Il 1° gennaio 2016 è entrata in vigore il nuovo regime regolamentare Solvency II che regola, innovandolo profondamente, il settore assicurativo in Europa.

Si tratta di un cambiamento epocale che subentra al precedente regime (Solvency I) che introduce, dopo un lungo percorso di produzione normativa e di analisi di impatto durato quasi quindici anni, numerosi cambiamenti che andranno progressivamente a cambiare la struttura di un mercato assicurativo introducendo un nuovo assetto di vigilanza fondato su un approccio risk-based.

È questo il risultato più significativo emerso dalla quinta edizione dell’Osservatorio Solvency II Operational Transformation realizzato da Sda Bocconi, in collaborazione con Capgemini Italia Spa e AB (AllianceBernstein) e presentato nei giorni scorsi a Milano.

Lo studio ha approfondito problematiche, fornito chiarimenti e spunti di riflessione sul nuovo regime di vigilanza valido per tutti i Paesi UE.

In particolare, va ricordato come la Direttiva (238/2009), che resterà un cantiere aperto almeno fino alla fine di quest’anno, richieda alle imprese di assicurazioni di introdurre cambiamenti ai propri modelli strategici, organizzativi e commerciali.

Insomma, se le misure di Solvency II devono diventare il pilastro che sostiene i processi decisionali delle compagnie, non è difficile prevedere un progressivo cambiamento nelle consuetudini che regolano la competitività del mercato.

L’Osservatorio Solvency II Operational Transformation nasce nel 2011 su iniziativa di SDA Bocconi, in partnership con Capgemini e dal 2015 si arricchisce della partnership di AllianceBernstein.

Tre le aree oggetto di approfondimento dello studio: Risk & Capital Management, Organization & IT, Strategic Planning and Risk Reporting.

Nel corso della presentazione, Nicola Meotti, managing director of AB Global’s Italian distribution, ha illustrato i risultati relativi all’area “Risk & Capital Management” in cui è emerso che le compagnie assicurative italiane ricorrono principalmente alla formula standard per la valutazione del proprio requisito patrimoniale. Il mercato risulta adeguatamente capitalizzato, ma sembra che per alcuni rischi (ad esempio, la liquidità) siano necessari ulteriori sforzi. CRO e CFO dichiarano che le principali difficoltà incontrate nell’implementazione di Solvency II sono Data Quality e i sistemi IT a supporto. Inoltre, emerge la necessità per le compagnie assicurative di migliorare la propria capacità di investire in nuove classi di attivi (infrastrutture, real estate commerciale, mutui e prestiti, ecc.), per i quali è necessario evolvere i modelli di capitale.

Raoul Pisani, professore di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’università di Trento e docente di assicurazioni presso SDA Bocconi, ha illustrato i risultati dell’area “Organizzazione & IT”, rilevando come anche i CIO e i COO confermino che la principale area di miglioramento è costituita dal Data Quality, dove le compagnie assicurative italiane stanno incrementando i propri investimenti.

L’innovazione nei prodotti assicurativi (IoT, etc.) rende il data quality un argomento chiave da affrontare. Inoltre, l’analisi mostra che si avverte l’esigenza per un ambiente informatico (architettura, sistemi applicativi) maggiormente integrato con il desiderio di un ruolo maggiormente centrale del dipartimento IT. Pisani ha inoltre sottolineato il ruolo crescente del Risk Management nel processo di cambiamento verso l’ottica risk-based, non solo da un punto di vista dell’adeguamento normativo. Ciò, coerentemente con una cultura del rischio sempre più diffusa trasversalmente in azienda ed ancor più nel Consiglio di Amministrazione e nell’Alta Direzione.

Ad Andrea Scribano, Managing Consultant FSI Insurance di Capgemini Italia è spettato il compito di illustrare i risultati dello studio circa l’area “Pianificazione Strategica e Risk Reporting” in cui si evidenzia che la pianificazione strategica e la pianificazione commerciale sono ancora principalmente legate a misure tradizionali (ad esempio, ai volumi).

Il rischio è preso in considerazione solo da un punto di vista di processo. Si registra una carenza di misure di performance risk-adjusted, dove sembra che i margini di lavoro sono ancora ampi (definizione delle misure di performance corrette per il rischio, definizione dei processi collegati, sistemi informativi a supporto, ecc.). Relativamente al Risk Reporting, le compagnie assicurative italiane dichiarano un approccio ben industrializzato, ma con un livello di automazione ancora non soddisfacente. Pertanto, nella produzione del reporting di rischio le compagnie sono esposte ad un alto livello di rischio operativo e ad attività operative che assorbono gran parte del tempo a disposizione, lasciando poco spazio per l’analisi delle informazioni che sono comunicate all’autorità di vigilanza e al mercato.

In conclusione, l’edizione quest’anno dell’Osservatorio ha permesso di misurare il livello di maturità del settore assicurativo italiano circa la rispondenza ai requisiti normativi Solvency II, ma non solo da un punto di vista di mera compliance normativa, quanto in relazione alla capacità delle compagnie di cogliere le opportunità di business intrinseche.