di Luciano Mondellini

La fiducia dei mercati in un recupero della zona euro è sotto minaccia. È questo il titolo e la sintesi di una ricerca pubblicata ieri da Standard & Poor’s che esamina gli sviluppi della situazione economica e monetaria nel Vecchio Continente, in Medio Oriente e in Africa. L’agenzia di rating statunitense, esaminando la situazione attuale nella zona euro, ha posto l’accento su tre temi: la ripresa economica, la fiducia di investitori e consumatori e lo spread tra titoli di Stato della Germania e dei Paesi ad essa legati. In particolare, in merito alla crescita economica, benché stia mostrando segnali di recupero dal secondo trimestre del 2013 S&P ha sottolineato che la ripresa appare fragile in confronto al passato, soprattutto a causa della mutata situazione degli investimenti. Anche se il prodotto interno lordo continua a crescere, alcuni indicatori economici, come il Pmi e il superindice della Commissione Ue, hanno rallentato e ciò suggerisce che l’economia sta mostrando segni di affaticamento nel mantenere l’attuale ritmo di crescita trimestrale, pari allo 0,3%. Il report ha sottolineato inoltre che il piano Juncker sta stentando a produrre effetti concreti. Prima delle recenti turbolenze sui mercati, S&P si aspettava una modesta crescita degli investimenti nella zona euro: +2,6% per l’anno in corso. Il raggiungimento di questo obiettivo potrebbe essere minacciato dall’emergere della situazione critica dei non performing loans in Irlanda, Spagna, Italia e Portogallo, che rappresenta un handicap sul fronte della trasmissione della politica monetaria all’economia reale. Infatti, mentre in Paesi come la Germania e la Francia la crescita del credito risulta discreta», in Irlanda, Spagna e Portogallo ha ancora il segno meno, sebbene in miglioramento, e in Italia è tornata positiva nel settembre 2015, restando però debole. Anche se S&P continua ad aspettarsi che la domanda interna resti resistente quest’anno, stanno aumentando i fattori di incertezza che potrebbero intaccare la fiducia dei consumatori e degli investitori, già colpita dall’attività creditizia e dal ritardo nella politica degli investimenti. Tali fattori sono individuati in un peggioramento delle prospettive economiche dei Paesi emergenti, nei bassi prezzi del petrolio, nelle tensioni geopolitiche, nell’eventuale Brexit e nella volatilità dei mercati. Utilizzando i calcoli effettuati dall’Ocse, un calo degli investimenti nel 2016 e nel 2017 provocato dal calo della fiducia potrebbe avere un effetto negativo del 0,5% sul pil del 2017. Se a ciò si aggiunge l’aumento del rischio su azionario e investimenti, ci potrebbe essere una perdita dell’1,2% per il pil complessivamente nel biennio 2016-2017. A tutto ciò si aggiunge la preoccupazione per lo stato di salute del sistema bancario della zona euro, che, assieme all’aumento degli spread tra i titoli di Stato tedeschi e italiani, portoghesi e spagnoli, potrebbe indebolire il recupero del mercato del credito e degli investimenti. Nel dettaglio, il report lamenta una certa irregolarità nella ripresa. «L’economia dell’Eurozona ha intrapreso un recupero dal secondo trimestre 2013, ma finora l’inversione di tendenza è stata irregolare e fragile rispetto agli standard storici, soprattutto a causa della lenta crescita degli investimenti», ha sostenuto Sophie Tahiri, economista di S&P. Prima delle ultime turbolenze dei mercati finanziari, l’agenzia di rating si aspettava solo una crescita moderata degli investimenti nell’Eurozona nel 2016 (+2,6%), a causa della fiacca domanda esterna, delle deboli prospettive per quella domestica e del bisogno di ridurre la leva finanziaria nel settore privato non finanziario. Infatti famiglie e imprese non finanziarie sopportano ancora un pesante fardello di debiti, contratti in tempi di boom e che rappresentano quasi il 205% del pil del terzo trimestre 2015.

Sempre ieri intanto la stessa Standard & Poor’s ha reso note le date di pubblicazione della revisione del merito di credito dei principali Paesi. La prima sarà l’Italia (13 marzo), mentre il 18 marzo toccherà a un nutrito gruppo di Stati, tra cui Cipro, Portogallo, Russia, Lussemburgo e Austria. La Spagna sarà di turno il 1° aprile, la Francia il 22 aprile, il Regno Unito il 29 aprile, l’Olanda il 20 maggio e l’Irlanda, a chiusura del primo round di report nazionali, il 3 giugno. (riproduzione riservata)

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