Le Casse di previdenza dei professionisti scelgono la prudenza. Non solo con investimenti più tarati sull’economia reale piuttosto che su prodotti finanziari strutturati. Ma con una regolamentazione organizzativa diffusa in materia di investimenti. È quanto emerge, fra le altre cose, dall’ultima relazione della Commissione di vigilanza sui Fondi pensione relativa agli investimenti degli enti pensionistici (si veda ItaliaOggi del 10 febbraio 2016).

Gli effetti del crac Lehman brothers. La Covip, a cui il decreto legge 98/2011 ha affidato compiti di vigilanza sugli enti privatizzati e privati, rileva che al 31/12/2014 gli investimenti «domestici» degli enti hanno superato tutti gli altri. I primi ammontano, infatti, a 32,9 mld di euro, il 45,8% del totale complessivo delle attività pari a 71,9 mld di euro (+ 9,6% rispetto al 2013).

Mentre i secondi si attestano a 25,6 mld di euro, il 35,5% del totale. Ma vi è di più. Volendo confrontare la situazione delle gestioni previdenziali autonome con quella delle forme pensionistiche complementari, si osserva che nei fondi pensione la situazione è esattamente inversa: gli investimenti non domestici superano quelli nel «sistema Paese». I primi ammontano a 58,1 mld di euro, il 56,8% del totale complessivo delle attività pari a 102 mld di euro. Mentre i secondi si attestano a 35,4 mld di euro (il 34,6%).

Nel 2008, alla vigilia del crack Lehman brothers, infatti, la situazione era molto diversa con un’esposizione significativa (oltre 3 miliardi, circa il 10% dell’allora risparmio previdenziale) da parte degli enti in prodotti finanziari strutturati. Molti dei quali andati in fumo proprio con il fallimento della banca d’affari. Ne seguì un grande pressing da parte della Bicamerale di controllo sugli enti gestori forme di previdenza obbligatorie a favore di investimenti più prudenti. E un successivo adeguamento a tale orientamento da parte delle Casse testimoniato oggi dal report della Commissione.

Nuovi assetti regolamentari. La rilevazione effettuata dalla Covip su 20 enti evidenzia che in modi diversi praticamente tutti gli enti hanno regolamentato a livello interno la materia degli investimenti. Quattordici enti hanno definito una disciplina interna volta alla formalizzazione e procedimentalizzazione di uno o più aspetti inerenti alle modalità di definizione della politica di investimento e dei relativi criteri di attuazione, all’articolazione del processo di impiego delle risorse disponibili e al sistema di controllo della gestione finanziaria. Ciò anche al fine di assicurare la tracciabilità delle decisioni di investimento e di garantire la trasparenza dei comportamenti tenuti in tale ambito.

Per alcuni di questi enti la regolamentazione in questione è stata adottata solamente in tempi recenti, con la conseguenza che la relativa implementazione operativa non risulta ancora pienamente realizzata.

Sei Casse di previdenza, invece, non hanno ancora provveduto alla formalizzazione della documentazione relativa alla regolamentazione dei processi. Anche se, sottolinea la Covip, quattro di essi hanno rappresentato l’intenzione di voler procedere, nel breve periodo, alla predisposizione di una siffatta regolamentazione interna.

Assetti organizzativi. Sotto il profilo della governance adottata in materia di investimenti, gli enti si presentano dotati di assetti variamente articolati, anche in funzione della dimensione delle attività detenute e della complessità della politica di investimento perseguita. Tali assetti hanno comunque alcuni tratti comuni:

– 17 Casse prevedono la presenza di una commissione consiliare consultiva (in tre casi distinta per componente mobiliare e immobiliare) la cui composizione si presenta piuttosto variegata, prevedendosi comunque solitamente la partecipazione dei soggetti – sia interni che esterni – coinvolti nel processo di investimento, talvolta con mere funzioni di supporto alle istruttorie di competenza;

– 19 enti dispongono di una struttura interna preposta agli investimenti, connotata dimensionalmente in termini assai variegati e in diversi casi costituita solamente in tempi recenti e quindi non ancora pienamente implementa; di questi, 11 dispongono inoltre di una unità organizzativa specificamente dedicata agli investimenti immobiliari;

– 18 enti hanno fatto ricorso a uno (11 enti) o più advisor (7 enti), chiamati a supportare l’organo di amministrazione e le strutture operative interne nell’attività di controllo della gestione finanziaria e, talvolta, anche in relazione ad altri profili dell’attività di investimento, quali l’analisi di tipo Asset liability management – Alm, la definizione dell’Asset allocation strategica/tattica e la selezione degli strumenti finanziari/gestori.

Profili di rischio. Relativamente infine alle modalità di definizione della politica di investimento in termini di obiettivi di rendimento perseguiti e di connessi profili di rischio, 13 enti hanno utilizzato specifiche analisi di tipo Alm, predisposte dall’advisor, finalizzate a definire l’obiettivo di rendimento in grado di assicurare nel lungo periodo la sostenibilità del regime previdenziale, ossia la capacità di far fronte agli impegni assunti verso gli iscritti tempo per tempo (passività) mediante le attività complessivamente disponibili. Un altro ente ha rappresentato l’intenzione di volersi dotare, nel breve periodo, di tale strumento di analisi.

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