Pagina a cura di Bruno Fioretti

Archiviati gli anni delle turbolenze dei mercati finanziari iniziate con il crack della Lehman Brothers del 2008 e della generosità del calcolo retributivo delle pensioni (almeno per il futuro), il sistema previdenziale dei professionisti oggi si presenta con una sostenibilità finanziaria di gran lunga più solida rispetto alla gestione pubblica. È quanto emerge dalla lettura incrociata dei dati contenuti nel rapporto n. 4/2017 recentemente pubblicato dal Centro Studi Itinerari previdenziali. Nel suo complesso, infatti, la spesa pensionistica sale a 217.863 milioni di euro (+0,81% rispetto all’anno precedente) a fronte di entrate contributive complessive pari a 191.333 milioni di euro (+ 0,91%). Cresce, seppur di poco, anche il saldo negativo che si attesta a 26.530 milioni (+0,04%). A fermare il grosso del disavanzo è il saldo pensionistico positivo della gestione separata dell’Inps (7.198 milioni) e delle Casse di previdenza dei professionisti (3.452 milioni). Nel dettaglio, però, seppur in presenza di platee molto diverse fra di loro, anche numericamente, le gestioni Inps sono quasi tutte in passivo. Al contrario delle gestioni private.

Nel pubblico. Le gestioni Inps in attivo sono solo tre: «commercianti» con 603 milioni (erano 521 milioni nel 2014), dei «lavoratori dello spettacolo» con 422 milioni (279 l’anno prima) e «parasubordinati» con 7.198 milioni, in crescita del 3,7% rispetto ai 6.943 del 2014.

Le gestioni che hanno avuto, invece, i più alti passivi sono quella dei «dipendenti pubblici» con un passivo di 28.980 milioni di euro (26.875 nel 2014), la gestione ex Ferrovie dello stato che presenta per il 2015 un pesante saldo negativo di 4.233 milioni di euro. Seguono le gestioni «Artigiani» con un saldo negativo di 3.641 milioni di euro (3.541 l’anno prima), «Coltivatori diretti, Coloni e Mezzadri» con un saldo negativo di 3.123 milioni di euro (3.146 milioni l’anno precedente), il «Fondo Trasporti» con un risultato di esercizio negativo per 1.064 milioni.

Nel privato. Nelle Casse di previdenza la spesa per pensioni ha raggiunto i 4.585 milioni di euro con un incremento del 4% rispetto all’anno precedente. In particolare negli enti di vecchia generazione come quelli di avvocati, ingegneri e architetti, medici ecc. si registra un valore pari a 4.552 milioni di euro (+3,9%) a fronte di entrate contributive pari a 7.495 milioni di euro (+2,8%). Mentre nelle nuove gestioni come quelle di biologi, psicologi, infermieri ecc. la spesa è pari a 32 milioni di euro (+17%) a fronte di contributi incassati pari a 413 milioni di euro (+6,3%). Il saldo complessivo tra le entrate contributive e le spese per pensioni si attesta su un valore di circa 3,32 miliardi di euro con un incremento percentuale dell’1,7% rispetto all’anno precedente: 2,94 miliardi di euro per le casse storiche dei professionisti privatizzate con il dlgs 509/94 e 381 milioni di euro per quelle più recenti nate con il dlgs 103/96.

È grazie a vincoli molto stringenti come quelli dettati dell’ultima Riforma Monti Fornero del 2011 che tutti gli enti privatizzati e privati hanno dimostrato nell’ultima verifica triennale una complessiva sostenibilità a 50 anni. Solo le Casse dei geometri e dei giornalisti oggi con le sole entrate contributive non riescono a pagare le pensioni e per questo motivo devono attingere al patrimonio accantonato a titolo di riserva tecnica (si veda altro articolo).

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