di Carlo Giuro
Sono cominciati dopo l’estate gli approfondimenti in ambito parlamentare sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul prodotto pensionistico individuale paneuropeo (Pepp). E’ una soluzione di integrazione pensionistica caratterizzata da caratteristiche uniformi, che potrebbe essere commercializzato in tutti i Paesi dell’Unione attraverso l’attribuzione di un passaporto europeo. Si affiancherebbe ai prodotti pensionistici individuali esistenti a livello nazionale, ponendosi come alternativa a questi ultimi e beneficiando della possibilità di essere commercializzato in tutti i Paesi dell’Unione Europea . Dal punto di vista finanziario si prevede che ciascun Peep sia tenuto ad offrire un’opzione di investimento di default, alla quale possono affiancarsi una o più opzioni di investimento alternative. Tutte le opzioni di investimento, previste nel limite massimo di cinque, devono essere caratterizzate dall’utilizzo di tecniche di mitigazione del rischio che assicurino un’adeguata protezione dell’investitore, mentre per l’opzione di investimento di default deve essere previsto un meccanismo di protezione del capitale, sulla base di una tecnica di mitigazione del rischio che assicuri, quanto meno, il recupero del capitale investito (recoup). Tali caratteristiche sembrano particolarmente interessanti in un Paese come il nostro in cui, come evidenziato dal recente Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2016, emerge come le competenze degli italiani in materia di investimenti finanziari rimangono limitate, sia per i profili attinenti alle conoscenze sia per gli aspetti relativi ad attitudini e modelli decisionali. Per quanto riguarda le conoscenze, nozioni di base quali inflazione, tasso di interesse semplice, relazione rischio-rendimento e diversificazione di portafoglio rimangono oscure per la maggior parte degli intervistati (la percentuale di definizioni corrette oscilla infatti tra il 33% e il 53%), mentre registrano livelli di comprensione significativamente inferiori (tra il 10% e il 18%) concetti più sofisticati riguardanti talune dimensioni descrittive del rischio di un prodotto finanziario, ricorrenti nell’informativa destinata ai risparmiatori. Per meglio tutelare gli iscritti si prevede poi una informativa altamente standardizzata per favorire la comparabilità delle soluzioni previdenziali. In termini di portabilità si prevede ancora che ogni cinque anni i risparmiatori avranno il diritto di cambiare il fornitore, sia a livello nazionale che a livello transfrontaliero, a un costo limitato. Il Pepp sarà poi trasferibile tra Stati membri, vale a dire che i risparmiatori saranno in grado di continuare a contribuire al loro Pepp quando si trasferiscono in un altro Stato membro. Con riferimento ai soggetti che potrebbero istituire i Pepp, la regolamentazione europea appare molto flessibile, in quanto in linea di principio si consentirebbe l’istituzione di Pepp a tutti i soggetti autorizzati a operare in ambito finanziario sulla base di una direttiva europea di settore (banche, imprese di assicurazione, gestori finanziari, gli stessi fondi pensione occupazionali). La finalità dell’iniziativa della Commissione europea, che si inserisce nell’ambito del Piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali (si intende stimolare anche con questo strumento un maggior livello di investimenti nella economia reale), è quella di creare un quadro sufficientemente armonizzato basato su un sistema di regole, definito “29° regime” (a volte detto anche “2° regime”), aggiuntivo rispetto alle discipline già in essere in ciascun Paese europeo. In maniera non casuale come l’iniziativa è accompagnata da una raccomandazione della Commissione con cui si incoraggiano gli Stati membri a riservare ai Pepp lo stesso trattamento fiscale concesso ai prodotti nazionali analoghi esistenti, anche se il Pepp non soddisfa pienamente i criteri nazionali per gli sgravi fiscali. (riproduzione riservata)
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