Secondo le comunicazioni della Covip, a fine 2016 il numero di aderenti alle forme di previdenza complementare ha raggiunto quota 7,8 milioni di persone. Al netto delle uscite, l’incremento su base annua è stato pari a 557.000 unità (+7,7%).

Nei fondi negoziali, si è registrato un incremento di 177.000 iscrizioni (+7,3%), per un totale a fine anno di 2,597 milioni.

Le nuove iscrizioni sono state ancora trainate dal meccanismo di adesione contrattuale ai fondi rivolti ai lavoratori del settore edile.

L’andamento delle iscrizioni è stato marginalmente più dinamico nelle forme pensionistiche di mercato offerte da intermediari finanziari.

Le adesioni sono aumentate di 108.000 unità nei fondi aperti (+9,5%) e di 271.000 nei PIP “nuovi” (+10,5%), portando il totale complessivo a fine anno, rispettivamente, a circa 1,259 milioni e 2,867 milioni.

Secondo stime preliminari della Covip, che escludono la crescita dei fondi pensione preesistenti e dei PIP “vecchi”, a fine 2016 il patrimonio accumulato dalle forme pensionistiche complementari si è attestato a 149 miliardi di euro. Le risorse dei fondi negoziali ammontano a 45,9 miliardi, in crescita dell’8%.

I PIP “nuovi” dispongono di un patrimonio di 23,8 miliardi e i fondi aperti di 17 miliardi, per un incremento rispettivamente del 18,8% e del 10,8%.

I rendimenti aggregati, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, sono stati in media positivi per tutte le tipologie di forma pensionistica e per i rispettivi comparti.

I fondi negoziali e i fondi aperti hanno reso in media, rispettivamente, il 2,7% e il 2,2%, mentre i PIP “nuovi” di ramo III hanno mediamente restituito un rendimento del 3,6%.

Nel 2016 il TFR si è rivalutato, al netto dell’imposta sostitutiva, dell’1,5%. All’interno di ciascuna delle diverse tipologie di forma pensionistica, i risultati più elevati si sono avuti nelle linee a maggior contenuto di titoli di capitale, sospinte dall’apprezzamento dei corsi azionari nell’ultimo trimestre dell’anno. Nello stesso periodo, i rendimenti delle linee obbligazionarie e garantite hanno subito l’effetto della riduzione dei corsi dei titoli di debito, pur rimanendo nella media dell’anno in territorio positivo.