di Anna Messia

Dopo più di un anno di incontri e dibattiti il progetto per incentivare i fondi pensione a investire parte delle loro risorse a supporto dell’economia italiana ha riacceso i motori. Ma a sedersi al nuovo tavolo di lavoro, che secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza si è riaperto nelle scorse settimane, sono stati soggetti diversi da quelli del recente passato.

Almeno in parte. Oltre ai singoli fondi pensione e alle associazioni di categoria, a discutere delle modalità per creare un veicolo a supporto della crescita del Paese non c’erano solo rappresentati del ministero dell’Economia e della Cassa Depositi e Prestiti, ma anche tutta la prima linea del Fondo Italiano d’Investimento (Fii). Proprio al fondo guidato da Gabriele Cappellini, che pure vede tra i suoi azionisti il ministero dell’Economia e la Cdp (intenzionata tra l’altro a crescere nel capitale), è stato dato incarico di studiare il dossier e di avviarlo più rapidamente possibile. Il rischio è che lo strumento «di sistema» che dovrebbe canalizzare risorse importanti nell’economia reale arrivi troppo tardi, visto che per migliorare i rendimenti in un contesto finanziario di tassi rasoterra alcuni fondi si stanno già muovendo autonomamente per individuare rendimenti alternativi, guardando per esempio all’energia alternativa o ai minibond. Ma tutti continuano a osservare con interesse le proposte sponsorizzate dal ministero dell’Economia e anche il passaggio del fascicolo sulla scrivania di Cappellini è stato apprezzato. Il Fondo Italiano d’Investimento, che oltre a Cdp e Tesoro vede tra i suoi azionisti anche l’Abi, la Confindustria e alcune banche, è infatti un gestore già rodato ed esperto. Ad oggi ha già quasi interamente investito il proprio commitment di 1,2 miliardi di euro del primo fondo lanciato nel 2010, sia attraverso investimenti diretti in pmi sia tramite fondi di fondi, e si propone come piattaforma organizzata per gestire in maniera professionale e indipendente le risorse che potrebbero essere messe a disposizione dai fondi pensione. Certo, anche con l’intervento del Fondo Italiano d’Investimento gli ostacoli da superare per spingere i fondi all’investimento non mancano. A partire dalla richiesta, più volte avanzata dagli investitori istituzionali, di poter disporre di garanzie su questo tipo di investimenti per fare fronte alla maggiore rischiosità e alla riduzione di liquidità. Non solo; i fondi vorrebbero dire la loro o quantomeno monitorare attentamente gli investimenti che verranno poi realizzati dalla società di gestione. Nodi che i rappresentati del Fondo Italiano d’Investimento hanno già tentato in parte di sciogliere durante l’ultimo incontro con i fondi. Il progetto che hanno in mente sarebbe quello di creare una nuova «piattaforma crescita» con un commitment importante e una strategia di investimento simile a quella del Fondo Italiano. Più in particolare, la società guidata da Cappellini avrebbe intenzione di creare un apposito fondo-veicolo controllato dai fondi pensione negoziali e dotato di appositi organi, come l’assemblea dei quotisti, il comitato investimenti o l’advisory board. Il fondo-veicolo provvederà poi ad affidare il suo patrimonio in gestione alla sgr creata allo scopo dal Fondo Italiano, secondo un regolamento appositamente messo a punto che stabilisca le modalità di funzionamento del fondo e i relativi costi. Tale regolamento dovrebbe essere messo a punto da un consulente gradito ai fondi pensione che hanno partecipato all’ultimo incontro.

Le manovre per l’avvio di questo nuovo strumento a sostegno dell’economia reale sono insomma entrate nel vivo, con la definizione di dettagli importanti. Come quello che prevede che il fondo dedicato agli investitori previdenziali possa essere un multicomparto, suddiviso per esempio in un fondo di fondi di debito, un fondo di fondi di private equity, un fondo diretto e anche un fondo infrastrutturale. Le potenzialità del resto sono enormi, se si considera che le risorse che casse previdenziali e fondi pensione italiani potrebbero mettere a disposizione dell’economia reale potrebbero facilmente arrivare a 20 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde al 10% dei circa 200 miliardi di euro gestiti complessivamente, cui tra l’altro si aggiungono i titoli pubblici che arrivano man mano a scadenza. (riproduzione riservata)

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