di Luca Gualtieri
Sarà una strategia di continuità con il passato, ma anche di rafforzamento in quelle aree di business che il top management identifica come strategiche per il futuro della banca. Oggi Carlo Messina presenta alla comunità finanziaria il piano d’impresa 2018-2021 di Intesa Sanpaolo insieme ai risultati del 2017, aprendo così la settimana dei bilanci bancari per Piazza Affari. Il documento, a cui i vertici della Ca’ de Sass hanno lavorato per mesi in stretto contatto con i consulenti McKinsey, è a larghissime linee noto al mercato dopo le indiscrezioni circolate nelle scorse settimane.
Ad esempio gli analisti si attendono un rafforzamento delle attività di risparmio gestito attraverso inedite sinergie tra le fabbriche prodotto come Eurizon Capital e Fideuram da un lato (sotto la regia di Tommaso Corcos) e i business assicurativi coordinati da Nicola Fioravanti dall’altro. Paolo Molesini, invece, dovrebbe continuare per qualche tempo a guidare le attività di private banking, altra area su cui il gruppo continuerà a investire. L’obiettivo economico è potenziare i ricavi da commissioni in un periodo in cui il margine di interesse è destinato a restare sotto pressione per il livello di tassi. Per Intesa non si tratta certo di una novità assoluta, visto che già da tempo le attività di wealth management danno un contributo molto significativo al conto economico.

Gli occhi del mercato sono puntati anche sulla Capital Light Bank, la divisione guidata da Giovanni Gilli e concentrata sulla gestione degli asset non core. In questi anni Intesa si è mossa con prudenza nello smaltimento del credito deteriorato, evitando di distruggere valore con cessioni plurimiliardarie. Una strategia molto diversa da quella realizzata dall’Unicredit di Jean Pierre Mustier, che solo l’anno scorso ha ceduto quasi 20 miliardi di sofferenze. Anche se lo schema definitivo dell’operazione allo studio potrebbe essere annunciato più avanti, già oggi Messina potrebbe annunciare una rivisitazione del modello. Intesa starebbe infatti dialogando con il gruppo norvegese Lindorff-Intrum Justitia (assistito da Mediobanca ) e con altri soggetti per dare vita a una partnership. Al centro dell’alleanza ci sarebbe la piattaforma che oggi gestisce posizioni per un valore nominale di circa 30 miliardi e che potrebbe essere potenziata con l’intervento di un operatore specializzato di standing internazionale. A differenza da quanto fatto da Unicredit con Uccmb, però, Intesa sembra intenzionata a rimanere nel capitale del veicolo per partecipare agli eventuali upside derivanti dall’attività di recupero. Una strategia che, sempre secondo indiscrezioni, potrebbe essere accompagnata dalla cessione di un portafoglio consistente dopo le operazioni realizzate nel corso del 2017. Mediobanca , ad esempio, prevede cessioni di npl per 11 miliardi in totale, con l’obiettivo di raggiungere un ratio Npe del 10% nel 2019.

Di certo, qualunque sia il risultato finale, la banca guidata da Messina non intende distruggere valore nella manovra sugli npl. Lo dimostra l’attenzione per la politica di dividendi che gli analisti si aspettano generosa. Kepler Cheuvreux, ad esempio, si attende che nel prossimo quadriennio il monte dividendi sia di 13,6 miliardi, oltre il 35% in più rispetto ai 10 miliardi indicati dal piano precedente 2014-2017. «Prevediamo che i dividendi si attesteranno a 3,4 miliardi l’anno, con un pay-out ratio del 58% nel 2021 e che il cet1 ratio fully loaded resti sostanzialmente stabile intorno al 13%», spiega Kepler.

Quanto ai risultati di bilancio, il consenso Inquiry Financial citato da Mediobanca prevede per il quarto trimestre utili netti per 1,149 miliardi, il 48% in più rispetto al 2016 (776 milioni), ricavi totali per 4,382 miliardi (di cui 1,788 miliardi di margine di interesse netto, 2,078 miliardi di fee e 207 milioni di ricavi da trading) e costi totali per 2,5 miliardi. (riproduzione riservata)
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