Il primo studio Coface sul comportamento di pagamento in Brasile, condotto su oltre 120 imprese, rivela un contesto ancora particolarmente difficile. L’anno è appena iniziato, ma le previsioni del PIL per il 2017 sono poco brillanti. Sebbene il Paese uscirà dalla recessione, secondo le previsioni, il tasso di crescita si attesterà su un +0,4%. Circa la metà delle imprese ha registrato un peggioramento dell’esperienza di pagamento a causa delle difficoltà finanziarie dei clienti Le vendite a credito rappresentano una pratica comune in Brasile. Quasi tutte le imprese del campione (97%) offrono questa possibilità ai propri clienti.

Questa pratica commerciale è guidata dalla competizione del mercato, mentre, sorprendentemente, solo poche imprese intervistate hanno addotto come ragione a questo uso i problemi legati alla liquidità dei clienti. Il contesto economico stagnante influisce negativamente sul comportamento di pagamento. Buona parte delle imprese (58%) ha constatato un incremento del tasso di insolvenza nel 2015, rispetto al 2014. Il risultato 2016 è più segmentato dal momento che il 46% delle imprese ha osservato un peggioramento del comportamento di pagamento (rispetto al 2015). Per il 79%, il ritardo medio non supera i 30 giorni. La stessa percentuale di imprese intervistate ha dichiarato che nel 2016 la situazione è rimasta stabile, solo una minoranza pari all’8% ha registrato dei miglioramenti.

Solo il 13% delle imprese ha dichiarato un ratio di esposizione al rischio superiore al 5% (rapporto tra le vendite insolute e il fatturato globale). Per quasi il 40%, questo ratio si attesta tra lo 0,5% e il 2% del fatturato totale. Secondo il 57% delle imprese intervistate, le difficoltà finanziarie occupano il primo posto tra le ragioni indicate dai clienti in caso di proroga dei pagamenti, successivamente un tasso elevato di mancati pagamenti nel portafoglio clienti e problematiche legate alla relazione con i clienti. Per l’81% delle aziende, è la recessione economica la causa principale che influisce negativamente sulle performance dei clienti.

Anche l’instabilità politica è elevata e non dovrebbe diminuire nel breve periodo. L’indicatore di incertezza politico-economica (EPU) conferma questa previsione (tabella sotto – è alto, più la situazione peggiora). Nel periodo tra il lancio dell’operazione “car wash” a marzo 2014 e dicembre 2016, l’indicatore ha guadagnato circa 247 punti.

La stragrande maggioranza delle imprese brasiliane (78%) ritiene che la soluzione migliore contro i mancati pagamenti sia il ricorso ad una definizione in via amichevole. Tuttavia, far rispettare i contratti non è cosa facile nel Paese. Nel 2017, secondo l’indicatore Doing Business Index, la procedura richiede in media 731 giorni e con costi pari al 20,7% del valore di un sinistro.

A titolo di confronto, la media per l’intera regione dell’America Latina è 749 giorni, con costi pari al 31,3% del sinistro. Quanto alle insolvenze, l’anno scorso, per la maggior parte delle imprese del campione (58%) il numero dei clienti che ha depositato una domanda di procedura per il salvataggio giudiziario (Capitolo XI) è salito alle stelle. Nel 2015, si è registrato un aumento del 55% rispetto al 2014, subito dopo un altro aumento del 45% nel 2016. Tra queste imprese, il 53% non ha evidenziato cambiamenti nel comportamento di pagamento dei propri clienti prima del ricorso al Capitolo XI.

In questi ultimi anni, il ricorso al Capitolo XI è diventato sempre più comune in Brasile colpendo imprese di varie dimensioni e settori. Ritardi di pagamento differenti nei settori Tra i settori analizzati, la quota media di imprese che risente dei ritardi di pagamenti è pari al 75%, con ritardi apparentemente elevati in quasi tutte le attività. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le costruzioni sono i settori più colpiti, con il 100% delle imprese che dichiarano difficoltà di pagamento. Sorprendentemente, il settore meno colpito è la distribuzione (36,8%).

La durata media dei ritardi di pagamento è generalmente 30 giorni. Gli unici settori che registrano ritardi oltre i 121 giorni sono l’edilizia e l’agroalimentare. Infine, è interessane notare come nessuna impresa del campione selezionato ha segnalato ritardi al di sopra dei 150 giorni.