutasi a Parigi proprio nel giorno dello sciopero generale organizzato dal sindacato Cgt e che ha visto i gilet gialli sfilare insieme al sindacato tradizionale (finora i rapporti non erano stati certo cordiali).

Secondo il rapporto annuale di Coface, la società francese che offre servizi di assicurazione dei crediti commerciali alle imprese private, per l’Unione europea e la sua economia, al momento, il rischio principale resta comunque la Brexit. Questo perché, ha spiegato Fernandes, «non possiamo ancora escludere una hard Brexit e dunque non possiamo ancora calcolare gli effetti sul mercato dell’uscita del Regno Unito dall’Ue».

Poiché i rischi spesso si concretizzano in occasione di elezioni, per Coface adesso è il momento di tenere sotto osservazione la Grecia e le possibili elezioni anticipate in Italia e Spagna. E sono proprio i rischi politici insieme alla volatilità del brent a pesare sul rallentamento dell’economia globale, che quest’anno crescerà del +3% a fronte del + 3,2% registrato nel 2018. Sarà soprattutto la zona euro a frenare, con una crescita del pil limitata all’1,6%. Di conseguenza, sottolinea Coface si avrà un aumento delle insolvenze da parte delle imprese. Le previsioni presentate indicano per il 2019 un aumento dell’1,2% di mancati pagamenti delle imprese della zona euro in ben 20 Paesi europei e un +6,5% nell’Europa Centrale.
A risentire particolarmente del rallentamento dell’economia è il settore auto, in frenata per la prima volta dopo otto anni di crescita. L’esigenza di investimenti, la crescente concorrenza e i nuovi standard ambientali anti-inquinamento hanno portato Coface a declassare il settore auto in quasi tutti i Paesi dell’Europa Occidentale e Centro-orientale. Ancora vulnerabili i Paesi emergenti, che in questo contesto globale restano esposti all’effetto contagio tramite i flussi commerciali. (riproduzione riservata)

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