di Anna Messia
Le assicurazioni ci riprovano nel settore delle infrastrutture con una mossa coordinata dall’Ania. Secondo quanto risulta a MF-Milanofinanza, l’associazione presieduta da Maria Bianca Farina nei mesi scorsi, ha lavorato insieme ad Astrid, la fondazione composta da esperti ed accademici presieduta da Franco Bassanini, per valutare il contributo che le imprese di assicurazione potrebbero dare agli investimenti infrastrutturali in Italia. Un confronto che sarebbe poi stato allargato ad altri soggetti di primo piano come Cassa Depositi e Prestiti e la Banca europea degli investimenti. I risultati sarebbero incoraggianti. Dallo studio emergerebbe che, nei casi in cui gli investimenti abbiano un cash flow stabile, gli impegni di capitale delle imprese, alla luce delle norme di Solvency II, sarebbero meno stringenti.

Un’interpretazione che, se confermata, potrebbe liberare una parte importante delle risorse gestite oggi dalle assicurazioni italiane e investite per la maggior parte in titoli del debito pubblico. Secondo l’ultima relazione annuale dell’Ivass, l’istituto di controllo del settore, alla fine del 2016 gli investimenti delle compagnie italiane, in complesso 810 miliardi a valore di mercato, rimangono fortemente concentrati nei titoli governativi: circa 360 miliardi, pari al 44% del totale. I titoli italiani ne rappresentano la parte preponderante. Una concentrazione che espone le imprese italiane, più di quelle di altri Paesi europei, al rischio di repentini innalzamenti dei tassi d’interesse sui titoli posseduti (e abbattimento del loro valore di mercato). Anche per le assicurazioni, specie nell’attuale contesto di mercato caratterizzato da bassi tassi d’interesse, è fondamentale individuare nuovi investimenti redditizi e le infrastrutture potrebbero essere una valida soluzione.

Finora invece lo sforzo in questa direzione è stato residuale, anche per ragioni legati ai vincoli di capitale imposto da Solvency II che sono stati parzialmente allentati con un emendamento scaturito nel 2016 con la nuova Capital Market Union che ha ridotto dal 49% al 30% che ha ridotto per esempio la calibrazione del rischio per gli investimenti in titoli azionari quotati di progetti infrastrutturali. Una spinta che era stata data anche alla luce del piano Juncker europeo, che però non sembra essere stata abbastanza forte da spingere all’azione le imprese di assicurazione, che avrebbero voluto sconti più significativi. Ma l’interesse resta alto e le compagnie che sono volenterose di approfondire il ruolo che il settore potrebbe assumere, anche nell’interesse del Paese, in tema di investimenti nelle infrastrutture, considerando anche il fatto che in Italia, al momento, manca un programma dedicato, privato o pubblico, per le iniziative in questo ambito.

Più volte, in passato, era stato proposto un ruolo di regista da affidare a Cassa Depositi e Prestiti, per invogliare non solo le assicurazioni ma anche altri soggetti, come le casse previdenziali e i fondi pensione, a puntare su un piano per le infrastrutture italiane. Intanto però Ania ha deciso di muoversi con un’azione concreta: l’associazione ha dato avvio all’istituzione di un gruppo di lavoro che deve individuare le condizioni minime in grado di attrarre le imprese assicurative verso questo tipo di investimenti, se possibile anche tramite la creazione di un fondo. Dovrà approfondire il quadro normativo attuale e avanzare proposte per sbloccare l’afflusso di risorse dalle assicurazioni alle infrastrutture per il Paese.
Fonte: logo_mf