Nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato è titolare di un diritto proprio, derivante dal contratto, alla prestazione assicurativa

Qualora il contratto preveda che l’indennizzo debba essere corrisposto agli eredi legittimi o testamentari, tale designazione concreta una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari, i quali sono coloro che rivestono, al momento della morte del contraente, la qualità di chiamati all’eredità, senza che rilevi la -successiva- rinunzia o accettazione dell’eredità da parte degli stessi; nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore del terzo, cui si applica la disciplina dell’assicurazione sulla vita, la disposizione contenuta nell’art. 1920 c.c., comma 3 -secondo cui, per effetto della designazione, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione- deve essere interpretato nel senso che il diritto del beneficiario alla prestazione dell’assicuratore trova fondamento nel contratto ed è autonomo, cioè non derivato da quello del contraente.

Quando in un contratto di assicurazione sulla vita sia stato previsto per il caso di morte dello stipulante che l’indennizzo debba corrispondersi agli eredi tanto con formula generica, quanto e a maggior ragione con formulazione evocativa degli eredi testamentari o in mancanza degli eredi legittimi, tale clausola, sul piano della corretta applicazione delle norme di esegesi del contratto e, quindi, conforme a detta disposizione, dev’essere intesa sia nel senso che le parti abbiano voluto tramite dette espressioni individuare per relationem con riferimento al modo della successione effettivamente verificatosi negli eredi chi acquista i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore -art. 1920 c.c., commi 2 e 3-, sia nel senso di correlare l’attribuzione dell’indennizzo ai più soggetti così individuati come eredi in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto secondo la modalità di successione effettivamente verificatasi, dovendosi invece escludere che, per la mancata precisazione nella clausola contrattuale di uno specifico criterio di ripartizione che a quelle modalità di individuazione delle quote faccia riferimento, che le quote debbano essere dall’assicuratore liquidate in misura eguale.

Cassazione civile sez. III, 29/09/2015 n. 19210